Riporto alcuni stralci dal sito ufficiale ANMA del documento "Proposte di modifica D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81" del 26 ottobre 2008:
"In conclusione è opinione della nostra Associazione che l’impianto del TU, oltre a migliorare la definizione del ruolo del medico competente, ne tuteli la figura professionale.
Altresì riteniamo che vi siano non pochi aspetti migliorabili in ordine alla sua applicazione pratica, quali la chiarezza sul suo ruolo nel processo di valutazione del rischio e la necessità di semplificare la cartella sanitaria e di rischio creando un modello che delinei la struttura del documento e consenta al medico competente di svolgere il proprio compito in modo completo, ma contemporaneamente dinamico e snello."
"L’art. 12, comma 1 non elenca le Associazioni scientifiche e professionali tra gli enti autorizzati ad inoltrare quesiti all’apposita Commissione per gli interpelli,.
Ci risulta incomprensibile questa esclusione (o dimenticanza) poiché queste Associazioni sono costituite da addetti ai lavori che applicano direttamente sul campo le normative, cogliendone in modo più immediato le eventuali criticità interpretative ed applicative."
"La nostra Associazione ha partecipato attivamente alla discussione sul D. Lgs 81/08 e molte delle sue proposte avanzate per migliorare la qualificazione professionale del Medico competente trovano riscontro nel Decreto."
"L’introduzione, nel pieno rispetto dei principi, di elementi di flessibilità nelle modalità applicative, faciliterebbe l’attuazione di molte disposizioni"
Ovviamente il documento dice molte altre cose, e altre le ignora.
Se i Giusti non si oppongono sono già colpevoli ("Gracchus" Babeuf)
ramses il 27/10/2008 09:16 ha scritto:
Riporto alcuni stralci dal sito ufficiale ANMA del documento "Proposte di modifica D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81" del 26 ottobre 2008:
"In conclusione è opinione della nostra Associazione che l’impianto del TU, oltre a migliorare la definizione del ruolo del medico competente, ne tuteli la figura professionale.
Altresì riteniamo che vi siano non pochi aspetti migliorabili in ordine alla sua applicazione pratica, quali la chiarezza sul suo ruolo nel processo di valutazione del rischio e la necessità di semplificare la cartella sanitaria e di rischio creando un modello che delinei la struttura del documento e consenta al medico competente di svolgere il proprio compito in modo completo, ma contemporaneamente dinamico e snello."
"L’art. 12, comma 1 non elenca le Associazioni scientifiche e professionali tra gli enti autorizzati ad inoltrare quesiti all’apposita Commissione per gli interpelli,.
Ci risulta incomprensibile questa esclusione (o dimenticanza) poiché queste Associazioni sono costituite da addetti ai lavori che applicano direttamente sul campo le normative, cogliendone in modo più immediato le eventuali criticità interpretative ed applicative."
"La nostra Associazione ha partecipato attivamente alla discussione sul D. Lgs 81/08 e molte delle sue proposte avanzate per migliorare la qualificazione professionale del Medico competente trovano riscontro nel Decreto."
"L’introduzione, nel pieno rispetto dei principi, di elementi di flessibilità nelle modalità applicative, faciliterebbe l’attuazione di molte disposizioni"
Ovviamente il documento dice molte altre cose, e altre le ignora.
......meno male che non sono più socio ANMA........
ramses il 27/10/2008 09:16 ha scritto:
Riporto alcuni stralci dal sito ufficiale ANMA del documento "Proposte di modifica D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81" del 26 ottobre 2008:
"In conclusione è opinione della nostra Associazione che l’impianto del TU, oltre a migliorare la definizione del ruolo del medico competente, ne tuteli la figura professionale.
Altresì riteniamo che vi siano non pochi aspetti migliorabili in ordine alla sua applicazione pratica, quali la chiarezza sul suo ruolo nel processo di valutazione del rischio e la necessità di semplificare la cartella sanitaria e di rischio creando un modello che delinei la struttura del documento e consenta al medico competente di svolgere il proprio compito in modo completo, ma contemporaneamente dinamico e snello."
"L’art. 12, comma 1 non elenca le Associazioni scientifiche e professionali tra gli enti autorizzati ad inoltrare quesiti all’apposita Commissione per gli interpelli,.
Ci risulta incomprensibile questa esclusione (o dimenticanza) poiché queste Associazioni sono costituite da addetti ai lavori che applicano direttamente sul campo le normative, cogliendone in modo più immediato le eventuali criticità interpretative ed applicative."
"La nostra Associazione ha partecipato attivamente alla discussione sul D. Lgs 81/08 e molte delle sue proposte avanzate per migliorare la qualificazione professionale del Medico competente trovano riscontro nel Decreto."
"L’introduzione, nel pieno rispetto dei principi, di elementi di flessibilità nelle modalità applicative, faciliterebbe l’attuazione di molte disposizioni"
Ovviamente il documento dice molte altre cose, e altre le ignora.
....io purtroppo lo sono ancora... e vabbè, posso sbagliare anche io....
