L'articolo del mese di Giugno è un contributo al recente Convegno "XXV Giornate Mediterranee Internazionali di Medicina del Lavoro" che si è tenuto a Genova, 20-22 maggio 2009, organizzato dal Prof. Bonsignore (Segretario della Società Mediterranea Internazionale di Medicina del Lavoro) e dal Prof. Traversa (Presidente SIMLII Regione Liguria) portato dal Dr.A. Ossicini e dalla Dr.ssa V.Mortara Dirigenti Medici dell'Inail.
In questo lavoro dal titolo "Gli Infortuni in Italia nel quinquennio 2003-2007 dei lavoratori del bacino del Mediterraneo" vengono presi in esame alcuni aspetti degli infortuni sul lavoro che colpiscono i lavoratori il cui paese di nascita è in Stati che si affacciano sul Mediterraneo (esclusi Italia, Francia e Spagna) con una riflessione conclusiva che il massimo impegno va dedicato alla formazione e all'addestramento professionale e, superando le barriere linguistiche, alla creazione di una cultura della sicurezza, parallelamente alla lotta contro il sommerso, in considerazione che l'Italia attira immigrazione irregolare più di altri Paesi europei, sia per la grande estensione delle frontiere esterne verso paesi di emigrazione e di transito, sia per la peculiare espansione di economia "informale" (servizi domestici, ricco tessuto di piccole imprese in cui il lavoro nero si cela più facilmente).
Scopo del presente lavoro è prendere in esame alcuni aspetti degli infortuni sul lavoro che colpiscono i lavoratori il cui paese di nascita è in Stati che si affacciano sul
Mediterraneo (esclusi Italia, Francia e Spagna) e che, operanti ed assicurati in Italia, hanno denunciato all'INAIL, Istituto Nazionale per l'Assicurazione degli Infortuni sul Lavoro Italiano,
eventi infortunistici in Industria ed in Agricoltura.
I dati che sono stati utilizzati sono quelli derivanti dai rapporti annuali dell'INAIL (dal 1999 presenti sul sito INAIL in formato pdf) ed elaborati con l'aiuto
della Consulenza Statistica Attuariale (CSA) Inail; sono relativi all'ultimo quinquennio 2003-2007, utile ai fini di interesse, e tengono conto anche della distinzione relativa al sesso.
Precisiamo che i dati specifici relativi ai lavoratori del bacino del Mediterraneo sono stati "rintracciati" con il Codice Fiscale (ovviamente diverso per ogni Paese) e ricorrendo a "query" ad hoc.
Precisiamo che nella Banca Dati INAIL è possibile rilevare i files dei dati statistici anche in excel.
Uno studio americano del 2006 sui flussi migratori collocava l'Italia al secondo posto, dopo gli Stati Uniti, per numero di persone che ogni anno decidono di vivere stabilmente in un altro
paese.
Certamente, la presenza dei lavoratori stranieri in Italia ha raggiunto in questi ultimi anni un numero ragguardevole, rilevante ed in costante crescita, tanto più se si considera che le
cifre ufficiali, inerenti i 'regolarizzati', non rispecchiano la realtà della situazione, legata anche ad un 'sommerso' che sfugge ad una reale valutazione.
L'impatto di questi lavoratori stranieri sulla economia italiana (Galossi E., Immigrati, una risorsa preziosa. IRES, 2009) è stato stimato pari al 9,2% del prodotto interno lordo.
Si valuta che gli immigrati abbiano contribuito per circa 5,5 miliardi di Euro attraverso il pagamento delle imposte dirette. Continuano ad aumentare anche gli imprenditori stranieri (+17%
nell'ultimo anno), nonostante una congiuntura economica tutt'altro che favorevole.
Sono quindi numeri importanti, che evidenziano come i lavoratori stranieri sono non solo una risorsa preziosa per le imprese e le famiglie dove sono occupati, ma anche e soprattutto una
presenza determinante per la crescita dell'intero sistema sociale e produttivo italiano.
Se l'Europa accoglie ogni anno 1 su 3 migranti, l'Italia, in posizione strategica e spesso di passaggio verso i Paesi nordici (come ci ricordano le numerose 'carrette del mare' che toccano le coste
del nostro Paese) è sicuramente molto coinvolta nel problema.
I dati ISTAT hanno registrato, a fine anno 2007, 3,5 milioni di residenti stranieri in Italia (+ 17,8% rispetto al 2006); gli assicurati INAIL (fonte D.N.A.) sono
circa 3 milioni (+ 15% circa rispetto al 2006). Le più recenti stime aggiungono un analogo numero di clandestini (fonte IRES-CGIL).
Il numero degli immigrati regolari ha raggiunto, in altri termini, circa il 6% della popolazione complessiva.
