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Revisione annuale delle tabelle ex. art.139 ed ex artt.3 e 221 del T.U. n.1124/1965 - Dicembre 2008

Gli autori Virginia Mortara e Adriano Ossicini, Dirigenti Medici di II liv. della Sovrintendenza Medica Regionale Inail e della Sovrintendenza Medica Generale analizzano le recenti normative, uscite nel c.a. che innovano profondamente l’attività del medico del lavoro, ma non solo.

Nello specifico il D.M. 14.1.2008, elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’articolo 139 del T.U. n. 1124/1965, e il D.M. 9.4.2008, contenente le Nuove Tabelle delle Malattie Professionali in Industria e in Agricoltura, di cui agli artt. 3 e 211 del T.U. n. 1124/1965; viene evidenziato che il legislatore ha statuito una “cadenza annuale” per la modifiche e/o le integrazione di tali elenchi, tale cadenza, a detta degli autori è un arco di tempo troppo breve che non può trovare nell’evoluzione delle conoscenze scientifiche, nei progressi tecnologici e tanto meno nelle ricerche epidemiologiche uno spazio temporale congruo, idoneo, riconoscibile e condivisibile dalla comunità scientifica per consentire l’affermazione di riconducibilità eziologica di un determinato quadro patologico ad una determinata noxa in campo professionale.

La revisione annuale delle Tabelle ex art.139 e ex art. 3 e 211
del T.U. n.1124/1965 è veramente praticabile?

Virginia Mortara ° Adriano Ossicini °

L’anno 2008 ha portato profonde innovazioni nel campo della Medicina del Lavoro:
-il D.M. 14.1.2008, pubblicato sul S.O. n. 68 della G.U. n. 70 del 22 marzo 2008, con l’aggiornamento dell’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia ai sensi e per gli effetti dell’articolo 139 del Testo Unico n.1124/1965;
-il D.Lgs 9.4.2008, pubblicato sul S.O. n. 108 alla G.U. n. 101 del 30 aprile 2008, cosiddetto Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro;
-il D.M. 9.4.2008, pubblicato il 21.7.2008 sulla G.U. n.169, contenente le Nuove Tabelle delle Malattie Professionali in Industria e in Agricoltura, di cui all’artt. 3 e 211 del T.U. n.1124/1965

Sono tutte normative di specifico interesse per l’Inail, sia direttamente che indirettamente, che non potranno non influenzare le attività dei prossimi anni.
Con questo contributo ci vogliamo soffermare “solo” sulle tabelle ex. art. 139 ed ex art. 3 e 211, non entrando assolutamente nel merito con una discussione critica (non possiamo però nasconderci che non macherebbero certo i motivi), ma limitandoci ad alcune considerazioni sulla loro valenza temporale.
Senza voler fare una cronistoria dal 1929 delle Tabelle per il riconoscimento delle Malattie Professionali, peraltro entrate in vigore un lustro dopo, ma partendo dal Testo Unico del 1965, si evidenzia che l’articolo 3 recita: “La tabella… può essere modificata o integrata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta dei Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per la sanità, sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative”, nulla specificando sui tempi del rinnovo della tabella.
Analogamente, l’art.139 dello stesso T.U. 1124/1965, in relazione alla “denuncia delle malattie professionali”, recita al 1° comma “E' obbligatorio per ogni medico, che ne riconosca l'esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale di concerto con quello per la sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità “: anche in questo caso, nulla nel merito di una modifica e/o integrazione e loro tempi.

Un richiamo di precisazione, doveroso in premessa:
l’ambito contemplato dagli artt. 3 e 211 del T.U. e dalle tabelle ivi richiamate (che attiva l’intervento dell’INAIL, in connessione con obblighi dell’assicurato nei confronti del datore di lavoro –art. 52 del T.U.- e del datore di lavoro nei confronti dell’Istituto Assicuratore –art. 53 del T.U.-) comporta la denuncia delle malattie professionali con scopo assicurativo. A tale fattispecie si riferiscono le Tabelle di cui all’ultima edizione del 9.04.2008
dall’art. 139 del T.U. 1124/1965 discende obbligo di denuncia delle M.P. con finalità e scopo prevenzionale (più correntemente si ricorre quindi al termine “segnalazione”). Ad essa si connettono concettualmente e legislativamente i Decreti 27.04.2004 e 14.01.2008.

