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Riflessioni a tutto campo - Settembre 2005

Riflessioni a tutto campo

Da qualche tempo sul sito MedicoCompetente.it si è sviluppato un interessante dibattito sugli aspetti più attuali della nostra disciplina medica, la Medicina del Lavoro, e sulle più recenti vicende che hanno coinvolto i MeLC (acronimo con il quale è stato indicato il medico specialista in Medicina del Lavoro che svolge l'attività di Medico Competente ai sensi della normativa vigente, in particolare l'art. 2 del D.Lgs. 626/94 modificato dal famigerato art. l bis ...). Una parte degli interventi si è soffermata sulle prospettive future e, in particolar modo, su come organizzare una politica condivisa dalla maggior parte degli specialisti in Medicina del Lavoro e con quali strumenti portare avanti e sostenere le nostre posizioni.

Nell'ambito di questo dibattito - non privo di animosità talora eccessive, di spunti polemici ma anche di interessanti riflessioni e proposte - ci si è interrogati a lungo su quale modello organizzativo (società scientifica, sindacato, altro tipo di associazione) dovesse avere la struttura in grado di raggiungere gli obiettivi proposti. Un limite da tenere presente è stato il coinvolgimento di solo alcuni - purtroppo pochissimi - dei soggetti interessati, tra cui alcuni docenti universitari che val la pena ricordare per il contributo che hanno voluto dare, spontaneamente, esponendosi alla eventualità di critiche e smentite da parte degli altri partecipanti al forum (che, ricordiamolo, è aperto a tutti, MeLC e non MeLC).

La pausa estiva, rigenerante per chi riesce a sfruttare al meglio il periodo di vacanza, induce a guardare con il giusto distacco al dibattito cui facevo riferimento e a riportare tutti a dare una maggiore attenzione sui contenuti, più che sul "contenitore" delle nostre iniziative, società o sindacato che sia (o altro ancora), ma su ciò mi intratterrò solo alla fine di questo mio breve contributo.


1. Parlando, quindi, di contenuti, credo che non si possa che iniziare dalla basilare difesa della dignità della disciplina "Medicina del Lavoro". Non si può non sottolineare che il famigerato art. 1/bis [espressione della volontà politica di esaudire promesse formulate in campagna elettorale ?] rappresenta un vero e proprio "vulnus" alla dignità di una disciplina medica che ha un background storico, culturale e sociale (oltre che direttamente medico e scientifico) di tutto rispetto; tradizione storica, culturale e scientifica che è stata volutamente ignorata al fine di far emergere interessi di parte che nulla hanno a che fare con la sicurezza sul lavoro e con la maggiore tutela della salute dei lavoratori sul posto di lavoro.

Detto questo, occorre ricordare che esiste da tempo - credo sin dalla fine del 2003 - una commissione della SIMLII o, forse, per meglio dire un "Gruppo di lavoro" proprio sullo "Sviluppo e Difesa della Disciplina", il cui coordinatore è il Prof. Pier Alberto Bertazzi. Di tale commissione ho memoria di alcune riunioni effettuate nel giugno 2004 con Enti vari (ISPESL e altri) ma, successivamente, la sua attività è rimasta poco pubblicizzata anche sulle nostre stesse pubblicazioni e sul nostro sito ufficiale. Non essendone direttamente a conoscenza, mi chiedo con quali obiettivi il gruppo di lavoro abbia sinora lavorato e quali risultati abbia ottenuto, senz'altro poco noti agli stessi iscritti alla società.

A onor del vero bisogna riconoscere che negli ultimi periodi, ravvisatane la necessità, tutta la società (Presidente, Consiglio direttivo, organi periferici etc.) si è mossa con rapiditè e determinazione; valga l'esempio del lavoro compiuto in occasione della preparazione della bozza di "Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro" presentato dal governo in seguito alla legge delega ottenuta dal Parlamento, delle proposte formulate già al testo da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei Ministri e, successivamente, delle obiezioni mosse in relazione alla promulgazione del testo "emendato" e del successivo iter istituzionale.