Circa i due terzi (64%) degli stranieri vive al Nord, un quarto (24%) al Centro e il 12% nel Mezzogiorno.
L'esame dei regolarizzati per ripartizione geografica pone il Nord-Est dell'Italia come l'area dove l'indice di regolarizzazione è più contenuto: 33,7 regolarizzati ogni 100 regolari
e il Sud come l'area col più alto indice (91,3).
La spiegazione può essere ricercata nel contesto economico più dinamico del Nord e nella maggiore presenza di lavoro temporaneo.
Sotto il profilo occupazionale l'ISTAT ha anche diffuso le prime stime sulla partecipazione al mercato del lavoro della popolazione immigrata basate sulla rilevazione continua delle forze di
lavoro.
Un dato interessante è che nei Paesi con una più lunga storia di immigrazione, i tassi di occupazione degli stranieri sono più bassi di quelli dei nazionali
dai 5 ai 10 punti percentuali (Regno Unito, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi); nei Paesi dell'Europa Mediterranea, dove il processo di immigrazione ha preso consistenza più
recentemente (ed in cui predomina ancora la prima generazione di immigrati), il tasso di occupazione degli stranieri supera quello dei nazionali (oltre il 65%; in Italia, oltre +
9% di quello generale della popolazione italiana).
La motivazione di tale dato è da ricercarsi nella struttura per età delle due popolazioni: la popolazione degli immigrati, infatti, dimostra una forte concentrazione nella classe di
età 'centrale' (25-44 anni) e bassa presenza su quella più anziana; all'opposto, quasi un italiano su cinque ha un'età compresa tra i 55 e i 64 anni.
Il 90% degli assicurati stranieri ha un contratto da dipendente (il 5% è assunto come internale); i restanti sono artigiani (6%; percentuale in crescita) e parasubordinati (4%).
Dal punto di vista settoriale i Servizi assorbono poco più della metà della forza lavoro straniera (53,7%) mentre il 41,8% è occupato nell'Industria, segnatamente nei settori
della Metalmeccanica e delle Costruzioni.
Tra la forza lavoro straniera, infine, la disoccupazione risulta concentrata nel Nord del Paese con un tasso oscillante intorno all'11%.
2003 | 2004 | 2005 | 2006 | 2007 |
---|---|---|---|---|
2,2 mln. | 2,3 mln. | 2,4 mln. | 2,5 mln. | 3,0 mln. |
(Femmine: circa il 40%, in lieve aumento) |
Dal 2003 al 2007: + 37%.
Il + 19,5% del 2007 rispetto al 2006, per lo più extracomunitari, risulta motivato:
per emersione di lavoro nero
per contratti stagionali di breve durata
Le comunità più numerose sono l'albanese, la marocchina, oltre alla rumena (un terzo del totale degli stranieri residenti)
Le comunità più vecchie in termini di presenza sono la filippina e la tunisina (oltre la metà di loro vivono in Italia da almeno 10 anni).
Si è insomma assistito ad un progressivo spostamento della migrazione da est a ovest, rispetto a quella da sud a nord dello scorso decennio.
50% dei lavoratori stranieri provengono da paesi europei; 23% dall'Africa; 15% dall'Asia
Romania 600 000
Albania 240.000
Marocco 210.000
A queste doverose premesse di ordine generale, si devono aggiungere alcune considerazioni circa il progressivo allargamento dell'Unione Europea, che ha, di fatto, divaricato la forbice del presunto
allineamento tra "immigrati" ed "extracomunitari", svuotando quest'ultima categoria di alcune comunità di grande rilievo dal punto di vista dell'incidenza infortunistica (in particolare:
Romania e Bulgaria, oltre a Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca...) e rendendo motivato il ricorso al termine di "lavoratori stranieri".
Ed ancora: dato atto della loro importanza nella società e nel mercato del lavoro italiano, non si può sottacere come i lavoratori stranieri subiscano di fatto significative
discriminazioni.
Tre campi valgano ad esempio: il differenziale retributivo, il sotto-inquadramento; gli infortuni sul lavoro
Se poi analizziamo il tasso infortunistico, quello degli stranieri è molto maggiore di quello dei lavoratori italiani: 40/1000 gli italiani; 47/1000 tutti gli stranieri; 60/1000 gli extracomunitari.