Sergio Truppe
................................................................
"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"
Per fortuna non lo sono mai stato!
"Studia prima la scienza, e poi seguita la pratica, nata da essa scienza. Quelli che s'innamoran di pratica senza scienza son come 'l nocchier ch'entra in navilio senza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada"
LEONARDO DA VINCI
ramses il 27/10/2008 09:16 ha scritto:
Riporto alcuni stralci dal sito ufficiale ANMA del documento "Proposte di modifica D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81" del 26 ottobre 2008:
"In conclusione è opinione della nostra Associazione che l’impianto del TU, oltre a migliorare la definizione del ruolo del medico competente, ne tuteli la figura professionale.
Altresì riteniamo che vi siano non pochi aspetti migliorabili in ordine alla sua applicazione pratica, quali la chiarezza sul suo ruolo nel processo di valutazione del rischio e la necessità di semplificare la cartella sanitaria e di rischio creando un modello che delinei la struttura del documento e consenta al medico competente di svolgere il proprio compito in modo completo, ma contemporaneamente dinamico e snello."
"L’art. 12, comma 1 non elenca le Associazioni scientifiche e professionali tra gli enti autorizzati ad inoltrare quesiti all’apposita Commissione per gli interpelli,.
Ci risulta incomprensibile questa esclusione (o dimenticanza) poiché queste Associazioni sono costituite da addetti ai lavori che applicano direttamente sul campo le normative, cogliendone in modo più immediato le eventuali criticità interpretative ed applicative."
"La nostra Associazione ha partecipato attivamente alla discussione sul D. Lgs 81/08 e molte delle sue proposte avanzate per migliorare la qualificazione professionale del Medico competente trovano riscontro nel Decreto."
"L’introduzione, nel pieno rispetto dei principi, di elementi di flessibilità nelle modalità applicative, faciliterebbe l’attuazione di molte disposizioni"
Ovviamente il documento dice molte altre cose, e altre le ignora.
Per precisione allego il testo completo del documento dell'ANMA, che è sicuramente discutibile nelle conclusioni, invece condivisibile in molte proposte di modifica, che non si discostano granchè da ciò che viene scritto nel nostro sito. E' molto meglio essere uniti e non creare polemiche sterili, se vogliamo raggiungere qualche risultato.
Quasi tutti i desideri del povero sono puniti con la prigione (Celine)
Scusate...
ASSOCIAZIONE NAZIONALE MEDICI D’AZIENDA E COMPETENTI
20123 MILANO – VIA SAN MAURILIO 4
TELEFONO 0286453978 – FAX 0286913115 – E-MAIL:
maurilio@mclink.it - SITO WEB: https://www.anma.it
Proposte di modifica
D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81
26 ottobre 2008
ANMA - Proposte di modifica D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81- 26 ottobre 2008
Primi mesi di applicazione del D.Lgs. 81/2008:
le criticità riscontrate dai medici competenti e proposte per un loro
superamento
Premessa
Il Decreto legislativo 81/2008, rispetto all’abrogato D.Lgs. 626/94, è particolarmente innovativo in
molti aspetti dei “Principi comuni” enunciati nel Titolo I, ma prevede anche numerose novità
significative nei Titoli successivi compresi quelli dedicati alla regolamentazione dell’esposizione
professionale ai rischi specifici.
La valutazione dei rischi, l’individuazione e l’attuazione delle misure di tutela, compresa la
sorveglianza sanitaria, sono aree di sicura innovazione che comportano forti riflessi sull’attuazione del
D. Lgs 81/08.
La nostra Associazione ha partecipato attivamente alla discussione sul D.Lgs 81/08 e molte delle sue
proposte avanzate per migliorare la qualificazione professionale del Medico competente trovano
riscontro nel Decreto.
L’impegno profuso in questi primi mesi di applicazione del D.Lgs 81/08 dai medici competenti per
rispondere alle nuove disposizioni, sta evidenziando numerose difficoltà applicative anche per la
presenza di disposizioni talora ambigue dal punto di vista interpretativo.
Questa situazione, alla luce del notevole ampliamento ed appesantimento del quadro sanzionatorio, sta
suscitando tra i medici competenti viva preoccupazione assieme alla percezione che gli aumentati
adempimenti formali possano di fatto soffocare la crescita dei livelli di prevenzione auspicata dal D.
Lgs. 81/2008.
Infatti, considerata la struttura del tessuto produttivo nazionale, i medici competenti svolgono la loro
attività professionale prevalentemente in micro, piccole e medie imprese (PMI), la cui organizzazione,
compresa quella sanitaria, risulta spesso incompatibile con la rigidità di alcuni precetti del decreto e
che analizzeremo di seguito.
L’introduzione, nel pieno rispetto dei principi, di elementi di flessibilità nelle modalità applicative,
faciliterebbe l’attuazione di molte disposizioni, introducendo nella gestione della tutela della salute sul
lavoro, specialmente nelle PMI, aspetti di “semplificazione”, obiettivo auspicato anche dal legislatore
durante tutto l’iter che ha portato alla promulgazione del TU.
