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Come prevenire le patologie muscoloscheletriche dei lavoratori della sanità? - Giugno 2006

Come prevenire le patologie muscoloscheletriche dei lavoratori della sanità?

In tutti i paesi della U.E le patologie muscoloscheletriche occupazionali hanno ormai raggiunto il primo posto per diffusione tra le malattie da lavoro. La loro prevenzione è divenuta, pertanto, non solo un interesse tecnico scientifico ristretto agli appassionati di ergonomia, ma un problema sociale di ampia rilevanza.

La letteratura nazionale e internazionale evidenzia che gli infortuni e le patologie legate alla movimentazione manuale dei pazienti (specie se non autosufficienti), cui si applicano gli articoli 47, 48 e 49 nonché l'allegato VI del D.Lgs. 626/94, costituiscono l'espressione di uno dei più importanti rischi in ambito ospedaliero e socio-assistenziale per il personale infermieristico, tecnico ed ausiliario. Il che comporta tra l'altro una riduzione della qualità dell'assistenza ai pazienti a causa delle sempre maggiori difficoltà nella sostituzione o nell'integrazione del personale.

Nel caso poi di riconoscimento di malattia professionale si riscontra un ulteriore aumento del costo sociale. Attualmente, la patologia dell'apparato locomotore rappresenta la causa prevalente delle domande di cambio di mansione dei lavoratori della sanità, cui spesso consegue un parere d'idoneità lavorativa condizionata da parte del medico competente.

Si verifica quindi la possibilità di non poter avvalersi appieno d'una quota variabile dal 7 al 10% del personale sanitario, a seconda altresì degli ospedali, del personale infermieristico in una situazione contraddistinta da una gravissima carenza di simile personale. Gli infermieri, e non solo, avvertono la gravità di questo problema.

Il quadro epidemiologico della prevalenza della patologia da movimentazione manuale dei carichi nel comparto sanità, già oggi rilevante, è inoltre destinato ad aggravarsi; i dati si riferiscono infatti ad una popolazione lavorativa che nel prossimo futuro invecchierà per effetto del nuovo regime normativo che ha posticipato l'età pensionabile anche dei lavoratori della sanità. Ciò accrescerà non solo il peso della patologia specifica, ma anche i problemi di idoneità specifica che il conseguente handicap lavorativo comporta, con pesanti costi non solo sociali ma anche organizzativi all'interno dei reparti e dell'intera struttura sanitaria.

Assume quindi un'importanza assolutamente prioritaria recuperare questi operatori alla piena possibilità produttiva.

Tra i molti lavori scientifici a riguardo vorrei ricordare quello di W. Marras e S. Lavender pubblicato su Spine nel 1993 in cui, per mezzo di studi di biomeccanica, dimostrarono che all'incremento della velocità con cui sono compiuti gli atti di movimentazione manuale dei pazienti deriva un progressivo, e dannoso, innalzamento della pressione intra-addominale e delle forze tangenziali agenti sul disco intervertebrale, tali da far superare il limite di tolleranza offerto dalle proprietà visco-elastiche del disco stesso.

Esistono inoltre in letteratura dei dati provenienti dalla Svezia; in particolare una ricerca dell'Institute for Working Life di Stoccolma (Josephson M, Lagerstrom M, Hagberg M, Wigaeus Hjelm E. Musculoskeletal symptoms and job strain among nursing personnel: a study over a three year period. Occup Environ Med. 1997 Sep;54(9):681-5), che ha studiato il fenomeno nel personale infermieristico. I dati attinenti ci dicono che, in generale, il rischio relativo di riportare un episodio di lombalgia acuta varia con l'età degli infermieri e che questi evidenziano una probabilità dalle 5 alle 6 volte superiore alla popolazione normale di contrarre una lombalgia acuta. Un elemento estremamente interessante e utile per queste considerazioni è verificare come alcuni elementi di prevenzione influenzino la modifica del rischio: il rischio relativo, confrontando coloro che non sollevano pazienti durante la giornata rispetto a coloro che effettuano almeno più di un sollevamento al giorno non si è rivelato sostanzialmente differente tra i due gruppi. Mentre l'effettivo addestramento pratico del personale al trasferimento manuale dei pazienti fa scendere il rischio relativo (rispetto ai non esposti) ad 1,6 rispetto a 6, osservato tra il personale non adeguatamente formato. Inoltre l'utilizzo di idonei ausili per il trasferimento dei pazienti è in grado di far diminuire il rischio relativo da circa 6 (assenza completa di ausili) ad 1,5 (utilizzo degli ausili per almeno un quarto dei trasferimenti). Nelle conclusioni, gli autori di questo studio non solo raccomandano le misure organizzative (come la programmazione dei compiti di movimentazione rispetto agli orari di lavoro e la formazione), ma evidenziavano di basilare importanza per la soluzione del problema il miglioramento degli aspetti strutturali relativi agli spazi e, fondamentalmente, l'adeguata dotazione d'ausili. Ho riferito questi dati perché provengono da uno studio abbastanza esaustivo realizzato in Svezia e che perviene, come vedremo, a delle conclusioni quasi sovrapponibili a quelle della nostra esperienza.