Considerando i Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, prospettiamo i seguenti dati:
Paese di nascita |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Ex-Yugoslavia |
61.637 |
61.908 |
61.461 |
63.524 |
63.448 |
Albania |
182.936 |
189.931 |
192.561 |
199.823 |
216.671 |
Grecia |
3.131 |
3.238 |
3.388 |
3.375 |
3.414 |
Turchia |
6.650 |
6.953 |
7.027 |
7.226 |
7.693 |
Israele |
916 |
960 |
1.002 |
1.039 |
1.094 |
Libano |
2.044 |
2.098 |
2.118 |
2.176 |
2.266 |
Egitto |
38.666 |
40.324 |
40.024 |
41.216 |
43.215 |
Libia |
10.894 |
10.656 |
10.399 |
10.165 |
9.978 |
Tunisia |
55.540 |
56.611 |
56.342 |
57.526 |
59.646 |
Algeria |
14.686 |
15.250 |
14.610 |
14.299 |
14.299 |
Marocco |
173.021 |
179.071 |
178.852 |
183.962 |
198.608 |
Croazia |
12.670 |
12.707 |
12.468 |
12.469 |
12.625 |
Slovenia |
2.600 |
2.765 |
3.107 |
3.820 |
4.456 |
TOTALE |
565.391 |
582.472 |
583.359 |
597.580 |
637.413 |
Paese di nascita |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
ALBANIA |
76 |
76 |
98 |
107 |
71 |
CROAZIA |
4 |
5 |
6 |
5 |
5 |
EGITTO |
2 |
1 |
1 |
||
GRECIA |
1 |
1 |
1 |
2 |
|
EX-JUGOSLAVIA |
28 |
41 |
27 |
23 |
19 |
LIBANO |
1 |
||||
LIBIA |
1 |
4 |
4 |
4 |
1 |
MAROCCO |
108 |
106 |
110 |
90 |
105 |
SLOVENIA |
2 |
1 |
|||
TUNISIA |
30 |
28 |
27 |
29 |
28 |
TURCHIA |
2 |
5 |
4 |
6 |
1 |
TOTALE |
252 |
265 |
281 |
266 |
233 |
Paese di nascita |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
ALBANIA |
742 |
711 |
597 |
589 |
537 |
CROAZIA |
19 |
21 |
12 |
13 |
8 |
EGITTO |
80 |
79 |
67 |
68 |
51 |
GRECIA |
1 |
2 |
1 |
1 |
3 |
ISRAELE |
2 |
2 |
|||
EX-JUGOSLAVIA |
155 |
145 |
132 |
110 |
98 |
LIBANO |
2 |
1 |
1 |
1 |
|
LIBIA |
6 |
7 |
5 |
6 |
7 |
MAROCCO |
728 |
814 |
677 |
642 |
588 |
SLOVENIA |
6 |
6 |
5 |
10 |
6 |
TUNISIA |
349 |
305 |
260 |
257 |
251 |
TURCHIA |
32 |
22 |
28 |
19 |
22 |
TOTALE |
2.120 |
2.115 |
1.785 |
1.717 |
1.572 |
Paese di nascita |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
ALBANIA |
1.378 |
1.471 |
1.609 |
1.695 |
1.847 |
CROAZIA |
176 |
131 |
165 |
148 |
168 |
EGITTO |
123 |
85 |
116 |
116 |
112 |
GRECIA |
31 |
17 |
36 |
21 |
37 |
ISRAELE |
7 |
5 |
6 |
10 |
6 |
Ex JUGOSLAVIA |
730 |
748 |
721 |
708 |
720 |
LIBANO |
19 |
18 |
17 |
13 |
9 |
LIBIA |
140 |
116 |
131 |
117 |
102 |
MAROCCO |
2.008 |
2.133 |
2.173 |
2.277 |
2.446 |
SLOVENIA |
31 |
33 |
33 |
33 |
32 |
TUNISIA |
376 |
389 |
398 |
409 |
397 |
TURCHIA |
28 |
25 |
32 |
43 |
50 |
TOTALE |
5.047 |
5.171 |
5.437 |
5.590 |
5.926 |
Paese di nascita |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
ALBANIA |
12.060 |
12.566 |
11.961 |
12.265 |
12.577 |
CROAZIA |
725 |
741 |
634 |
661 |
630 |
EGITTO |
2.209 |
2.368 |
2.172 |
2.215 |
2.323 |
GRECIA |
74 |
85 |
59 |
61 |
62 |
ISRAELE |
32 |
37 |
34 |
28 |
42 |
ExJUGOSLAVIA |
4.519 |
4.509 |
4.279 |
4.325 |
4.139 |
LIBANO |
79 |
79 |
100 |
67 |
81 |
LIBIA |
318 |
271 |
288 |
295 |
217 |
MAROCCO |
19.750 |
20.464 |
19.149 |
19.599 |
20.205 |
SLOVENIA |
102 |
120 |
121 |
146 |
142 |
TUNISIA |
5.822 |
5.808 |
5.351 |
5.392 |
5.389 |
TURCHIA |
462 |
534 |
516 |
507 |
488 |
TOTALE |
46.152 |
47.582 |
44.664 |
45.561 |
46.295 |
Mentre in Agricoltura il dato infortunistico appare sostanzialmente stabile per la popolazione lavorativa femminile ed in significativa diminuzione per gli occupati maschi, nell'Industria e Servizi
esso risulta in aumento per le donne, sostanzialmente stabile per i maschi (pur dando la dovuta considerazione all'incremento degli Assicurati).