Le seguenti note sono il risultato del vivace dibattito in atto tra i medici competenti dell’ANMA, ma
non solo, tutti addetti ai lavori che operano quotidianamente sul campo.
Criticità e proposte
LA NOMINA DEL MEDICO COMPETENTE
Si legge un’incongruenza tra l’art. 2, comma 1, lettera h) e l’art. 18, comma 1, lettera a). Il primo
articolo dispone la nomina del medico competente da parte del datore di lavoro, mentre l’art. 18,
comma 1, lettera a) prevede che la stessa può essere anche compito dei dirigenti “che organizzano e
dirigono le stesse attività (del datore di lavoro) secondo…”.
Al di là dell’ambiguità, appare incomprensibile e contraddittorio in una logica di sistema di gestione
della salute e della sicurezza quale quello auspicato dall’art. 30, che la nomina del medico competente
non rientri tra gli obblighi non delegabili del datore di lavoro com’è, giustamente, quella del
responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
Riteniamo che l’ambiguità debba essere risolta anche perché temiamo, sull’onda della nostra
esperienza, che essa possa incentivare nel sistema aziendale e nella catena delle responsabilità la
convinzione che le attività di tutela della salute abbiano un rango inferiore rispetto a quelle di
sicurezza tecnica.
Proponiamo pertanto l’integrazione dei successivi articoli:
Proposta
Art. 2, c. 1, h): “medico in possesso….,che è nominato dal datore di lavoro per effettuare tutti i
compiti previsti a suo carico dal presente decreto”
Art. 17, comma 1: “il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:….c) la nomina del
medico competente”
LA DEFINIZIONE DI SALUTE (ART. 2 COMMA 2 LETTERA O)
La definizione di salute di cui all’art. 2, comma 1, lettera o) mutuata dall’OMS andrebbe meglio
contestualizzata tenendo conto che il “completo benessere fisico, mentale e sociale” è uno stato che
non dipende soltanto dalle conseguenze dell’interazione uomo – lavoro.
Allo scopo di contestualizzare questo stato, proponiamo la seguente definizione:
Proposta
Art. 2, comma 1, lettera o): “salute”: “benessere fisico, mentale e sociale conseguito attraverso
l’adozione di un insieme di misure preventive e protettive finalizzate a tutelare i lavoratori dalle
conseguenze negative dell’interazione fra uomo e lavoro”
L’INTERPELLO (ART. 12)
L’art. 12, comma 1 non elenca le Associazioni scientifiche e professionali tra gli enti autorizzati ad
inoltrare quesiti all’apposita Commissione per gli interpelli,.
Ci risulta incomprensibile questa esclusione (o dimenticanza) poiché queste Associazioni sono
costituite da addetti ai lavori che applicano direttamente sul campo le normative, cogliendone in modo
più immediato le eventuali criticità interpretative ed applicative.
Proponiamo pertanto l’integrazione:
Proposta
Art. 12, comma 1: “Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, gli enti
pubblici nazionali e le associazioni scientifiche e professionali riconosciute dal Ministero…,
nonché,…
LE MISURE GENERALI DI TUTELA (ART. 15 COMMA 1 LETTERA L)
L’articolo 15 riporta tra le misure generali di tutela il “controllo sanitario” dei lavoratori, termine che
non trova riscontro nella definizione di cui all’art. 2.
Ci sembra pertanto opportuna la sostituzione di tale termine con quello di “sorveglianza sanitaria”, che
trova una precisa definizione nell’art. 2, comma 1, lettera m).
Proponiamo pertanto la seguente modifica:
Proposta
Art. 15, comma 1, lettera l): (Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori nei luoghi di lavoro sono):…l) la sorveglianza sanitaria dei lavoratori…”
LA COLLABORAZIONE DEL MEDICO COMPETENTE ALLA VALUTAZIONE DEI RISCHI
E’ questa, a nostro parere, una delle aree a maggior criticità del D. Lgs 81/08.
Dalla lettura combinata delle varie norme che nel TU riguardano la valutazione dei rischi, emerge un
ruolo ancora ambiguo del medico competente: non in tutte le disposizioni è sancita la sua auspicata
collaborazione con datore di lavoro e RSPP in tutto il processo di valutazione dei rischi e per tutti i
rischi.
Ciò risulta evidente dalla lettura combinata degli artt.25, comma 1, lettera a) e 29, comma 1: il primo
dispone tale collaborazione “anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza
sanitaria”, mentre il secondo, prevedendola “nei casi di cui all’art. 41”, sostanzialmente la correla
ancora ai casi in cui è obbligatoria la sorveglianza sanitaria, com’era con l’art. 4, comma 6 del D. Lgs.
626/94.
