Sono girate in alcuni Convegni ma non sono ancora disponibili [i]\"per tutti\"[/i] le proposte di modifica del 626.
Se quel che tuona si tradurrà in legge la [b]\"semplificazione\"[/b] rischia di tradursi in un ulteriore diminuzione reale del \"peso\" della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e quindi di un ulteriore ridimensionamento degli interventi e della qualità della medicina del lavoro nel nostro paese.
Attendiamo le proposte e le prese di posizione dei partiti e delle Associazioni Scientifiche e Professionali per poterle pubblicare e intanto rimandiamo alla presa di posizione di CGIL-CISL-UIL di cui pubblichiamo alcuni stralci nel \"testo completo della news\". Ci sembrano interessanti e da discutere, fra l\'altro, le proposte contenute nell\'ultima parte del documento riguardanti il Medico Competente e la Sorveglianza Sanitaria.
[b]Documento CGIL CISL UIL sulla delega al Governo in materia di salute e sicurezza[/b]
[u](Il testo completo si trova nei rispettivi siti web)[/u]
Parte I - Un approccio globale
La lettura non frettolosa degli andamenti del fenomeno infortunistico e delle malattie da lavoro negli ultimi anni e la constatazione di un'incompleta e ancora troppo formale applicazione della normativa vigente, motivano - ancora oggi - la scelta di Cgil Cisl Uil - sancita dall'Assemblea nazionale unitaria degli Rls/Rlst a Modena nel settembre 2000 e confermata da quella del 2002 - di fare del miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza, soprattutto nelle piccole e piccolissime imprese, e dell'estensione del diritto alla salute e alla sicurezza a tutte le nuove forme di lavoro e a tutti i settori di lavoro, un obiettivo strategico del sindacato.
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Il sistema di welfare
Altrettanto decisivo è però anche l'intervento sul versante dei sistemi di tutela sociale del lavoro: sanità, previdenza, assistenza e ammortizzatori sociali, escludendo tagli alla spesa che li stravolgano o li vanifichino.
A partire dalla tutela assicurativa degli infortuni e delle malattie professionali le cui regole devono essere ripensate ed estese - a tutte le nuove forme di lavoro, dipendente e autonomo e a tutti i settori - affinché possano diventare un vero e proprio "incentivo strutturale" per le imprese che attuano la "prevenzione sistematica e partecipata" degli infortuni e delle malattie da lavoro prevista dalle direttive Ue, dalle convenzioni Oil e spesso dalla stessa contrattazione.
Allo stesso modo il sistema assicurativo e gli strumenti del welfare debbono essere impostati esplicitamente in modo tale da rappresentare anche "un disincentivo strutturale" per chi - eludendo o violando leggi e contratti - scarica sul singolo lavoratore, sulla sua famiglia e sulla collettività il dramma e i costi di infortuni, malattie, disagi e inidoneità che nessun mercato del lavoro, nessun sistema sanitario, nessun sistema pensionistico, nessun sistema di ammortizzatori sociali riesce più ad assorbire e risanare
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Le politiche istituzionali
Altro terreno di intervento prioritario è quello della definizione delle politiche pubbliche di prevenzione nei luoghi di lavoro:
- elaborazione di un programma nazionale in materia di salute e sicurezza e verifica degli obiettivi previsti dal Piano sanitario nazionale, e loro eventuale ridefinizione alla luce degli orientamenti espressi dalla attuale Strategia comunitaria in materia di salute e sicurezza del lavoro e dall'attuale Piano di lavoro comunitario per gli anni 2003 2006. La verifica dovrà essere attuata mediante confronto delle istituzioni nazionali, regionali e delle parti sociali tramite anche le loro reti di Organismi bilaterali;
- costruzione del "Sistema informativo orientato alla comparazione e alla valutazione di obiettivi processi ed esiti" che permetta di monitorare le azioni della programmazione concorrente, attuata mediante la definizione dei Piani regionali e i loro finanziamento, e di individuare indicatori di processo e di esito specificamente orientati, questi ultimi, a valutare i successi dell'impatto delle azioni promosse dal SS sullo stato di salute dei lavoratori
- riorganizzazione e potenziamento delle funzioni di vigilanza in materia di salute e sicurezza nell'ambito dell'assetto istituzionale regionale garantendo il pieno esercizio dei Servizi di prevenzione salute e sicurezza del lavoro delle Asl;
- azioni e programmi di facilitazione e sostegno in particolare per le Pmi e i lavoratori autonomi da gestire con il coinvolgimento delle parti sociali e delle loro reti di Organismi bilaterali;
- azioni organiche del sistema scolastico e della formazione continua per la promozione e sostegno della cultura della prevenzione;
- costruzione di un Sistema nazionale articolato anche a livello locale per la rilevazione dei bisogni informativi e il trasferimento dei contenuti della ricerca, delle conoscenze e delle buone pratiche alle piccole imprese, ai lavoratori autonomi, ai lavoratori e ai datori di lavoro e alle loro associazioni e organizzazioni.