Il problema della prevenzione dei rischi connessi alla movimentazione manuale degli utenti delle strutture sanitarie ed assistenziali, sia per l'alto numero di lavoratori coinvolti, sia per l'entità delle patologie connesse, è perciò ancor più importante non solo ai fini della tutela della salute dei lavoratori della sanità, ma anche per garantire la sicurezza e la qualità delle prestazioni a favore degli utenti in particolare se parzialmente o totalmente non collaboranti dal punto di vista motorio. Il che assume una rilevanza ancor più accentuata in questo momento in cui negli ospedali si vanno applicando i criteri di qualità e di accreditamento.

Le soluzioni preventive

Ora, e non solo da questi ultimi anni, è effettivamente disponibile un approccio tecnico in grado di risolvere questi problemi. A maggior ragione quindi l'avvio di una strategia preventiva al riguardo non rappresenta solo l'ottemperanza ad uno dei tanti obblighi di legge, ma si configura ormai come la via obbligata per contenere un fenomeno che rischia di entrare seriamente in conflitto con gli altri obiettivi di miglioramento in corso nel comparto della sanità.

Se è tuttavia fattibile dotare gli ospedali di appropriati sistemi di ausiliazione e formare adeguatamente il personale, non pare altrettanto agevole, almeno in questa situazione contingente, né la riqualificazione di carattere strutturale degli spazi, né l'adeguata dotazione di personale assistenziale.

La nostra esperienza

Ben consci di questo dato di fatto, che rappresenta la realtà di moltissime aziende ospedaliere, siamo partiti realizzando la valutazione dei rischi avvalendoci del metodo MAPO proposto dai nostri valenti amici e colleghi dell'EPM (Unità di ricerca Ergonomia Postura Movimento) di Milano, non limitandoci tuttavia a compilare coi caposala dei questionari a tavolino, ma impegnandoci nei reparti per cercare di capire l'entità del problema, parlando e chiedendo agli operatori, allora non addestrati, in che modo eseguissero e di che tipo fossero, le movimentazioni di pazienti parzialmente o totalmente non autosufficienti, e quante volte per persona e per turno (inclusi gli organici), andando quindi a renderci conto di persona quali fossero gli spazi, i sollevatori e gli ausili in dotazione e, per comprenderne l'adeguatezza, facendoci imbracare e sollevare come succede ai pazienti. Presentammo la valutazione dei rischi alla direzione aziendale, evidenziando la necessità d'una serie d'ausili e d'adeguamenti ambientali, ma, innanzitutto, di iniziare da subito con la formazione, che avviammo nella seconda metà degli anni '90 con una serie di corsi cui parteciparono oltre 300 operatori. Tuttavia ci rendemmo conto di una grave lacuna: le manovre meno sovraccaricanti venivano sì esposte, ma non fatte effettuare ai partecipanti. Insomma, nonostante l'impegno, riuscimmo a trasmettere solo delle conoscenza teoriche, anche sulle manovre da effettuare, perciò i risultati non furono quelli attesi.