Inoltre rileviamo che il permanere dell’ambiguità del ruolo del medico competente nella valutazione
dei rischi, sminuirebbe la portata della disposizione dell’art. 25, comma 1, lettera m), peraltro
sanzionata. Infatti la partecipazione del medico competente al controllo dell’esposizione dei lavoratori
presuppone un ruolo attivo in tutto il processo di valutazione dei rischi ed ancor più nelle fasi di
analisi e di programmazione delle attività di monitoraggio dei rischi, in particolare quello ambientale
(rischio da agenti chimici, fisici e biologici).
Oltre ciò il datore di lavoro deve obbligatoriamente indicare nel documento di valutazione dei rischi,
ai sensi del’art. 28 comma 2 lettera e), il nominativo di RSPP, medico competente e RLS che hanno
“partecipato” alla valutazione dei rischi. L’inadempienza è sanzionata con l’ammenda da 5000,00 a
15000,00 euro. Inoltre il datore di lavoro (o il dirigente) deve comunicare a RSPP e al medico
competente le “conclusioni della valutazione dei rischi” (riteniamo ciò un obbligo del tutto formale
quando RSPP e medico hanno realmente partecipato al processo di valutazione dei rischi).
Considerata l’entità della sanzione dobbiamo ritenere che il legislatore voglia affermare la
“collaborazione e la partecipazione” del medico competente al processo valutativo.
Siamo anche certi che il medico competente accetti di essere citato nel documento di valutazione dei
rischi, e quindi esprimere la propria responsabilità rendendosi disponibile a validare le conclusioni
descritte, alla condizione di aver svolto un ruolo attivo nel processo ed in particolare nelle fasi che
identificano le condizioni di esposizione al rischio. Il diniego del medico invalida le conclusioni
descritte nel documento e paralizza le attività di sorveglianza sanitaria e quindi dell’espressione del
giudizio di idoneità alla mansione dei lavoratori esposti con le conseguenze ben immaginabili.
Da tutto ciò si propone:
Proposta
Art. 2, c. 1, h): “medico in possesso….,che è nominato dal datore di lavoro per effettuare tutti i
compiti di cui al presente decreto”
Art. 29, comma 1: “il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui…in
collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico
competente”
LA DEFINIZIONE DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA: DEFINIZIONI IN CONTRASTO
Nel TU coesistono due definizioni di “sorveglianza sanitaria”: quella dell’art. 2, comma 1, lettera m) e
quella dell’art. 222, comma 1, lettera f).
La definizione dell’art. 222, comma 1, lettera f) ci sembra più adeguata perché delinea meglio
l’ambito e lo scopo della misura di tutela “sorveglianza sanitaria”.
Si propone:
Proposta
Art. 2, comma 1, lettera m): “sorveglianza sanitaria”: insieme degli atti medici di cui all’art. 41,
finalizzati alla valutazione dello stato di salute dei lavoratori per l’accertamento della loro
idoneità sanitaria alla mansione specifica e programmati in funzione dei risultati della valutazione
dei rischi di cui agli articoli 28 e 29”
LA CARTELLA SANITARIA E DI RISCHIO E LA SUA GESTIONE
Sull’argomento abbiamo già prodotto un documento, che qui alleghiamo integralmente, in cui oltre a
richiamare l’attenzione sugli errori formali presenti nell’Allegato 3 A (ad esempio: datore di
assunzione invece di, presumiamo, data di assunzione; avverso il “giudizio del medico competente” e
non il “giudizio di inidoneità”; nel campo “visita periodica” la confusione creata con la descrizione
delle motivazioni “idoneità alla mansione specifica”, “cambio mansione”, “a richiesta” o “fine
rapporto di lavoro”, tutte fattispecie diverse rispetto alla visita periodica) e sull’impianto complessivo
difficilmente conciliabile con lo sviluppo informatico, desideriamo qui evidenziare e commentare
alcuni aspetti che si stanno rivelando particolarmente critici.
a. Il luogo di custodia della cartella sanitaria e di rischio
Non è definita la procedura per la custodia della cartella sanitaria e di rischio.
Dalla lettura dell’art. 25, comma 1, lettera c) emergerebbe che nelle aziende sotto i 15 lavoratori il
luogo di custodia della cartella sanitaria e di rischio è praticamente lo studio del medico competente
o un ambiente da lui messo a disposizione.
Ci si chiede come ciò possa conciliarsi con esigenze ispettive, ovvero come l’ispettore del lavoro o
dell’ASL possa avere accesso alla documentazione sanitaria nei tempi ritenuti necessari.
Analogamente non è immaginabile che il medico competente possa oggettivamente rispondere in
tempo reale alla richiesta avanzata dal corpo ispettivo.
Non si può negare come questa disposizione abbia suscitato sorpresa ed incomprensione,
considerando, fra l’altro, che sta comportando oneri aggiuntivi per imprese.
Ci sembrerebbe più ragionevole, oltre che pratico e rispettoso delle responsabilità e degli oneri che
ne derivano, lasciare la decisione sul luogo e le modalità di custodia delle cartella sanitaria e di
rischio e di ogni altra documentazione sanitaria, ad un accordo tra medico competente e datore di
lavoro, indipendentemente dal numero dei lavoratori dell’azienda.