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L'attuale Governo - fin dall'inizio della legislatura, con un apposito capitolo del Libro bianco - aveva annunciato l'urgenza di un riordino della complessa normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.
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dopo la presentazione del ddl di iniziativa governativa denominato "legge di Semplificazione annuale 2002", contenente, all'art. 3, la delega al Governo per il riassetto normativo - Cgil Cisl Uil avevano chiesto a più riprese - anche indicendo un'apposita conferenza stampa unitaria (19 dicembre 2002) - lo stralcio dell'art. 3. ritenendo l'ambito della legge di semplificazione improprio e generatore di ambiguità nelle aspettative delle varie parti interessate per i seguenti motivi:
1. perché i criteri delega sono pericolosi: si vogliono adattare le norme alle esigenze delle imprese, si vuole manomettere il sistema sanzionatorio, alleggerire le attività di vigilanza, ecc.;
2. perché c'è un tentativo di sostituire un sistema di norme vincolanti ed esigibili con un sistema di norme volontarie e di "buone pratiche" che invece deve essere usato per promuovere l'applicazione della normativa vigente, ecc.,
3. perché non si possono confondere le esigenze e gli interventi di semplificazione di adempimenti di natura amministrativa previsti dalla normativa vigente - più che giustificati e legittimi - con l'esigenza e l'intervento di ben diversa e più ampia portata quale è quello del riordino dell'intero quadro normativo in materia di salute e sicurezza, azzerando peraltro un dibattito ed un cammino iniziato, con alterne vicende, fin dal 1978 e intensificatosi nel corse delle due ultime legislature,
4. perché non si può sottrarre al Parlamento la competenza in una materia così delicata e di rilievo costituzionale,
5. perché su questi temi non si può intervenire sottraendosi di fatto ad un confronto di merito con le parti sociali,
6. perché non tiene conto delle conseguenze delle scelte di revisione costituzionale in atto (art. 117),
7. perché un riassetto normativo malfatto espone il nostro paese al rischio di ulteriori sentenze di condanna da parte della corte di Giustizia europea.
Ad oggi, il Governo non ha dato risposta alle istanze di Cgil Cisl Uil, con ciò attuando, anche sulla delega in materia di salute e sicurezza, un approccio unilaterale: affidare ad un piccolo gruppo di "esperti" la redazione dei decreti attuativi e riservare solo in extremis uno spazio di pura facciata per la consultazione delle parti sociali e istituzionali interessate.
Proposte del Sindacato Linee generale per il riassetto della normativa sulla sicurezza.
Ai fini della elaborazione di un Codice sulla sicurezza del lavoro si dovrebbe innanzitutto tener conto anche del lavoro avviato nella passata legislatura nell'ottica di una razionalizzazione della disciplina esistente più che di un ulteriore produzione normativa.
Si tratta al riguardo di procedere prevalentemente ad un riordino ed armonizzazione, e non ad una totale riscrittura, della disciplina esistente, con probabile esposizione del nostro Paese al rischio di ulteriori sentenze di condanna da parte della Corte di Giustizia europea.
Peraltro la stessa struttura del d.lgs.n.626/94 - che si articola in una parte generale, in titoli specifici ed in una serie di allegati - già configura tale provvedimento come base per un possibile codice sulla sicurezza del lavoro.
Pare dunque preferibile riferirsi al testo del d.lgs.n.626/1994 ed integrarlo o modificarlo a seconda dei problemi e delle esigenze che si sono manifestate in questi anni sul piano della pratica applicazione, delle novità introdotte dagli ultimi recepimenti - si pensi al D,lgs 25/2002 sugli agenti chimici - ecc.