Altro interessante esempio di come la SIMLII possa esprimere un giudizio su questioni di grande rilevanza pratica è rappresentato, a mio parere, dal documento emanato congiuntamente dalle sezioni regionali del Piemonte e della Lombardia, relativo al DM 27 Aprile 2004 riguardante la denuncia delle malattie di probabile e possibile origine lavorativa. Probabilmente tale presa di posizione, ben netta e argomentata, opportunamente modificata e integrata in alcune sue parti potrebbe essere fatta propria da tutta la SIMLII, a livello nazionale.

Purtuttavia, ritengo che il riconoscimento della "pari dignità" della nostra disciplina debba essere rappresentato anche a molti altri livelli.

Ad esempio, mi sono spesso chiesto per quale motivo ci siano così pochi CTU specialisti in Medicina del Lavoro, in particolare nelle cause attinenti al riconoscimento di malattie professionali o alla valutazione di postumi da infortuni sul lavoro. Ben si comprende come il CTU sia il consulente del Giudice e, come tale, debba godere la piena fiducia del magistrato; però, mi è capitato talvolta di venire a conoscenza di perizie eseguite da medici specialisti di altre discipline che giungevano a conclusioni quantomeno discutibili, nel novero di cause del tipo di quelle già prima menzionate. Una maggiore presenza di specialisti in Medicina del Lavoro nei Tribunali certo non potrebbe che giovare a tutta la disciplina, a tutti i livelli.

Altra situazione davvero bizzarra: perchè nell'Ente assicuratore per eccellenza, l'INAIL, è così esigua la percentuale di medici specialisti in Medicina del Lavoro e vengono invece privilegiati gli specialisti in Medicina Legale (o anche di altre discipline)? Riconosco, ovviamente, la grande professionalità dei colleghi dirigenti di primo e di secondo livello delle varie aree mediche locali (e nazionali), ma ho sempre pensato che un Ente che si occupa istituzionalmente di infortuni sul lavoro e di malattie professionali dovesse avere un nucleo forte, al suo interno, di specialisti della nostra disciplina. Che invece mancano, o sono pochissimi (oppure, caso non del tutto raro, giungono alla specializzazione in Medicina del Lavoro solo dopo essere stati assunti presso l'Ente, magari usufruendo di posti in convenzione nelle varie scuole di specializzazione e, sostanzialmente, continuando a fare lo stesso lavoro nelle loro proprie sedi di appartenenza). Anche qui un maggior impegno da parte di tutta la SIMLII, dati gli ottimi rapporti con la dirigenza medica dell'Inail, potrebbe sortire un qualche effetto ... almeno anche solo per porre il problema.

Stesso discorso potrebbe dirsi per quanto riguarda i servizi delle ASL, nei quali i dirigenti medici del lavoro si contano davvero in pochi punti percentuale. Per quanto possa sembrare paradossale, sono al corrente di un servizio SPISAL in cui non è presente neanche uno specialista in Medicina del Lavoro (e non mi riferisco ai livelli apicali ...). In genere qui sono favoriti gli specialisti in Igiene e Medicina preventiva, anche se non si comprende bene il perché, in quanto, in questo caso, la Medicina del Lavoro è disciplina equipollente a tutti gli effetti (anzi, tale argomento è stato malamente utilizzato per giustificare quanto accaduto per l'allargamento della possibilità di svolgere l'attività di Medico Competente, in quel caso del tutto a sproposito). I dirigenti del Ministero della salute, i vari manager delle ASL non hanno nulla da dire al proposito? E ancora: quante commissioni invalidi civili risultano sprovviste di specialisti in Medicina del Lavoro, nonostante una precisa indicazione di legge e nonostante la presenza di specialisti dipendenti (e non) nel territorio bacino di utenza delle rispettive ASL?

Davvero tanta carne da mettere sul fuoco e sulla quale riflettere con attenzione.


2. Passo successivo al precedente riguarda la difesa della professionalità e della specifica attività professionale dei MeLC. Qui si entra nel vivo di una battaglia che dobbiamo cercare di mantenere il più possibile unitaria, senza indulgere a tentazioni velleitarie o a sterili polemiche, tenendo al bando ogni tendenza alla litigiosità. La necessità di un impegno in questa direzione scaturisce dall'allargamento della possibilità di svolgere l'attività di Medico Competente ex art. 2 del D.Lgs. 626/94 anche da parte di medici legali e igienisti, situazione che ormai tutti conosciamo e sulla quale non mi dilungo.