Ovviamente nell’accordo andranno specificate le modalità con cui avviene la custodia nel rispetto
del segreto professionale e della privacy.
Proponiamo pertanto l’integrazione:
Proposta
Art. 25, comma 1, lettera c): “(il medico competente) istituisce anche tramite l’accesso…, e
aggiorna una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza
sanitaria. Il medico competente ed il datore di lavoro concordano il luogo della sua
custodia e le relative modalità per il rispetto del segreto professionale e della privacy”
b. La consegna della cartella sanitaria e di rischio al lavoratore alla cessazione del rapporto di
lavoro
Preliminarmente va sottolineato il fatto che nelle aziende non è pratica diffusa comunicare al
medico competente dati relativi alle cessazione del rapporto di lavoro e, d’altra parte, lo stesso TU
all’art. 18, comma 2 non ne ha previsto esplicitamente l’obbligo che invece riteniamo utile sia
contestualizzato nello stesso articolo.
Proponiamo pertanto l’integrazione:
Proposta
Art. 18, comma 2: “il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al
medico competente informazioni in merito a: … f) l’elenco dei lavoratori in assunzione, di
quelli cessati dal rapporto di lavoro, di quelli proposti per il cambio di mansione.
In ogni caso, se il significato dell’art. 25, comma 1, lettera d) è quello della consegna puntuale della
cartella sanitaria e di rischio al lavoratore da parte del medico competente, in modo “personale” e
“contestuale” alla cessazione del suo rapporto di lavoro, è nostro dovere qui affermare che la norma
è inapplicabile in termini temporali nella maggioranza delle aziende.
I motivi di tale criticità sono molteplici:
• la presenza del medico in azienda in modo discontinuo, talora episodico, nel modello
organizzativo di gestione della sorveglianza sanitaria che si è formato dall’introduzione del
D. Lgs 626/94;
• il frequente ricorso alle tipologie contrattuali introdotte dal D. Lgs. 276/2003, che
comportano un elevato turnover del personale;
• la diffusione nel territorio di realtà produttive complesse e “delocalizzate”, costituite da una
sede/unità produttiva centrale e da una serie di filiali/unità produttive dislocate sul territorio
nazionale.
Considerando la ratio della norma, assolutamente condivisibile, al fine di renderla efficace
proponiamo che il medico competente consegni al lavoratore tutta la documentazione sanitaria man
mano che essa si forma nel corso degli accertamenti preventivi e periodici, fornendo contestualmente
in una sede naturale quale il momento della visita “le informazioni riguardo la necessità di
conservazione di tale documentazione”.
D’altra parte il lavoratore non è un soggetto “passivo”, bensì uno dei protagonisti che deve contribuire
attivamente al raggiungimento degli obiettivi anche prendendosi “cura della propria salute” (art. 20,
comma 1). Non si dimentichi, inoltre, che il cosiddetto “obbligo di contribuzione” del lavoratore al
sistema di prevenzione, che appare in pole position fra gli obblighi specifici a carico del lavoratore
stesso (art. 20 comma 2 lettera a), prevede che questi debba “contribuire, insieme al datore di lavoro,
ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e della sicurezza
sui luoghi di lavoro”.
Qualora non si ritenesse adeguata la soluzione da noi prospettata, allora, per evitare che la
disposizione sia semplicemente una “trappola” sanzionatoria, riteniamo necessario:
• indicare un arco temporale ragionevole entro il quale l’obbligazione può essere
legittimamente ottemperata;
• riconoscere la possibilità della consegna dilazionata e il legittimo ricorso a forme di
spedizione autorizzate garantendo il segreto professionale e la privacy.
Proponiamo pertanto l’integrazione:
Prima proposta
Art. 25, comma 1, lettera e):”(il medico competente) consegna al lavoratore alla conclusione delle
visite previste dalla sorveglianza sanitaria di cui all’art. 41, la copia della relativa
documentazione sanitaria e gli fornisce le informazioni riguardo la necessità di conservazione”
Art. 20, comma 2, lettera i): “(i lavoratori devono in particolare) sottoporsi ai controlli sanitari
previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente e, in base alle
informazioni ricevute dal medico competente, devono avere cura di conservare la copia della
documentazione sanitaria loro consegnata alla conclusione dei controlli sanitari ai sensi dell’art.
25, comma 1, lettera e)”
Seconda proposta
Art. 25, comma 1, lettera e):”(il medico competente) provvede alla consegna al lavoratore che ha
cessato il rapporto di lavoro della documentazione relativa alla sorveglianza sanitaria entro
novanta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione dal datore di lavoro della data di
cessazione del rapporto di lavoro e fornisce al lavoratore le informazioni riguardo la necessità di
conservazione.
Nei casi in cui la consegna diretta non sia possibile, essa può avvenire utilizzando strumenti
postali idonei ad attestare l’avvenuta consegna, ricorrendo alla nomina di incaricati del
trattamento di cui all’art. 30 del D. Lgs. 196/2003.