Nel 2007, La quota di infortuni degli immigrati ha superato ormai il 15% del totale; le denunce complessive sono aumentate per i lavoratori stranieri, ma l'aumento
è stato consistente tra i migranti dei Paesi della U.E. (quasi il 150% in più) (dovuto all'ingresso nella U.E. -gennaio 2007- di Romania e Bulgaria; per lo stesso motivo sono
diminuiti gli infortuni per i Paesi extra U.E.)
Analoga lettura va data agli infortuni mortali: le denunce mortali degli stranieri rappresentano poco meno del 15% delle complessive, ma l'entrata tra i Paesi
comunitari della Romania, che notoriamente detiene il primato per i casi mortali, ha portato i Paesi dell'Unione a crescere di oltre due volte e mezzo, e la quota dei Paesi extracomunitari a
diminuire di oltre il 20%.
Una quota consistente degli infortuni avviene in attività dell'Industria e Servizi: al primo posto le Costruzioni; poi l'Industria dei Metalli; quindi Trasporti e Comunicazioni.
L'incidenza infortunistica (rapporto tra infortuni denunciati e lavoratori assicurati) è più elevata negli stranieri (soprattutto ricomprendendo Rumeni e Bulgari); la
spiegazione va ricercata nei settori in cui operano e nel tipo di attività svolte (mansioni più rischiose; turni di lavoro più lunghi; formazione professionale
carente..).
3 infortuni su 4 riguardano i maschi; il rapporto diventa 9 su 10 nel caso dei mortali (il 54% spetta alla classe di età 35-49 anni).
Marocco (16,6%) e Albania (10,7%), insieme alla Romania (come detto, dal 2007 U.E.: 12,7%) sono i Paesi che pagano il maggior tributo in termini di infortuni, con un 40% complessivo delle denunce;
segue la Tunisia (4,3%), quindi la ex-Iugoslavia (3,5%).
Per gli Infortuni mortali, il maggior tributo è pagato dalla Romania (23,6%), seguita dal Marocco (13,2%), dall'Albania (10,3%); a distanza la Ex-Iugoslavia e la Tunisia, entrambe con il 2,9%.
La riflessione conclusiva è pertanto che il massimo impegno va dedicato alla formazione e all'addestramento professionale e, superando le barriere linguistiche, alla creazione di una cultura
della sicurezza, parallelamente alla lotta contro il sommerso, in considerazione che l'Italia attira immigrazione irregolare più di altri Paesi europei, sia per la grande estensione delle
frontiere esterne verso paesi di emigrazione e di transito, sia per la peculiare espansione di economia 'informale' (servizi domestici, ricco tessuto di piccole imprese in cui il lavoro nero si
cela più facilmente).
Scorrendo e leggendo insieme questi numeri, ovvero i dati relativi agli infortuni sul lavoro anche mortali, tutti noi abbiamo pensato ed associato a questi numeri le parole come: 'straniero',
'immigrato', 'minoranza etnica', 'ineguaglianza', 'differenze', 'discriminazione', avendo ben chiaro quante implicazioni questi termini abbiano nella politica, nell'economia, nel sociale, in una
parola nella vita collettiva del Paese.
Ma sempre scorrendo e leggendo insieme questi numeri, riteniamo si debba oggi solo e soprattutto considerarli pensando ad altri termini, che hanno e rappresentano altri significati come:
'assimilazione', 'inserimento', 'integrazione'.
Ci piace riflettere e salutarvi nell'auspicio che la definizione che fu data nel 1989 dal Primo Ministro per l'Haut Conseil a l'Integration Francese, sia e diventi una realtà per tutti :
l'integrazione non deve essere intesa come una via di mezzo tra l'assimilazione e l'inserimento, ma come processo specifico: tramite questo processo si deve suscitare la partecipazione attiva alla società nazionale di elementi vari e diversi, accettando che sussistano specificità culturali, sociali e morali e considerando che tutto l'insieme si arricchisce di questa varietà e complessità. Senza negare le differenze, tenendone conto senza esaltarle, poiché una politica di integrazione deve sottolineare le somiglianze, le convergenze in modo da rendere solidali -nell'uguaglianza dei diritti e degli obblighi- le diverse componenti etniche e culturali della nostra società ed offrire ad ognuno, qualunque sia la sua origine la possibilità di vivere in questa società di cui ha accettato le regole e di cui diventa un elemento costituente
E noi aggiungiamo: in un ambiente lavorativo adeguato e... "sicuro"...!
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