Il tema "spirometria" è tutt'altro che desueto e privo di interesse per i medici del lavoro, siano essi medici competenti aziendali o medici dei servizi pubblici di
prevenzione.
Il perché di tale interesse è certamente da ricercare nel fatto che la spirometria rimane ad oggi un esame largamente diffuso nella pratica della medicina del lavoro, eseguita tanto
in strutture di alta specializzazione quanto nell'ambulatorio del medico competente in azienda.
Le condizioni di lavoro possono quindi essere molto diverse tra loro e influenzare sensibilmente l'esito della spirometria: la strumentazione impiegata è la più variabile; non
sempre sono indicate (o reperibili) le procedure di manutenzione e di taratura; le procedure di esecuzione non sempre rispettano le raccomandazioni di letteratura; anche i criteri interpretativi
non raramente sono disomogenei.
Tutto ciò rende difficile il confronto nel tempo sullo stesso individuo o il confronto tra gruppi, fondamentali entrambi per il medico del lavoro. Eppure la spirometria è stata
introdotta nella pratica clinica da molti anni, sono disponibili per la sua esecuzione linee guida di autorevoli società scientifiche, è caratterizzata da una notevole
stabilità e riproducibilità dei principali parametri misurati.
Per quanto riguarda i medici competenti, appare evidente, a chiunque si cimenti nella analisi della sorveglianza sanitaria dei lavoratori, la difficoltà che essi incontrano
nell'esecuzione e nell'interpretazione delle spirometrie. L'impressione che spesso se ne ricava è che si tratti di un esame praticato per consuetudine, perché
tramandato dai vecchi medici del lavoro, ma di cui il medico competente non riesce a cogliere la vera utilità nel processo di sorveglianza dei singoli e delle popolazioni lavorative.
Infatti, le esperienze di controllo di qualità disponibili documentano come gran parte delle spirometrie, a causa della non corretta esecuzione, siano inutilizzabili per qualsiasi
valutazione.
Certamente è utopistico pensare che tutte le spirometrie eseguite in azienda possano essere "perfette", rispondenti in tutto e per tutto ai criteri di accettabilità e
riproducibilità riportati nelle linee guida internazionali.
D'altra parte, se dovessero essere refertate solo le spirometrie che rispondono pienamente a tali criteri, si correrebbe il rischio di selezionare i lavoratori sani e di perdere le
informazioni relative agli altri (probabilmente non sani). Sarebbe però importante, nel caso di prove non "perfette" trascrivere semplici annotazioni in cartella (ad es.
"una sola espirazione corretta", "scarsa collaborazione", etc.).
Ma certamente non è in alcun modo accettabile la teoria (e la pratica diffusa) riassumibile con "un soffio e via!", con brevissima espirazione e improbabili valori del rapporto
FEV1/FVC, sempre superiori al 90%.
Un ulteriore motivo per occuparci di qualità delle spirometrie riguarda il ruolo dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro.
Riteniamo infatti che, anche nel mutato quadro di riferimento creato dal recepimento delle direttive europee nel campo della prevenzione nei luoghi di lavoro, una delle funzioni principali dei
Servizi di prevenzione delle ASL rimanga quella di caratterizzare lo stato di salute di popolazioni lavorative esposte a rischi specifici.
Tale funzione può essere perseguita utilizzando dati di funzionalità respiratoria prodotti direttamente dai Servizi o raccogliendo quelli prodotti dai medici competenti del territorio
nella loro attività di sorveglianza sanitaria. In entrambi i casi, la qualità del dato è requisito indispensabile per la corretta descrizione delle condizioni di salute delle
popolazioni esaminate.
Sul versante dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro delle ASL, d'altro canto, i medici del lavoro sono sempre meno impegnati in attività di valutazione dello
stato di salute di singoli lavoratori e di popolazioni lavorative e stanno perdendo la consuetudine con l'attività ambulatoriale. In alcune regioni i Servizi non effettuano (o non
effettuano più) indagini sanitarie, pur avendo un ruolo istituzionale di controllo sulla sorveglianza sanitaria attuata dal medico competente. È evidente il rischio di una spirale
negativa il cui risultato finale è una incapacità del sistema di prevenzione di rilevare correttamente lo stato di salute dei lavoratori.
Un altro elemento di rilievo, a nostro parere, riguarda il problema del tabagismo nei lavoratori esposti a rischi lavorativi; se la funzione della sorveglianza sanitaria è quella di
prevenire lo sviluppo delle malattie nel lavoratore, non è più possibile prendere in esame soltanto i fattori di rischio professionale, senza curarsi del ruolo concausale fondamentale
svolto dal fumo di tabacco.
Su questi temi e per queste ragioni l'Associazione Parmense dei Medici del Lavoro e l'Azienda USL di Parma hanno realizzato nel 2008 due corsi di formazione, rivolti ai medici del
lavoro. I materiali didattici di questi corsi sono raccolti nel volume Appunti di spirometria per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori e dei fumatori; la pubblicazione (240 pagine) è
disponibile in rete sul sito dell'Azienda USL di Parma
http://www.ausl.pr.it/page.asp?IDCategoria=626&IDSezione=6052&ID=282757.
Nei giorni 3 e 4 febbraio 2009 è prevista una nuova edizione del corso, limitata a 25 partecipanti: programma e modalità di iscrizione sono riportate in: http://www.medicocompetente.it/eventi/473/La-Spirometria-nella-sorveglianza-sanitaria-dei-lavoratori.htm
Andrea Innocenti, Augusto Quercia e Franco Roscelli
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