In tal caso il medico competente comunica al lavoratore per iscritto le informazioni riguardo la
necessità di conservazione della documentazione sanitaria”
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
Il “modello” della cartella sanitaria e di rischio (Allegato 3 A)
Fin dai primi giorni dall’entrata in vigore del TU, le criticità maggiori incontrate dal medico
competente nella gestione della nuova sorveglianza sanitaria sono derivate dai “tentativi” di adattare il
modello di cartella sanitaria e di rischio di cui all’Allegato 3A alle prassi della medicina
occupazionale.
Le difficoltà interpretative ed operative sono notevoli così come la preoccupazione quando rapportata
alle sanzioni previste.
Già in occasione del Congresso Nazionale di Castel San Pietro (BO) dello scorso maggio e,
successivamente, a giugno con un documento ufficiale inviato alle Istituzioni, l’ANMA ha richiesto
una congrua proroga per l’applicazione del comma 5 dell’art. 41 auspicando l’attivazione di un tavolo
per un confronto tecnico finalizzato alla revisione non solo dell’Allegato 3A, ma “di tutto l’impianto
informativo e documentale nella previsione di un imprescindibile sviluppo informatico”. (vedi
allegato 1)
Basandoci sull’esperienza di questi primi mesi di tentativi di utilizzazione sul campo dell’Allegato 3
A del D.Lgs 81/08, abbiamo elaborato il modello di cartella sanitaria e di rischio riportato
nell’Allegato 2 che è parte integrante il presente documento.
Si anticipano qui i dati salienti che giustificano la proposta di modifica dell’articolo 18.
La raccolta della firma del datore di lavoro si sta rilevando particolarmente critica, così come la
trasmissione documentale della mansione a cui è assegnato il lavoratore. Il datore di lavoro mostra
difficoltà a inserire questi elementi nelle procedure gestionali. In questi mesi la posizione del medico
competente è stata di totale tolleranza per non rallentare o bloccare l’attività di sorveglianza sanitaria e
quindi dell’espressione del giudizio di idoneità alla mansione specifica, situazione comunque non
tollerabile considerando anche le sanzioni previste per il medico competente.
Chiediamo che il flusso informativo relativo all’applicazione dell’Allegato 3 A sia meglio
disciplinato. La nostra proposta è:
Proposta
Art. 18, comma 1, lettera cc): “(il datore di lavoro….e i dirigenti, che organizzano e dirigono
le stesse attività…devono) vigilare affinché i dati occupazionali, che sono parte integrante la
cartella sanitaria e di rischio di cui all’Allegato 3A, siano forniti al medico competente per
l’espletamento della sorveglianza sanitaria ai sensi dell’art. 41, comma 2 lettere a), b), d) e
comma 4”
Art. 18, comma 1, lettera dd): “(il datore di lavoro….e i dirigenti, che organizzano e dirigono
le stesse attività…devono) firmare la cartella sanitaria e di rischio di cui all’art. 41, comma 5
nella parte di loro competenza”
Per l’inadempienza a tali obblighi devono essere previste analoghe sanzione previste per
l’inadempienza all’articolo 18 comma 1 lettera bb) e specificate all’articolo 55 comma 4 lettera g).
L’ART. 41, COMMA 4
Questo articolo prevede l’effettuazione, nei casi e alle condizioni previste dall’ordinamento, delle
visite preventive, periodiche e per cambio mansione anche per la verifica dell’assenza di condizioni di
alcool dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
Questa disposizione ci sembra in evidente contrasto con l’ordinamento specifico di cui all’art. 15 della
legge n. 125/2001, in base al quale i controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro non hanno la finalità di
evidenziare situazioni di alcool dipendenza, ma quella di verificare il rispetto da parte dei lavoratori “a
rischio” del divieto di assunzione di bevande alcoliche e superalcoliche.
Pertanto proponiamo:
Proposta
Art. 41, comma 4: “Le visite mediche di cui al comma 2…Nei casi ed alle condizioni previste
dall’ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettera a), b) e d), sono altresì finalizzate alla
verifica del rispetto del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e
superalcoliche e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti”
LA TRASMISSIONE DEI DATI PER VIA TELEMATICA
a) trasmissione della documentazione sanitaria
E’ innanzi tutto da risolvere la contraddizione tra la disposizione dell’art. 25, comma 1, lettera f), che
attribuisce al medico competente la trasmissione all’ISPESL della cartella sanitaria e di rischio alla
cessazione del rapporto di lavoro del lavoratore, e quelle degli artt. 243, comma 4 e 260, comma 3,
che attribuiscono tale obbligazione al datore di lavoro.
Al di là di questo aspetto, la previsione della trasmissione “esclusivamente” per via telematica della
cartella sanitaria e di rischio all’ISPESL ai sensi dell’art. 25, comma 1, lettera f), sta suscitando viva
preoccupazione tra i medici competenti che sono comunque obbligati, ai sensi della normativa
sanitaria, a custodire e conservare la documentazione anche in forma cartacea.