In tale opera particolare attenzione andrebbe posta, tra i principi generali:
- all'estensione della disciplina protettiva a tutti i settori di attività e a tutti i lavoratori indipendentemente dal tipo di contratto stipulato, mediante la revisione della definizione di "lavoratore", di cui all'art.2, lett.a), d.lgs.n.626/1994
- al rispetto delle esigenze di sicurezza nella programmazione del processo produttivo, considerando la protezione della salute dei lavoratori non un elemento a sé stante, subordinato e conseguente alle scelte tecniche ed organizzative, ma, al contrario, un momento tipico ed ordinario dell'organizzazione dell'attività produttiva. A tal fine va richiamato il contenuto dell'obbligo di sicurezza, di cui all'art.2087 cod.civ., così come integrato dai principi posti dal d.lgs.n.626/1994, quali l'espresso riferimento anche alla tutela dell'integrità psico-fisica del lavoratore;
- alle differenze esistenti tra piccola e grande impresa sul versante del sostegno e dei servizi offerti dalle politiche pubbliche e dal sistema di incentivi e norme premiali, introdotto solo in via sperimentale (es. incentivi Inail) nel periodo più recente, che tuttavia ha mostrato forti limiti di raccordo con le esigenze espresse ad esempio dagli Organismi paritetici delle parti sociali in nome e per conto delle imprese e dei lavoratori.
Riguardo alla parte della normativa specifica si tratterà poi di procedere ad una più profonda opera di riordino e di armonizzazione della disciplina contenuta nel d.lgs.n.626/1994 con quella previgente (si pensi alle norme sugli ambienti di lavoro, sulle attrezzature di lavoro e sui dispositivi di protezione individuale, per larga parte ancora contenute nei d.p.r. n.547/1955 e n.303/1956) fornendo un quadro per quanto possibile unitario della normativa esistente. Così, tra l'altro, le norme relative alla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione al piombo, all'amianto ed al rumore, di cui al d.lgs.n.277/1991, insieme a quelle di futura emanazione concernenti singoli agenti e fattori di rischio, potrebbero essere utilmente riportate, quali ulteriori titoli specifici, nel testo del decreto 626.
Nella parte conclusiva, accanto agli allegati concernenti le prescrizioni di rinvio delle disposizioni generali e di quelle contenute nei titoli specifici, potrebbero infine essere utilmente riportate le determinazioni di natura più strettamente tecnica ed operativa, da assumere mediante regolamenti, da aggiornare in base al progresso scientifico e tecnologico (ad esempio in tema di valutazione dei rischi, di formazione, di requisiti di sicurezza dei macchinari) in modo da fornire un quadro completo e di agevole consultazione per gli operatori.
Aspetti specifici - Campo di applicazione e definizioni
In merito al campo di applicazione - oggettivo (attività) e soggettivo (soggetti destinatari) - anche alla luce dei più recenti orientamenti Ue (Strategia 2002-2006, direttiva 2003/10 sul rumore e Raccomandazione del Consiglio 18/2/03 sui lavoratori autonomi) sarà necessario:
a) da un lato eliminare o ridurre i settori attualmente esclusi dal campo di applicazione della normativa vigente (si pensi ai trasporti che sono esclusi dal campo di applicazione del D.Lgs 277/91) o quelli per i quali sono state previste - art. 1 comma 2 del D.Lgs 626/94 o regolamentazioni specifiche o deroghe non giustificate (si pensi alla scuola);
b) dall'altro estendere il campo di applicazione soggettivo - per alcuni aspetti da definire (informazione, formazione, aggiornamento, [b]sorveglianza sanitaria[/b], ecc.) - alla fattispecie dei lavoratori autonomi e di altre figure giuridiche quali ad esempio le agenzie di lavoro interinale e - anche per altri aspetti - prevedere modalità applicative per la miriade di nuove forme di lavoro comunque assimilabili al lavoro dipendente (tele lavoro, lavoro temporaneo, collaborazioni coordinate. Ecc.).
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Aspetti specifici - Sistema sanzionatorio
1) Particolare cura andrà posta nel verificare che il sistema di sanzioni penali e amministrative attualmente poste a presidio delle principali norme di prevenzione sia reso più efficace e non vanificato o, peggio, manomesso.