Premetto che non possiamo farci soverchie illusioni, attualmente tale normativa è legge dello stato e con questa situazione occorre fare i conti. La possibilità di intervenire a nostro favore ripristinando la situazione precedente all'approvazione dell'art. 1/bis, sollecitando una modifica del corrispondente articolo nello schema di Testo Unico, è ormai sfumata in quanto la bozza approvata dal governo è stata ritirata, in seguito ai pareri negativi della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato, di numerose associazioni sindacali e di esperti del settore, tra cui la stessa SIMLII. Assai difficilmente un nuovo Testo potrà essere riproposto prima della fine della legislatura attuale; se ne riparlerà solo tra qualche tempo, nell'ambito della prossima legislatura (in pratica dopo le prossime elezioni nazionali).

Sic stantibus rebus, richiamo qui una proposta già formulata in passato, cioè la istituzione, presso il Ministero della Salute, di una sorta di "Albo Nazionale dei Medici Competenti", di cui facciano parte, di diritto, gli specialisti in Medicina del Lavoro che ne facciano richiesta, i cosiddetti "sanati" ai sensi dell'art. 55 del D.Lgs. 2771/91 nonché, eventualmente, gli specialisti in Medicina Legale e quelli in Igiene e Medicina preventiva che abbiamo seguito apposito corso di formazione accademica (richiamo il master biennale del quale abbiamo più volte discusso; oppure perché non un corso di aggiornamento triennale tipo quello per l'eccellenza – a cura della SIMLII - che si sta svolgendo da qualche anno nel nostro paese ?). Riconosco che un simile Albo non può, attualmente, avere valenza legislativa; potrebbe, però, avere un forte valore deterrente per l'attività pratica, soprattutto nei confronti di aziende di medie e grandi dimensioni e degli Enti pubblici (una sorta di certificazione di qualità, in altri termini).

Altre importanti questioni riguardano gli aspetti più pratici dello svolgimento dell'attività professionale dei MeLC sul territorio. Un aspetto fondamentale è costituito dal riconoscimento di tariffe professionali minime, valide per tutto il territorio nazionale, e la contestuale richiesta di ferreo controllo di sgradevoli evenienze di "concorrenza sleale" da parte degli organi preposti (cioè degli Ordini dei Medici, a livello provinciale). Tutto ciò per porre fine a quelle offerte di tariffe superscontate e tutto-compreso, relativamente alle prestazioni di sorveglianza sanitaria, che periodicamente giungono alle varie aziende e che sviliscono la professione medica offendendo gli specialisti che tentano di lavorare al meglio delle proprie possibilità. Analoga iniziativa dovrebbe essere condotta anche anche per la denuncia di quelle vere e proprie "gare al ribasso", indette in genere da Enti pubblici - ma talvolta anche da privati - che riguardano la gestione della sicurezza in azienda e comprendono anche le attività di sorveglianza sanitaria svolte da parte del Medico Competente.

In questo ambito vanno ricomprese anche le attività svolte dai MeLC per conto dei vari centri servizi, diffusi ormai in tutta Italia. Qui occorre essere precisi per non incorrere in errori o fraintendimenti. Non è mia intenzione demonizzare queste società di servizi, che in molti casi svolgono un ruolo egregio di assistenza e coordinamento dell'attività professionale del MeLC; si tratta di chiarire i rapporti contrattuali ed economici che intercorrono tra i due soggetti, la società di servizi (in quanto tale) e il singolo professionista. Innanzitutto va ribadito che la direzione sanitaria delle attività di sorveglianza effettuate da tali strutture deve essere ricoperta da un medico specialista in Medicina del Lavoro; inoltre i singoli MeLC dovrebbero avere un chiaro rapporto di dipendenza o, in subordine, di collaborazione coordinata e continuativa di tipo libero-professionale con precise regole e garanzie di autonomia, indipendenza, rispetto della propria professionalità. Rammento, al riguardo, che la nomina di Medico Competente è un atto formale che riguarda unicamente il singolo professionista e a questi, direttamente, deve essere indirizzata (e non, invece, al centro servizi, come talvolta erroneamente può accadere). La retribuzione del MeLC deve ovviamente essere proporzionata all'impegno reso e alle responsabilità assunte, abolendo proposte offensive per la dignità personale e professionale, del tipo "prendere o lasciare" perché "... si può essere sostituiti in qualunque momento ...".

