Qualcuno ha affrontato il problema della definizione di lavoratore notturno? Mi spiego meglio: stando alla norma viene specificata una fascia oraria ed un minimo di giornate (80/anno) per cui i lavoratori debbono essere considerati esposti a questo rischio, in mancanza di norme specifiche previste dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro che definiscano diversamente le cose.
Il mio quesito e ' il seguente: i lavoratori che svolgano il turno di notte 1 notte su 5 e che restano pertanto esclusi dalla definizione precedente sono esclusi dalla nostra competenza (in assenza di altri rischi, ovviamente)? Mi capita il caso di una centralinista d 'ospedale che mi ha consultato in modo specifico per difficolta ' a svolgere i turni di notte e sto cercando di stabilire se devo valutarla io a inviarla in collegiale.
In mancanza di ulteriori precisazioni del Ministero si può solo dare una interpretazione del testo della normativa. Da questa si evincono due possibilità per individuare il "lavoratore notturno". Una è quella di cui parla il Collega: nel caso di introduzione di lavorazioni notturne e quando il Contratto di Lavoro non lo preveda già sono previsti requisiti come fascia oraria e un minimo di giornate l 'anno la necessità di contrattazione, comunicazione all 'Ispettorato ecc. l 'altra è la regolamentazione del lavoro notturno già prevista nel Contratto Collettivo di Lavoro. In questo caso deve essere attivata la sorveglianza sanitaria. Per quanto riguarda la possibilità comunque di "ufficializzare" l 'esistenza di questo "rischio" riteniamo che debba essere un compito del Datore di Lavoro con l 'apporto "tecnico" del SPP e del MC. Solo a seguito di una definizione ufficiale si potrà decidere se sottoporre il dipendente a visita con espressione del giudizio di idoneità o inviarlo comunque alla Commissione ex art. 5 comma 3 della Legge 300/70.
Il lavoro notturno oltre a rappresentare un fattore di rischio per la salute (diciamo pure che per il medico del lavoro è storia vecchia), puo 'essere considerato un fattore di rischio sociale? Il lavoratore (e forse di piu ' la lavoratrice) che è costretto a ridurre in modo drastico i rapporti sociali e soprattutto familiari, le lavoratrici madri, i separati con figli a carico ... sono soggetti "particolarmente suscettibili" agli effetti stress indotto da tale attività? Possiamo allora considerare certi stati sociali un fattore moltiplicativo del rischio? Ciao a tutti
Alla ricerca di un aiuto.
Un Centralinista ipovedente,così riconosciuto nelle opportune sedi medico-legali e per questo assunto nelle categorie protette, chiede di essere occupato anche nel turno di notte. Il DL chiede il mio giudizio.
Premesso che il numero dei Centralinisti è tale per cui non vi è necessità organizzativa di impiegare nel turno notturno il nostro, che l 'attuale organizzazione prevede la presenza di una sola unità a ricoprire il turno notturno, che il Centralino Ospedaliero è posto in un edificio totalmente distinto dal corpo di fabbrica principale e da questi rimane fisicamente "isolato" dalle ore 22.00 alle ore 06.00.
Come comportarsi nel formulare il giudizio di idoenità specifica rischiesto dal DL?
Preciso che sono orientato a giudicare il lavoratore si idoneo al lavoro specifico purchè affiancato da altro lavoratore normodotato e, conseguentemente, stante l 'organizzazione del lavoro sopradescritta, non idoneo al lavoro notturno nella convinzione che non sarebbe garantita l 'incolumità e la sicurezza del lavoratore ipovedente.
Condividete la mia valutazione?
A quali specifiche norme fare eventualmente riferimento?
Avete altri suggerimenti da darmi?
