Già dai primi anni dell'ottocento l'amalgama dentale è stata considerata come il materiale di otturazione odontoiatrica di eccellenza. Si valuta che da 180 anni a questa parte l'80% delle otturazioni in singoli denti sia stato realizzato con questa sostanza.
L'amalgama dentale è un composto costituito da mercurio e da una lega argento-stagno. Gli amalgami convenzionali sono costituiti dal 45-50% di mercurio, 25-30% in argento, 2-3% di rame e dal 15-30% di stagno. Alcuni produttori, inoltre, aggiungono alla composizione di base percentuali variabili di zinco e di palladio. Quasi sempre sono anche presenti minime quantità di piombo e tracce di cadmio.
Il rischio di esposizione al mercurio attraverso gli amalgami è caratterizzato dalle seguenti vie di assorbimento:
Non si dimentichi l'esistenza nella popolazione generale di fonti multiple di esposizione a mercurio: alimentazione, ecodispersione, uso di disinfettanti, vaccini, farmaci.
Gli studi di tossicologia sperimentale e le indagini epidemiologiche permettono di identificare tre tipi di effetti critici per il mercurio inorganico: effetti sul sistema nervoso centrale; effetti a carico del rene; effetti sul sistema immunitario. Per quanto riguarda la cancerogenicità o la mutagenicità dell'elemento, non esistono riscontri in letteratura.
Gli effetti sul sistema nervoso centrale, in origine osservate per prolungate esposizioni occupazionali, sono caratterizzati da disturbi neuromuscolari, inizialmente evidenziati da fini tremori alle mani. Ad alte dosi compaiono disturbi del sistema nervoso centrale (eretismo) sino a forme psicotiche. Dopo la cessazione dell'esposizione la regressione dei sintomi è lenta e può durare anni.
Gli effetti per via inalatoria sono ovviamente importanti per tutte le possibili esposizioni occupazionali, compresa la preparaziopne degli amalgami e il loro uso da parte degli odontoiatri. Il marcatore di esposizione in questo caso è la escrezione urinaria di mercurio, espressa come microgrammi di mercurio per grammo di creatinina. Il marcatore di effetto più sensibile è una diminuita velocità di conduzione dei nervi periferici.
La tossicità renale del mercurio inorganico nell'uomo si manifesta principalmente con presenza di proteine nelle urine. Mentre ad alte dosi il mercurio provoca lesioni renali tubulari, a dosi inferiori l'alterazione renale tipica è una glomerulonefrite, probabilmente mediata da meccanismi autoimmuni. Nell'insorgenza di questo tipo di nefrotossicità è importante la predisposizione genetica.
Tenendo conto della patogenesi autoimmune della nefropatia da mercurio inorganico, è difficile identificare una eventuale relazione dose-risposta in individui suscettibili che, comunque, rappresentano una piccola frazione della popolazione generale.
La combinazione delle diverse fonti di assorbimento fa si che oggi, per particolari individui, i carichi corporei nell'uomo possano essere vicini ai 7 microgrammi per litro di mercuriuria e ai 5-6 microgrammi per litro di mercuriemia. I dati di una ricerca della Società Italiana Valori di Riferimento (SIVR), completata nell'anno 2000, su circa 500 soggetti di cinque città (Brescia, Bari, Genova, Messina, Siena) hanno dimostrato valori urinari medi compresi fra 1 e 2 microgrammi di mercurio per litro di urina, e percentuali di soggetti con valori superiori a 3 microgrammi di mercurio per litro di urina comprese fra il 10 e il 30% a seconda della casistiche.
Il contributo degli amalgami al mercurio urinario è intorno al 5-10% del totale. È stato inoltre possibile calcolare che ogni otturazione produce una escrezione urinaria di 0. 08 microgrammi di mercurio per litro di urina. Livelli di esposizione come questi sono privi di rischio neurologico e renale.
In merito alla valutazione dei possibili depositi di mercurio nei tessuti umani, assume rilevanza il ruolo che può avere la presenza di amalgami dentali nelle madri sulla concentrazione di mercurio nel fegato, reni e corteccia cerebrale dei bambini. Diversi studi tedeschi e svedesi hanno dimostrato che esiste un trasferimento di mercurio inorganico dal sangue della madre gravida con otturazioni in amalgama agli organi del feto; analogamente in altri studi, sia in modello umano che animale è stato dimostrato che il livello di mercurio nel latte materno è influenzato dalla presenza di amalgami dentali nella madre.
Può l'esposizione al mercurio costituire un fattore di rischio per gli odontoiatri e per gli assistenti di studio dentistico? Vi sono dati ormai consolidati che dimostrano la dispersione di mercurio negli ambulatori a seguito della preparazione degli amalgami, anche se i dati di monitoraggio biologico sono a volte confusi dalla contemporanea presenza di amalgami nei denti degli operatori stessi.
Si segnalano due studi in proposito: il primo esamina i dati sulla fertilità delle assistenti di studio dentistico, con rilievo di una probabilità di concepimento inferiore nei soggetti con maggior esposizione a mercurio (elevato numero di amalgami preparati settimanalmente); il secondo ha studiato in modo accurato gli effetti comportamentali derivanti da tali basse esposizioni a mercurio, e non ha evidenziato alterazioni a carico del sistema nervoso centrale e periferico.
Sulla base di quanto esposto si possono avanzare alcune considerazioni conclusive che riguardano il rischio da mercurio da amalgami:
La ricerca, nel prossimo futuro, dovrà inoltre chiarire uno degli aspetti più importanti dell'esposizione a mercurio nell'uomo, ovvero la tossicità da accumulo, sulla quale a tutt'oggi non si è ancora in grado di dare una valutazione definitiva. A tal proposito, si segnala l'importanza dei contributi scientifici portati al Convegno di Gragnano (BS) svoltosi alla fine di settembre scorso, in cui sono stati valutati l' importanza dell'assorbimento transcutaneo e del rilascio del metallo da parte degli amalgami dentali, e sono stati riportati i dati di una recente ricerca nazionale sulle eventuali alterazioni neurologiche, neuroendocrine, immunitarie e renali precoci, con le relazioni fra dose ed effetto.
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