Allo stesso modo sono convinto che i colleghi MeLC (e sottolineo MeLC, non mi riferisco ai medici competenti di altra natura), regolarmente assunti presso la grande industria, non possano che rivestire la qualifica di dirigenti (analogamente a quanto accade nel settore pubblico). Esistono, purtroppo, situazioni in cui MeLC che svolgono attività di sorveglianza sanitaria con abnegazione e grande impegno vengono equiparati a "impiegati d'ufficio" del settore in questione, condizione che a lungo andare può divenire davvero avvilente [fatto salvo, ovviamente, il periodo di "inserimento" sul posto di lavoro, che comunque non può durare indefinitamente].

Anche i rapporti tra MeLC e gli altri colleghi, medici di base o specialisti di altre discipline, meritano maggiore attenzione. Nella maggioranza dei casi tali rapporti sono improntati al riconoscimento e al rispetto reciproco della professionalità di entrambi, ma talvolta, in relazione alle pressanti richieste dei singoli pazienti e lavoratori, si assiste a qualche "forzatura" nelle diagnosi o nelle certificazioni di patologie di varia natura, in qualche caso definite tout court di origine professionale in assenza dei necessari riscontri diagnostici strumentali e di una corretta valutazione della pregressa esposizione al rischio. Altre volte, allo stesso modo, patologie acclarate vengono considerate "invalidanti" ai fini della mansione specifica, prescindendo dal giudizio espresso (o ancora da esprimere) da parte del Medico Competente. Simili comportamenti, sia pure condotti in buona fede, rendono difficoltoso il lavoro del Medico Competente che può divenire, agli occhi del lavoratore, una sorta di consulente di parte (cioè del datore di lavoro, che in fondo lo retribuisce) che cura esclusivamente gli interessi dell'azienda.


3. Negli ultimi anni i rapporti con gli organi di vigilanza hanno acquisito una importanza crescente nell'attività quotidiana del medico competente. Nessuno nega, naturalmente, l'esigenza di un controllo attento e scrupoloso dell'operato anche dei MeLC, oltre che di tutto il sistema integrato (datore di lavoro, RSPP, RLS etc.) deputato al mantenimento di adeguate condizioni di salute e sicurezza nell'ambiente di lavoro; tuttavia va riconosciuto che qualche volta i controlli degli organi territorialmente preposti hanno badato più alla verifica e al controllo di aspetti puramente formali, talora ininfluenti ai fini dell'attività di sorveglianza sanitaria (magari con relativa sanzione allo stesso Medico Competente). Alcuni esempi di tale atteggiamento sono spesso riportati sui forum del sito MedicoCompetente.it o su altri siti Internet del settore sicurezza sul lavoro. Beninteso, la legge è legge e qui nessuno intende stabilire scappatoie o licenze per violarla; però, in qualche caso, una sorta di "accanimento terapeutico" è probabilmente dimostrabile. Al proposito credo sarebbe opportuno un maggiore rapporto con i colleghi e gli amici della società degli operatori della prevenzione (SNOP), in modo da esaminare gli aspetti della sicurezza negli ambienti di lavoro da entrambe le facce della medaglia, cercando, infine, di stabilire un sistema di regole condivise e certe, cui possano attenersi da una parte i MeLC e dall'altra gli operatori della prevenzione, nell'ambito di tutto il territorio nazionale e con esclusione di regionalismi o localismi inaccettabili nell'ambito di un tema tanto delicato e importante per la vita sociale di tutto il paese, ripristinando una omogeneità di trattamento su tutto il territorio nazionale.

E sempre a proposito di sanzioni, nell'ambito dello stesso ragionamento va ricordato che in tempi recenti sono state emanate sentenze di svariata natura, conclusesi anche con la condanna del medico competente, talora con motivazioni contrastanti l'una dall'altra. Su tali argomentazioni, a mio parere, è opportuna una riflessione pacata ma non subalterna, da parte nostra, sulle interpretazioni date alla normativa vigente. Va considerata la necessità di una presa di posizione energica al riguardo, promuovendo iniziative di dibattito e di confronto aperto con quei settori della magistratura che più di altri si occupano di tali argomenti. Un sereno approfondimento dei principali temi posti in discussione dalle sentenze cui ho accennato non può che essere di aiuto al quotidiano lavoro di tutti: medici competenti, organi di vigilanza e magistrati stessi.