Come poi si è sviluppata la storia è a tutti noto.
Le prime Tabelle (ex artt. 3 e 211 del T.U.) sono state rinnovate una prima volta nel 1975 (con D.P.R. n. 482 del 9.6.75: “Modificazioni e integrazioni alle tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura, allegati nn. 4 e 5 al D.P.R. 30.06.1965 n. 1124”); una seconda volta nel 1994 con D.P.R. n. 336 del 19.6.1994; ora, l’ultima “rivisitazione” effettuata nell’aprile 2008, è pubblicata in G.U. di luglio.


Le altre Tabelle (ex art. 139 del T.U.) invece hanno visto la luce, la prima volta, nel 1973 (D.M.18.4.1973: “Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”), quindi a distanza di ben otto anni dall’emanazione del Testo Unico; sono poi state “aggiornate” dapprima con D.M. 27 aprile 2004; infine nel gennaio 2008.
In realtà alle “modifiche” delle due tabelle non si è data ottemperanza in base al dettato del T.U., ma si è dato corso a seguito e per effetto dell’art.10 del decreto D.Lgs n.38 del 23 febbraio 2000 che recita espressamente nei primi quattro commi

“1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, è costituita una commissione scientifica per l'elaborazione e la revisione periodica dell'elenco delle malattie di cui all'articolo 139 e delle tabelle di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico, composta da non più di quindici componenti in rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, del Ministero della sanità, del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'Istituto superiore della sanità, del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dell'Istituto italiano di medicina sociale, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell'INAIL, dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), nonchè delle Aziende sanitarie locali (ASL) su designazione dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Con il medesimo decreto vengono stabilite la composizione e le norme di funzionamento della commissione stessa.
2. Per l'espletamento della sua attività la commissione si può avvalere della collaborazione di istituti ed enti di ricerca.
3. Alla modifica e all'integrazione delle tabelle di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico, si fa luogo, su proposta della commissione di cui al comma 1, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative.
4. Fermo restando che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale, l'elenco delle malattie di cui all'articolo 139 del testo unico conterrà anche liste di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico. Gli aggiornamenti dell'elenco sono effettuati con cadenza annuale con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su proposta della commissione di cui al comma 1. La trasmissione della copia della denuncia di cui all'articolo 139, comma 2, del testo unico e successive modificazioni e integrazioni, è effettuata, oltre che alla azienda sanitaria locale, anche alla sede dell'istituto assicuratore competente per territorio.


Né nell’articolo 139 né nell’articolo 3 del T.U. 1124/65, infatti, come già sottolineato, vi era alcun riferimento temporale sulla “tempistica” delle modifiche o rinnovo.
Infatti, dalla lettura delle normative, si evince che solo nel 2000, per la prima volta, con il D.Lgs 38/2000, e relativamente al solo elenco delle malattie ex art.139, viene definita una cadenza temporale per le modifiche, laddove appunto si afferma, al comma 4 dell’articolo 10, che gli aggiornamenti dell’elenco “..sono effettuati con cadenza annuale con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su proposta della commissione…”.
Si deve arrivare addirittura al 2008 (ad oltre 43 anni dal T.U. del 1965!) con la pubblicazione delle nuove tabelle di M.P. ex artt. 2 e 211 per ritrovare all’art. 2 (“Revisione delle tabelle”) la temporizzazione della revisione anche di queste tabelle: infatti, anche qui si ritrova la dizione “..con cadenza annuale”.

Preso atto di ciò ci domandiamo: è davvero, concretamente, praticabile una periodicità di revisione tabellare così cadenzata?
Diciamo da subito, francamente: no!