Fra l’altro è difficile pensare che l’esito degli accertamenti previsti dal piano di sorveglianza sanitaria
(ad esempio audiometria, imaging, esami di laboratorio) siano prodotti in formato digitale e come tali
allegati (in progressione numerica e temporale) alla cartella sanitaria e di rischio.
Sarà quindi obbligatorio prevederne la scannerizzazione i cui costi, seppur non prevedibili nel
dettaglio, avranno un’incidenza non irrilevante per le aziende.
b) trasmissione ai servizi competenti per territorio delle informazioni sulla sorveglianza
sanitaria (art. 40 e allegato 3 B)
Altrettanto problematica è la disposizione dell’art. 40 che prevede la trasmissione “esclusivamente”
per via telematica, ai servizi competenti per territorio della relazione sanitaria ai sensi dei campi
richiesti dall’Allegato 3 B.
Si tratta di un impegno notevole per il medico competente, ma anche per i servizi competenti per
territorio che, ci auguriamo, dall’elaborazione di una mole notevole e complessa di dati riescano a
trarre le indicazioni utili per l’impostazione a livello locale e nazionale di efficaci strategie preventive.
L’art. 40 rimanda all’allegato 3B per le tipologie di informazioni da trasmettere ai servizi.
Allo scopo sollecitiamo la pubblicazione di un modello unico a valenza nazionale per evitare che le
Regioni o peggio singole ASL propongano modelli esclusivi, alimentando incomprensioni e tensioni
come sta accadendo per l’Allegato 3A.
Sollecitiamo l’attivazione di un tavolo tecnico tra i rappresentanti dei medici competenti e dei servizi
territoriali, per elaborare un modello valido su tutto il territorio nazionale e funzionale alle esigenze di
conoscenza e di crescita della prevenzione.
In tale contesto un altro aspetto da sottolineare è che alcune delle informazioni che il medico
competente deve trasmettere ai servizi (“N. giorni di assenze”; “Infortuni denunciati”) fanno
riferimento a dati che il medico non dispone e che ad oggi non gli sono documentati d’ufficio. Pur
ritenendo tali informazioni utili alla gestione complessiva della sorveglianza sanitaria, nasce il timore,
non remoto, di una trasmissione intempestiva o imprecisa dei dati da parte del datore di lavoro al
medico competente.
Considerate le sanzioni poste in capo al medico competente, questi dovrà necessariamente
testimoniare al servizio territoriale, in via cautelativa, l’assenza o l’incompletezza dei dati di origine
aziendale. Per ovviare a queste spiacevoli situazioni, che fra l’altro minano il rapporto di fiducia tra
medico e sistema aziendale, si ribadisce la necessità di disporre di un modello unico a valenza
nazionale e di integrare gli articoli 25, 40 e 18 del D. Lgs 81/08.
Proponiamo pertanto l’integrazione:
Proposta
Art. 25, comma 1, lettera f): (il medico competente) invia all’ISPESL le cartelle sanitarie e di
rischio nei casi previsti dal presente decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel
rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196. La trasmissione,
preferibilmente telematica, è consentita per via cartacea sino alla pubblicazione di un apposito
decreto ….”
Art. 40, comma 1: “entro il primo trimestre dell’anno successivo all’anno di riferimento il medico
competente trasmette ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le
differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a
sorveglianza sanitaria, secondo il modello in allegato 3B. La trasmissione, preferibilmente
telematica, è consentita per via cartacea ancora sino alla pubblicazione di un apposito decreto”
Art. 18, comma 2: “il datore di lavoro fornisce…al medico competente informazioni in merito a:
a)…;b)…;c)…;d)…;e)…Inoltre, entro il 15 gennaio dell’anno successivo all’anno di riferimento, il
datore di lavoro comunica al medico competente i dati relativi all’anno precedente riguardanti: a)
il numero dei giorni di assenze;b) il numero degli infortuni denunciati; c) l’elenco delle malattie
professionali segnalate”
PRIMO SOCCORSO
Ai sensi dell’art. 25, comma 1, lettera a), la collaborazione all’organizzazione del servizio di primo
soccorso rientra tra gli obblighi del medico competente.
Nel TU l’argomento del primo soccorso è affrontato all’art. 45 (Primo soccorso), che richiama le
disposizioni del DM n. 388/2003, e al punto 5 (Primo soccorso) dell’Allegato IV (Requisiti dei luoghi
di lavoro), che non è altro che la riscrittura del Capo III (Servizi sanitari) del Titolo I (Disposizioni
generali) del DPR n. 303/1956.
Si sta riscontrando l’impossibilità di coordinare le disposizioni dell’art. 45 (e quindi del DM n.
388/2003) con quelle, ormai obsolete, previste dall’Allegato IV del TU al punto 5.
Si chiede pertanto l’abrogazione del punto 5. (Primo soccorso) dell’Allegato IV del TU.
LE SANZIONI PER IL MEDICO COMPETENTE
Sono 32 le violazioni per le quali il medico competente rischia l’arresto fino a tre mesi, oltre alle
pesanti sanzioni economiche.