Grazie, buon lavoro
Trattandosi di categoria protetta, la competenza non dovrebbe essere della commissione ex art. 68? Il medico competente potrebbe esprimersi con un giudizio di idoneita ' se la mansione di centralinista fosse considerata a rischio per lavoro notturno (turno notturno per almeno 80 giorni/anno), ma non dovrebbe esprimersi in caso contrario, sempre che non coesistano altri rischi tabellati. A me e ' successo di dare comunque un parere per un portiere centralinista, in attesa della valutazione della commissione ex art. 68 che puo ' avere tempi lunghi.
errata corrige: mi sono resa conto che ho sbagliato la citazione non art. 68, ma legge 68 (collocamento al lavoro disabili). Scusate.
Chiedo un confronto con i medici competenti di aziende sanitarie. Per un infermiera portatrice di ambliopia congenita in OD (ombra luce) e 10/10 in OS con correzione e degenerazione retinica periferica bilaterale laser trattata, l 'oculista di fiducia dell 'interessata mi ha espressamente scritto, oltre all 'astensione da sforzi fisici violenti o prolungati, anche l 'astensione da applicazione visiva in condizioni non ottimali (scarsa illuminazione). Secondo voi devo:
a)controindicare il turno notturno (ma allora lo dovrei fare anche per uno stuolo di miopi che soffrono di emeralopia/nictalopia);
b) ignorare tale indicazione dell 'oculista, dato che l 'infermiera mi ha consultato proprio per evitare un temuto spostamento da un ambulatorio ad un reparto;
c) farle fare una visita oculistica dal nostro servizio oculistico ponendo il quesito specifico.
N.B. in genere richiedo una visita oculistica interna, ma da oltre un mese mi hanno bloccato tali consulenze e l 'interessata, che ha premura, mi ha portato tale certificato!
Grazie per il contributo che vorrete darmi
Secondo me l 'astensione da applicazione visiva in condizioni non ottimali non corrisponde pedissequamente a non possibilità di lavoro notturno. Dovremmo sapere qualcosa in più sulla tipologia della sua mansione ma da quanto dici dovrebbe essere un ambulatorio (che lavoro notturno ci si svolge?!?). Se l 'attività non obbliga a repentini spostamenti (es. corsie e ambulatori d 'emergenza), ad immissione dati o altre applicazioni al computer, a frequenti spostamenti presso magazzini, sottoscala ecc. non credo proprio che dovresti limitare la sua idoneità.
Un ulteriore problema introdotto da questo decreto è la garanzia di assegnazione ad altre mansioni in caso di inidoneità al lavoro notturno (vedi art.6.). Questo fatto, se apparentemente sembra rendere la vita più facile al medico competente, credo apra invece la strada a maggior opportunità di contenzioso laddove il lavoro notturno costituisca unico rischio professionale, trasformando di conseguenza un 'idoneità con prescrizione in una non idoneità alla mansione specifica. Il datore di lavoro non può fare valere la giusta causa per il licenziamento (ammesso che l 'articolo 6 del d.lgs.532/99 sia in grado di invalidare le norme sui licenziamenti individuali) e quindi si trova a dover gestire un dipendente che non può integrare nell 'attività produttiva. Pur considerando questa eventualità come estrema e poco ipotizzabile nel concreto, temo che il medico competente si possa trovare in difficoltà a sostenere un giudizio di idoneità con prescrizione, che in molti casi si basa su patologie per le quali il ruolo aggravante del lavoro notturno rappresenta un fattore il cui peso è di difficile determinazione. Mi interesserebbe sapere se qualche collega ha già avuto un 'esperienza nella gestione di questo aspetto.
Nel caso specifico si tratta di un 'infermiera che e ' collocata in un ambulatorio esclusivamente diurno e li ' problemi zero. Ma all 'interno dell 'azienda c 'e ' grande movimento. Stanno riorganizzando servizi e reparti e molto personale infermieristico verra ' spostato. Nel caso specifico l 'interessato dovrebbe andare in un reparto di degenza in turno, anche notturno ovviamente. Da cui il certificato ed il dubbio sull 'idoneita ' al lavoro notturno.
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