4. La qualità del Medico Competente e l'aggiornamento professionale continuo, anche alla luce di quanto sinora detto, rappresentano la sfida attuale e futura di tutta la nostra categoria. Episodi di "malpractice" (parlo di quella vera, non di quella presunta) o di scadente professionalità non possono essere accettati da parte della comunità del MeLC. La qualità del nostro lavoro, la completezza formale, l'attenzione verso i problemi reali della prevenzione sul luogo di lavoro, la consulenza completa ed esaustiva nei confronti dei datori di lavoro, sono tutte caratteristiche indispensabili che devono far parte del bagaglio culturale e professionale del Medico del Lavoro Competente.

A tutti i livelli, in tutti i settori produttivi, presso tutte le latitudini del nostro paese.

A mio parere occorre stimolare al massimo la organizzazione di corsi, convegni, seminari ECM a livello nazionale e locale, sia sugli aspetti più pratici della professione (ad esempio: Come effettuare una corretta valutazione del rischio? Come praticare adeguati esami diagnostici strumentali a corredo?) sia su quelli più generali determinati dalla continua evoluzione delle conoscenze mediche (anche con richiami alla semeiotica e alla diagnosi di patologie comuni, ad esempio muscolo-scheletriche, o dermatologiche o di altra natura, che frequentemente possono essere riscontrate nella pratica del Medico Competente). Sia ben chiaro, senza alcun intendimento di volersi sostituire ai colleghi specialisti delle varie altre discipline. E ancora: seminari e convegni su aspetti concreti dell'attività quotidiana del MeLC, anche con richiami ad aspetti della semeiotica e della diagnosi delle patologie "work-related" più comuni.

Discorso a parte merita il grande sforzo compiuto dalla SIMLII nel programma di formazione continua e accreditamento per l'eccellenza. Purtroppo alcuni colleghi hanno visto in questa iniziativa un preminente interesse economico e l'intento di perpetuare il primato della componente universitaria, soprattutto nella individuazione e nella stesura delle linee-guida [probabilmente, in qualche limitato caso, anche con qualche argomento a favore, soprattutto per quanto riguarda la composizione percentuale dei singoli gruppi di lavoro]. Peraltro, sono personalmente convinto della grande importanza del programma e credo occorra prendere atto della lungimiranza con la quale alcuni docenti hanno voluto intraprendere tale percorso, certo non agevole (e ancora non completamente compiuto). Riconosco la mia ignoranza nel non sapere se anche altre società scientifiche hanno dato vita a un programma simile, credo comunque che – se ve ne sono – siano certamente poche. Sebbene alcune linee-guida, di quelle finora promulgate, risentano di una impostazione forse eccessivamente accademica e contengano indicazioni che difficilmente possono essere messe in pratica in alcune zone del paese, nel complesso si tratta di un insieme di norme che utilmente possono essere sfruttate a livello pratico, di valutazione del rischio, conoscitivo, medico-legale. Sono convinto che, in prospettiva, praticamente tutti i MeLC dovranno seguire tale percorso formativo dopo la specializzazione; un percorso opportunamente modificato e alleggerito nelle sue parti più formali e nel prossimo futuro - entro i limiti del possibile - reso anche economicamente meno dispendioso per chi vi prende parte.


5. Per ultimo (but ... last not least ...) una parola anche sugli strumenti che possono coadiuvare i nostri sforzi, farci comunicare meglio, rendere più democratica e trasparente l'attività della SIMLII o di altre eventuali ipotetiche associazioni (oltre quelle già esistenti). Ai giorni nostri la tecnologia ha fatto passi da gigante, è ormai impensabile fare a meno, tanto per fare un esempio, del personal computer o del telefono cellulare, veri e propri strumenti indispensabili per lo svolgimento di qualunque professione o attività intellettuale. Nel nostro piccolo, sia pure inizialmente in maniera spontanea e quasi volontaristica, credo che alcuni passi importanti nella giusta direzione siano stati compiuti. Esiste questo splendido sito MedicoCompetente.it che rappresenta una fondamentale vetrina delle nostre attività professionali, ospita numerosi link ad altri siti del settore della sicurezza del lavoro, permette la pubblicazione di articoli che entrano nel merito di questioni in genere pertinenti e molto sentite da parte dei MeLC ... e non mi dilungo oltre, sia perchè la realtà è davanti agli occhi di tutti noi sia per non venire tacciato di piaggeria, tanto più che sono io stesso, in questo momento, "ospite" del sito (e non è questa la prima volta). Il sito ufficiale SIMLII è ben congegnato ma attualmente ancora poco utilizzabile da parte dei MeLC, alcune parti sono in via di definizione, non sono presenti forum e alcuni settori devono essere ancora implementati. Esistono poi tanti altri siti, di varia natura e provenienza, che si occupano di Medicina del Lavoro e di Sicurezza sul lavoro, che qui non cito per motivi di spazio e di opportunità.