Ma non ci demmo per vinti. Perciò il nostro esiguo gruppo, comprendente il collega Massimo Bongiorni cui si aggiunse Riccardo Bertoletti, decise allora d'esaminare le esperienze disponibili, sia in letteratura sia fattive a livello nazionale, per questo motivo con l'EPM, la Regione Lombardia UO Prevenzione Sanitaria, e l'ISPESL, demmo vita a Sondrio il 9 -10 novembre 2001 al SEMINARIO NAZIONALE "La movimentazione dei pazienti nelle strutture sanitarie: rischi, danni e strategie preventive" che richiamò da tutte le Regioni oltre 400 operatori (dei servizi di prevenzione e protezione, delle direzioni sanitarie, medici competenti, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, capo sala, fisioterapisti ed infermieri professionali) con lo scopo d'offrire una sintesi di metodi ed esperienze, rispettivamente messi a punto e praticati nel nostro Paese, per la valutazione e la gestione del rischio lavorativo per l'apparato muscolo scheletrico nel personale addetto all'assistenza di pazienti. Dal seminario scaturirono concrete indicazioni su come avviare e organizzare efficientemente la protezione dei lavoratori dai rischi da movimentazione manuale degli utenti delle strutture sanitarie, attraverso la valutazione ergonomica del rischio, la scelta nei capitolati d'acquisto dei corretti dispositivi di ausiliazione maggiore (sollevatori) e minore in base ai compiti richiesti, la formazione del personale, la gestione dei casi d'idoneità condizionata, la verifica d'efficacia dell'intervento e dei costi per la riduzione del rischio, promuovendo una coscienza responsabile alla prevenzione del rischio specifico tra il personale, a partire dai dirigenti e preposti e coinvolgendo di seguito tutte le figure professionali interessate al problema.

Proprio a partire da quest'esperienza, ci orientammo alla realizzazione d'una vera formazione pratica degli operatori, e, grazie alla collaborazione d'un nutrito e motivato gruppo di fisioterapisti, che non finiamo di ringraziare, e di qualificatissimi docenti (tra cui il caro Maestro Prof. Antonio Greco), l'A.S.L. della provincia di Sondrio e quindi l'Azienda Ospedaliera della Valtellina e della Valchiavenna dal 2002 a tuttora partirono oltre 30 "Corsi di formazione alla prevenzione dei rischi da movimentazione manuale degli utenti nelle strutture sanitarie" per formatori (medici, caposala, fisioterapisti, infermieri professionali) e per addetti cui hanno partecipato molti operatori esterni e la gran parte di quelli interni. Dato l'indirizzo eminentemente pratico caratterizzante questi corsi di 8 ore, con una media di 25 partecipanti per corso, scegliemmo di dedicare solo due ore all'illustrazione ed al dibattito sui temi fondamentali (normativa, valutazione del rischio, epidemiologia, anatomia e fisiopatologia funzionale, biomeccanica, patogenesi e caratteristiche dei disturbi della colonna, requisiti dell'ambiente di lavoro e arredi), per riservare altre due ore alla Back school per il personale sanitario con presentazione ed effettuazione degli esercizi e ben altre 4 ore d'esercitazioni con esecuzione diretta di manovre corrette nella movimentazione dei pazienti e con l'utilizzo di attrezzature d'ausiliazione, dividendo i partecipanti in tre sottogruppi (manovre meno sovraccaricanti, movimentazione con ausili minori e maggioro) affidati ad altrettanti nuclei di fisioterapisti, e verifica finale dell'apprendimento raggiunto con esecuzione della prova pratica finale di movimentazione e questionario di verifica dell'apprendimento. Da notare che i corsi per formatori sono finalizzati a preparare adeguatamene i preposti (caposala) ed i loro collaboratori (fisioterapisti ed infermieri professionali) a gestire correttamente in reparto i complessi problemi della movimentazione degli utenti, in modo da essere in grado di far applicare le strategie che comprendono l'adozione e la sperimentazione di adeguati sistemi di ausiliazione, attraverso la formazione concreta e continua del personale.