Per comprendere, però, il perché di questa nostra risposta è doveroso fare un passo indietro di venti anni, e cioè ritornare al 1988, allorché fu emessa una ormai datata, ma famosa sentenza della Corte Costituzionale che decretò di fatto, anche per l’Italia, l’instaurarsi del sistema misto di tutela.
Ci riferiamo alla Sentenza n. 179 della Corte Costituzionale del 1988
In realtà, però, la stessa Corte, sin dal 1974 (ben 14 anni prima!), con sentenza n. 206 del 1974, nel riconfermare (all’epoca) la validità del sistema tabellare, si era spinta più in là, affermando: (questa) “…Corte ritiene di non potersi limitare alla constatazione che il sistema tabellare é suscettibile di perfezionamento mediante la modificazione o integrazione delle voci di tabella, secondo la procedura prevista dallo stesso art. 3 del testo unico, la quale consente anche ai lavoratori di far sentire le proprie istanze di migliore tutela assicurativa mediante l'intervento delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative. Per vero, la garanzia costituzionale richiede l'intervento del legislatore, e non può essere pienamente soddisfatta solo con sporadici interventi integrativi delle tabelle, i quali, per giunta, difficilmente potrebbero assicurare la copertura del rischio proprio nei confronti dei lavoratori colpiti dalle malattie che venissero successivamente riconosciute come professionali.
Di fronte a tale situazione, che presenta aspetti di incontestabile gravità, questa Corte reputa doveroso segnalare al Governo e al Parlamento la opportunità ed urgenza di una soluzione legislativa mista, comprendente sia le tabelle delle tecnopatie protette con l'attuale regime positivo, sia anche la possibilità, riconosciuta a tutti i lavoratori, di provare l'eziologia professionale di una malattia non compresa nelle tabelle, e di ottenere conseguentemente le prestazioni di legge.
(Omissis)
É superfluo aggiungere che l'adozione del sistema misto richiede necessariamente l'intervento del legislatore: trattasi di innovazione la cui attuazione comporta un completo regolamento normativo, sia per quanto concerne la conseguente riforma del sistema contributivo ed assicurativo, sia anche in ordine alla rigorosa disciplina dell'onere di prova dell'origine professionale di malattie non comprese nelle tabelle, indispensabile per evitare ingiustificate ed abusive pretese di speciali prestazioni assicurative per malattie non imputabili con sicurezza all'attività lavorativa professionale come causa morbigena, e soggette invece alla normale assicurazione malattie.

E’ di tutta evidenza l’apertura ad una prospettiva e ad uno scenario di lungimirante consapevolezza anche in termini tecnico-scientifici (pur sottintesi).