Resto, comunque, convinto che questa sia una fondamentale strada da seguire per l'avvenire, migliorando sempre più i nostri siti di riferimento, in particolare il sito SIMLII, ad esempio con notizie e raccolte legislative aggiornate, elenchi di protocolli sanitari (rifacendosi alle linee-guida), attivazione di forum su argomenti inerenti alla professione, creazione di rubriche gestite da consulenti cui porre richieste di informazioni, quesiti su argomenti controversi etc. Va da sè che simili servizi, se così vogliamo chiamarli, dovrebbero essere riservati esclusivamente ai soci in regola con il pagamento della quota di iscrizione per l'anno in corso, con accesso riservato e garantito da apposita password e non libero a tutti. Credo che utilizzare in questa direzione una parte dei proventi derivanti dalle quote annuali di iscrizione alla società non sarebbe un investimento sprecato ma costituirebbe un grande servizio, dal quale tutti i soci trarrebbero giovamento.

Allo stesso modo la compilazione di mailing-list e l'invio di periodici notiziari con le più salienti novità nel nostro settore (magari, ambiziosamente, si potrebbe pensare a una sorta di bollettino SIMLII in formato telematico) sarebbero di grande aiuto ai colleghi che vivono in periferia e più difficilmente di altri hanno accesso alle informazioni e alle novità rilevanti per l'attività professionale. Da qualche tempo abbiamo avviato una sperimentazione in tal senso, nella regione Sicilia, con qualche difficoltà ma riscontrando un certo gradimento da parte dei colleghi sinora coinvolti.


La posta elettronica rimane comunque uno strumento formidabile, che oggigiorno non può essere tralasciato. Le comunicazioni per i MeLC (e tra i MeLC), a mio parere, da qualunque parte provengano e di qualunque natura siano, vanno effettuate prevalentemente - se non esclusivamente - a mezzo messaggio e-mail. Pensare oggi di utilizzare la posta ordinaria (o anche la classica raccomandata) per comunicazioni rapide ed efficienti è probabilmente arcaico; lasciamo tali strumenti agli avvocati e ai notai, che devono utilizzarli per precise motivazioni legali, e sfruttiamo appieno gli strumenti della moderna tecnologia.

Allo stesso modo la presenza di softwares di riferimento può essere un ulteriore motivo di collegamento e di condivisione di modus operandi comuni tra i MeLC. Il programma Asped2000, ad esempio, costituisce un interessantissimo modello che potrebbe essere diffuso a livello nazionale (non lo dico qui a mo' di pubblicità occulta, io finora ho utilizzato un programmino artigianale creato autonomamente). Utilizzare gli stessi strumenti, contribuendo a modificarli e migliorarli se del caso, costituisce un robusto collante per una comunità che vuole presentarsi unita e coesa a livello nazionale. Naturalmente questo discorso può essere fatto anche per altri softwares, da utilizzare, ad esempio, per la valutazione del rischio chimico o per la determinazione dell'indice di sollevamento nelle attività di movimentazione manuale dei carichi, etc., sono solo esempi che, come è possibile intuire, devono intendersi riferiti a programmi non commerciali ma a softwares disponibili gratuitamente o – perchè no – acquistati e successivamente messi a disposizione dalla SIMLII in esclusiva per i soci.