I risultati

Effettivamente la formazione, proprio perché realizzata in modo pratico e concreto, ha avuto una ricaduta che è andata ben oltre l'attesa sensibilizzazione degli operatori. Confermando e superando le osservazioni dello studio svedese sopra accennato, la richiesta conseguentemente scaturita ha fatto sì che fossero migliorati anche gli spazi delle camere di degenza, come pure la dotazione d'ausili per reparto. Ma quel che si è rilevato è la gratificazione gli operatori, proprio perché si sono sentiti al centro d'una particolare attenzione alle loro condizioni di lavoro e di salute, il che li ha decisamente confortati.

Dalle esercitazioni e dalle discussioni è emersa inoltre la reale possibilità di poter trasformare la maggior parte dei movimenti di sollevamento degli utenti in altrettanti di scivolamento, in particolare utilizzando gli ausili minori.
Con la barella ad altezza regolabile ed il telo rotante su asse rigido (rollbord), di cui sono dotati i reparti, si può trasferire agevolmente il paziente da letto a barella e viceversa senza doverlo sollevare, ma semplicemente facendolo scivolare. Utilizzando il sacco piccolo di scivolamento non è più necessario sollevare il paziente per riposizionarlo alla testata del letto (una delle manovre più richieste al personale), basta che possa semplicemente scivolare verso il cuscino, sfruttando anche le capacità residue del paziente. E di questi esempi se ne potrebbero citare tanti altri.

Considerazioni conclusive

La nostra esperienza nel contesto di quella più ampia a livello nazionale, ci ha insegnato che non esiste una medicina unica per risolvere questo problema, ma occorrono più rimedi, tutti da applicare in maniera coordinata:

  • il primo è indubbiamente di carattere organizzativo, corrispondente ad un'adeguata dotazione di personale assistenziale;
  • il secondo è di carattere strutturale e concerne sia gli spazi che i letti e gli arredi, ma innanzitutto la dotazione di adeguati sistemi di ausiliazione;
  • il terzo, fondamentale, consiste nell'adeguata formazione e training del personale.

Va evidenziato inoltre un ruolo indispensabile delle Regioni nel formare i formatori (per il quale noi di buon grado siamo disponibili), figure essenziali per far sì che la formazione possa continuare concretamente anche nei reparti, verificandone l'applicazione da parte dei preposti.

Il volume "La prevenzione dei rischi da movimentazione manuale degli utenti della sanità"

In questa monografia di 320 pagine ed oltre 30 relazioni con molte figure, abbiamo voluto raccogliere le dettagliate indicazioni espresse nel percorso di prevenzione scaturito a partire dal Seminario e continuato nei Corsi. In questo senso i contributi proposti in questo testo vanno perciò letti come un tragitto di prevenzione, formazione e gestione del problema, a partire dalla dimensione epidemiologica, dalle responsabilità determinate dalla normativa, dalle innovazioni sulla biomeccanica, patogenesi e sui metodi diagnostici dei disturbi dell'apparato locomotore, alla valutazione ergonomica, all'analisi della condizioni lavorative con la conseguente valutazione del rischio espositivo, alla predisposizione di un'adeguata strategia preventiva basata sia sull'individuazione di requisiti ambientali confacenti, sia sulla corretta scelta degli ausili, sia sulle modalità concrete di formazione specifica del personale, sia sulla sorveglianza sanitaria.

Il percorso di prevenzione, esposto sinteticamente in questo volume, senz'altro meritevole di ulteriori studi ed approfondimenti, risulta collocabile in quell'ampio processo di prevenzione scaturito dalle innumerevoli iniziative specifiche realizzate dal Servizio Sanitario, dalle Università e dalla Ricerca (ricordiamo il rilevante apporto offerto dall'EPM), dalle Istituzioni come le Regioni, l'ISPESL, ed altri soggetti, e si propone inoltre come contributo alla formulazione delle auspicate Linee Guida in materia di prevenzione dei rischi da movimentazione manuale degli utenti delle strutture socio sanitarie.

Per ricevere il volume, inviare richiesta alla Struttura di Medicina del Lavoro AOVV, Via Stelvio 25, 23100 Sondrio - Fax 0342 521368; e-mail: mdl.so@aovv.it allegando copia del versamento di Euro 15 come rimborso spese, a favore dell'Azienda Ospedaliera della Valtellina e della Valchiavenna AOVV sul C.C.P. n. 6213.

  • Dr. Luciano Villa

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