Siccome tuttavia nei successivi anni non verrà di fatto, nonostante l’accorato appello rimasto inascolato dal legislatore, varato alcun provvedimento da parte di quest’ultimo, se non l’aggiornamento delle tabelle di cui al D.P.R.482/1975, la Corte, nel 1988, diversamente alla fine si pronuncerà sulla incostituzionalità dell’articolo 3 del T.U.,
Da notare che la stessa Corte ancora nel 1981 n.140 aveva confermato la costituzionalità dell’articolo 3 proprio alla luce dell’emanazione del D.P.R.482/1975, in quanto si affermava che “..il Governo ha mostrato di darsi carico - era passato solo un anno dalla sentenza del 1974 - aggiornando e modificando le tabelle con il D.P.R. n. 482 del 1975..”, nel 1988 dopo altri sette anni nel valutare la situazione statuiva invece che ormai era “..alterato il rapporto di rilevanza fra i due interessi in gioco sopra indicati (l'interesse all'accertamento presuntivo si é attenuato, mentre ha acquistato spessore l'interesse all'allargamento dell'area della eziologia), sicchè la presunzione nascente dalle tabelle é divenuta insufficiente a compensare il divieto dell'indagine aperta sulla causa di lavoro.” determinando quindi la nascita del sistema misto
E questa situazione è ben ricordata dalla circolare Inail n.23/1988, emanata subito dopo la sentenza 179/88, ove si esplicita: “…la Corte costituzionale si è richiamata alla precedente pronuncia n.206/1974 con la quale, pur ritenendo, all'epoca, non fondata la questione della legittimità costituzionale sollevata in merito al sistema tabellare per la considerazione che i limiti derivanti dalla sua tassatività erano compensati dalla presunzione legale operante a vantaggio del lavoratore, aveva tuttavia segnalato al legislatore la opportunità e la urgenza della adozione di un sistema misto. La introduzione di questo sistema viene ora giudicato non più rinviabile, in base alla argomentazione che l’incremento dei fattori di rischio, dovuto allo sviluppo delle tecniche produttive e la maggiore agevolezza e attendibilità della indagine sulla eziologia professionale, dovuta al progresso delle tecnologie diagnostiche, hanno ormai alterato l'equilibrio tra i vantaggi e gli svantaggi del sistema tabellare.
Per giungere a tali conclusioni, la stessa Corte (ad avviso degli scriventi forse con enfasi), ha creduto fermamente nelle potenzialità della Medicina del Lavoro, tanto che in un passaggio della pronuncia, per giustificare il cambiamento di rotta sino ad allora seguito, afferma “In ogni caso non può ignorarsi, perché fa parte della comune esperienza, l'intervenuto progresso delle tecnologie diagnostiche, anche e particolarmente nel settore della medicina del lavoro, progresso che implica da un lato l'allargamento delle ipotesi di massima probabilità di eziologia professionale di date malattie, definibili come tipiche, dall'altro l'aumento del tasso di agevolezza e di attendibilità dell'indagine su tale eziologia, quando l'indagine non é, come nelle ipotesi ora indicate, già scontata.”.
Che la Medicina del Lavoro, ma non solo, nei diversi decenni antecedenti la sentenza abbia fatto dei passi avanti notevoli relativamente alla diagnostica, al fine di correlare una patologia ad una specifica eziologia, è fatto innegabile, ma non è possibile immaginare seriamente che l’evoluzione in tale campo sia cosi veloce da permettere, ora, a distanza di venti anni da allora, la possibilità di aggiornare le tabelle con cadenza annuale.
Tale realtà, a nostro avviso, è un dato di fatto incontrovertibile; e detta situazione risulta da subito confermata dal fatto che, dopo l’emanazione dell’art. 10 del D.Lgs 38/2000, l’elenco delle malattie di cui all’ex. art 139, di cui il primo elenco risaliva al 1973, è stato aggiornato due volte: una prima nell’aprile del 2004 ed una secondo nel gennaio 2008.
Peraltro tale nuovo aggiornamento dell’elenco è soltanto “migliorativo” (sotto la forma di un restyling) relativamente ai tumori; ciò si rileva nello stesso decreto che segnala e precisa in premessa: “…vista la delibera n. 1 della Commissione scientifica, assunta in data 19 ottobre 2007, concernente la proposta di aggiornamento e revisione dell'elenco delle malattie di cui all'art. 139 del testo unico, approvato con il decreto ministeriale 27 aprile 2004, con riferimento ai tumori professionali, la cui indicazione e' stata ricondotta nel solo gruppo 6 delle liste I, II, III, eliminandone la citazione dalle voci di agenti cui sono correlate anche altre malattie nei gruppi da 1 a 5; preso atto che la Commissione scientifica…ha ritenuto di dover procedere all’aggiornamento del gruppo dei tumori professionali in quanto patologie emergenti in termini di incidenza e prevalenza”, attuando in concreto poche significative “aggiunte” relativamente ai tumori stessi.
D’altro canto, la Tabella di cui all’art 3 e 211, ha visto la luce solo a distanza di otto anni dall’emanazione del decreto 38/2000, ed a ben 14 anni dall’ultima riforma della tabella stessa (D.P.R. 336/1994), e di fatto ha inserito quelle patologie che ormai da anni lo stesso Inail riconosceva sotto la veste di “non tabellate”; peraltro è noto che detta tabella era stata rimessa ai Ministeri competenti sin dall’agosto 2005 ed ha visto luce solo nel luglio c.a e non, questa volta, per esclusiva responsabilità del legislatore.
Da notare, infine, che giustamente e correttamente il legislatore ha previsto uno stretta raccordo sui due elenchi laddove prevede che l'elenco delle malattie di cui all'articolo 139 del testo unico conterrà le liste di malattie da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del testo unico; non crediamo però che sia veramente fattibile un osmosi annuale tra le due liste.
Alla luce, quindi, delle molteplici considerazioni di cui sopra crediamo che la cadenza annuale, termine comunque non perentorio, non potrà mai essere rispettata.
Meglio ed in altri termini: non riteniamo che un arco di tempo annuale possa trovare nell’evoluzione delle conoscenze scientifiche, nei progressi tecnologici e tanto meno nelle ricerche epidemiologiche uno spazio temporale congruo, idoneo, riconoscibile e condivisibile dalla comunità scientifica per consentire l’affermazione di riconducibilità eziologica di un determinato quadro patologico ad una determinata noxa in campo professionale.
Affermare che il rispetto della “cadenza annuale” è un utopia non significa che la medicina del lavoro non debba continuare ogni sforzo per essere in grado di conseguire uno sviluppo delle conoscenze più rispondente alle attuali necessità, altrimenti si renderà di fatto non perseguibile ogni intervento diretto e preciso sul piano preventivo limitandosi a fotografare con ritardo la realtà; il rischio incombente e temuto (a fronte della complessità attuale della Medicina del Lavoro, che ha visto proprio la frantumazione moltiplicativa delle noxae, l’inversione del rapporto tra carico energetico e carico psichico e l’osmosi dei rischi tra ambiente lavorativo ed ambiente esterno) è che alla fine vada a svilirsi il concetto di “tutela privilegiata” del lavoro, garantito dalla Carta Costituzionale italiana se non saremo in grado di vincere questa sfida.

° Specialisti in Medicina del Lavoro ed in Medicina Legale

  • Dr. Adriano Ossicini, Medico del Lavoro - Sovrintendenza Medica Generale Inail
  • Dr.ssa Virginia Mortara, Medico del Lavoro - Sovrintendenza Medica Generale Inail

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