Ho volutamente lasciato in conclusione la questione più problematica sulla quale ci arrovelliamo da tempo. Chi o, per meglio dire, quale struttura organizzata, quale associazione di "Medici del Lavoro Competenti", può avere il prestigio e l'autorevolezza per portare avanti un simile programma? (considero ovviamente che in quanto sinora detto possono essere ricompresi anche altri aspetti, alcuni dei quali sicuramente mi saranno sfuggiti o che ho volutamente tralasciato, già posti all'attenzione dei colleghi in altre occasioni). In altri termini, quindi, brutalmente: società scientifica o sindacato dei MeLC?

So bene che a questo punto le opinioni divergono: c'è chi sostiene un'ipotesi e chi l'altra, con argomentazioni varie, tutte perfettamente plausibili e ugualmente convincenti. Io stesso ho caldeggiato una delle due possibili opzioni; per non tediare ulteriormente i colleghi non ritorno qui sulle argomentazioni già espresse (chi volesse può facilmente ritrovare i miei interventi sui forum del sito). Devo, peraltro, riconoscere che alcune riflessioni e alcuni interventi di colleghi di varia estrazione (non esclusivamente docenti universitari, che potrebbero essere più motivati a sostenere l'attività e la compattezza della società scientifica attualmente esistente) mi hanno indotto a un ripensamento nel tentativo di escogitare possibili soluzioni alternative al quesito "dicotomico" poc'anzi richiamato. In altri termini, mi sono chiesto, siamo proprio sicuri che tertium non datur??

Rileggendo con più attenzione lo statuto SIMLII, dopo gli articoli iniziali che definiscono scopo e obiettivi dell'associazione, mi sono imbattuto negli articoli riguardanti la possibilità della costituzione di sezioni a carattere nazionale e a indirizzo specialistico (cfr. art. 8). Più avanti (art. 9) viene specificato che tali

Sezioni nazionali a carattere specialistico sono distinte per settore e potranno essere istituite, su proposta del Consiglio Direttivo, dall'Assemblea dei Soci. Delle Sezioni nazionali potranno far parte quanti tra gli iscritti alla Società abbiano un particolare interesse per la materia ad esse afferente. Il coordinamento dell'attività scientifica e pratica di ciascuna Sezione è affidato a un Coordinatore Nazionale affiancato da un Ufficio di Segreteria, composto da 4 membri.

Non vorrei considerare questa evenienza la classica quadratura del cerchio, però costituisce una possibilità che, a mio parere, vale la pena di prendere in seria considerazione. Potrebbe anche essere una tappa intermedia di un tragitto che porta alla costituzione della futura associazione di tipo sindacale dei MeLC, ma in questo momento avrebbe il vantaggio, non indifferente, di poter partire subito (già a Parma si terrà la tradizionale assemblea annuale della SIMLII) e di non disperdere forze, energie e risorse che – come ci siamo più volte detti – nel nostro caso non sono illimitate; sono, anzi, piuttosto esigue, soprattutto se confrontate con quelle degli specialisti di altre discipline.

Pongo all'attenzione di tutti, quindi, la costituzione di una sezione tematica a carattere nazionale e a indirizzo specialistico, della quale facciano parte i soci della SIMLII che svolgono prevalentemente o esclusivamente l'attività professionale di "Medico Competente", approvata dall'assemblea e dotata di propri organismi dirigenti (come espressamente previsto dallo statuto SIMLII, ribadisco, agli artt. 8 e 9). Rimarco qui che i soci SIMLII (e gli stessi specialisti in Medicina del Lavoro) non sono tutti "Medici Competenti" in senso stretto; molti sono dipendenti delle ASL e addetti a compiti di vigilanza, altri sono docenti universitari dediti a didattica e ricerca, altri ancora medici di base o dirigenti medici di ASL o altri Enti pubblici (INAIL, INPS, etc.) o di Enti privati (grande industria); ancora, altri colleghi hanno la doppia specializzazione ma sostanzialmente svolgono un altro tipo di lavoro.

Ritengo che quanto sinora detto rappresenti una strada unitariamente percorribile, non velleitaria nè animata da spinte o rivendicazioni bolsceviche, comunque irragionevoli o rivoluzionarie. Come tale, la pongo all'attenzione e alla riflessione di tutti i colleghi interessati, nonchè ai partecipanti e agli altri frequentatori del sito, al fine di stimolare ulteriori proposte e ottenere le loro opinioni in merito.

  • Dr. Ernesto Ramistella, Medico del Lavoro Competente

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