Inidoneità -mercato del lavoro e ammortizzatori sociali
E' ormai urgente intervenire con poche norme quadro - e con eventuali rinvii alla contrattazione - sull' obbligo/onere per le imprese e per il sistema di welfare di farsi carico, anche economicamente, della cura, della riabilitazione, della eventuale riqualificazione professionale, dell'individuazione di corsie preferenziali per la ricollocazione certa al lavoro, di tutto quel personale [b]divenuto inidoneo alla mansione[/b] a causa di infortuni o malattie occorse sul lavoro. Allo stesso modo - sul versante contrattuale - si dovrebbero escludere, ad esempio, le assenze derivanti da infortuni o malattie correlate al lavoro dal computo dei "periodi di comporto".
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Tra gli adempimenti maggiormente critici del D.Lgs 626/94 figurano quelli connessi all'obbligo di istituzione del Servizio di prevenzione e protezione e - specie dopo il varo del D.Lgs 25/2002 - al ruolo assegnato al [b]Medico competente e alla sorveglianza sanitaria[/b].
Questa criticità è particolarmente evidente nelle piccole e piccolissime imprese.
Vale la pena di sottolineare che analoghe criticità si sono evidenziate anche a livello comunitario - e dipendono soprattutto dalla mancata esplicitazione della funzione della [b]medicina del lavoro e della sorveglianza sanitaria[/b] nell'ambito delle funzioni del Spp.
La Commissione Ue ha tentato di fronteggiare queste difficoltà incaricando un gruppo di lavoro del Comitato consultivo tripartito di Lussemburgo - denominato "Servizi multidisciplinari e sorveglianza sanitaria" - di elaborare proposte condivise di miglioramento delle modalità di applicazione del dettato della direttiva quadro 89/391 ed anche - se del caso - proposte di modifica della stessa direttiva. L'iniziativa purtroppo non è stata coronata da successo per l'ostilità dimostrata in primo luogo dalle associazioni imprenditoriali rappresentate dall'Unice ma anche da diversi stati membri (in particolare il Regno Unito).
Tutto ciò premesso appare evidente che un riassetto normativo a livello nazionale non può eludere - sul punto fondamentale dell'obbligo per il datore di lavoro di istituire il Spp e dell'obbligo per lo Stato membro di definire: a) i requisiti di qualificazione dei Spp e, di garantire: b) che i lavoratori "godano di una [b]sorveglianza sanitaria adeguata[/b]" - soluzioni normative e regolamentari più precise, che tengano tuttavia conto anche dei problemi delle piccole imprese e che siano sufficientemente uniformi sul territorio nazionale.
In questo ambito, un aspetto in particolare deve essere definitivamente chiarito: l'obbligo per ogni datore di lavoro - anche nelle microimprese - di avvalersi delle competenze necessarie, ivi comprese quelle del [b]medico competente[/b], nel processo di valutazione dei rischi, nella scelta delle misure di prevenzione e protezione e nell'aggiornamento di entrambi e nell'attività di formazione ed informazione dei lavoratori all'interno dell'azienda.
L'intervento organico di monitoraggio delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori da parte del [b]medico competente[/b] sarà determinante nei riguardi di tutti i rischi, ma in particolare, nei riguardi dell'esposizione ad agenti pericolosi e a fattori psicosociali - richiamati espressamente nella comunicazione della commissione europea "Nuove strategie in materia di salute e sicurezza per il quadriennio 2002-2006".
La nuova normativa deve pertanto evidenziare un vincolo - oggi solo implicito e proprio per questo eluso con la conseguenza che molti rischi non vengono individuati, valutati e ridotti al minimo - ad un approccio integrato, multidisciplinare da parte del Servizio di prevenzione e protezione e del [b]medico competente[/b] nel processo di individuazione e gestione del rischio in azienda.
Inoltre, nelle definizioni, sarà opportuno prevedere per i [b]medici competenti in possesso di laurea in medicina legale o igiene[/b], alla luce delle modifiche apportate dall'art. 1bis del D.L.402/2001, percorsi formativi integrativi per quelle aree di conoscenza e competenza non possedute, perché non comprese e previste nei piani di studi dei percorsi di laurea su richiamati e, per tutti, un aggiornamento periodico obbligatorio