Di fatto la professione del medico competente è diventata una delle più a rischio dal punto di vista
delle responsabilità penali.
Un atteggiamento così severo è francamente sconcertante ed inspiegabile anche alla luce del fatto che
l’attuazione di gran parte dei compiti del medico competente dipendono dalla qualità della
collaborazione che riceve dalla direzione aziendale e dalle altre figure del sistema di prevenzione
aziendale.
In effetti anche per l’attuazione di molti compiti del RSPP è così e, infatti, questa figura non è
destinataria di sanzioni.
Come già accennato, la situazione è ulteriormente complicata dalla percezione diffusa tra i medici
competenti che la rigidità e l’ambiguità interpretativa di molti precetti del TU e la conseguente loro
sostanziale inapplicabilità, aumenti notevolmente il rischio di sanzioni.
Pertanto auspichiamo una profonda revisione dell’apparato sanzionatorio previsto nel TU per il
medico competente sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, nella consapevolezza che non
può essere individuato nella figura del medico competente il principale responsabile delle carenze
della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
CONCLUSIONI
In conclusione è opinione della nostra Associazione che l’impianto del TU, oltre a migliorare la
definizione del ruolo del medico competente, ne tuteli la figura professionale.
Altresì riteniamo che vi siano non pochi aspetti migliorabili in ordine alla sua applicazione pratica,
quali la chiarezza sul suo ruolo nel processo di valutazione del rischio e la necessità di semplificare la
cartella sanitaria e di rischio creando un modello che delinei la struttura del documento e consenta al
medico competente di svolgere il proprio compito in modo completo, ma contemporaneamente
dinamico e snello.
La nostra Associazione ha definito una soluzione operativa costituita dal Modello di Cartella Sanitaria
e di Rischio, qui allegato, nel quale vengono definiti i contenuti minimi e sono previste integrazioni
modulate sui rischi specifici.
Nel nostro Codice di Comportamento, pubblicato nel 1997, abbiamo definito il medico competente
quale professionista “inserito nel contesto aziendale” e il Dlgs 81/2008 richiede proprio una profonda
integrazione del medico competente nel sistema aziendale con il datore di lavoro, con i tecnici del
servizio di prevenzione e protezione, con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e, ovviamente,
con ogni singolo lavoratore.
Il medico competente c’è, ci auguriamo che ogni altro attore ci sia e che dalla collaborazione di tutti,
nel rispetto della norma innanzitutto, si possa innalzare il livello di prevenzione nei luoghi di lavoro.
Quasi tutti i desideri del povero sono puniti con la prigione (Celine)
pipius il 28/10/2008 10:22 ha scritto:
Per precisione allego il testo completo del documento dell'ANMA (...) E' molto meglio essere uniti e non creare polemiche sterili, se vogliamo raggiungere qualche risultato.
Pienamente d'accordo con quanto affermato dal collega, che riprendo e sottolineo.
Mi permetto solo un piccolo suggerimento; per non appesantire il thread credo sarebbe opportuno inserire i documenti più lunghi e corposi nell'area apposita (magari nella sezione Documentazione) o citare il relativo link della Rete per riservare alla discussione dei vari colleghi e altri ospiti solo i commenti sul tema.
ramiste il 28/10/2008 11:00 ha scritto:
Pienamente d'accordo con quanto affermato dal collega, che riprendo e sottolineo.
Mi permetto solo un piccolo suggerimento; per non appesantire il thread credo sarebbe opportuno inserire i documenti più lunghi e corposi nell'area apposita (magari nella sezione Documentazione) o citare il relativo link della Rete per riservare alla discussione dei vari colleghi e altri ospiti solo i commenti sul tema.
Grazie del suggerimento ramiste, hai ragione. Non mi ero accorto della lunghezza eccessiva del documento. Chiedo scusa.
Quasi tutti i desideri del povero sono puniti con la prigione (Celine)
Bell'intervento, secondo me bastava dare il link e chi voleva se lo andava a vedere.
Nessuna polemica mi pare possa desumersi dall'aver pubblicato degli stralci dicendo che sono tali e che "Ovviamente il documento dice molte altre cose, e altre le ignora."
Credo che sarebbe difficile anche per chi vanta di essere stato partecipe in qualche modo della stesura delle norme ("La nostra Associazione ha partecipato attivamente alla discussione sul D.Lgs 81/08 e molte delle sue proposte avanzate per migliorare la qualificazione professionale del Medico competente trovano
riscontro nel Decreto.") non vedere che c'è qualcosa che non va proprio proprio benissimo per i MC. E su aspetti decisamente più ampi di quelli citati dal documento ANMA.
Poi, puoi scrivere tutto quello che vuoi in un documento, ma se dici "In conclusione è opinione della nostra Associazione che l’impianto del TU, oltre a migliorare la definizione del ruolo del medico competente, ne tuteli la figura professionale." poi lo devi spiegare ai colleghi che su questo forum stanno dicendo cose leggermente diverse.
Non si tratta di estrapolare qualcosa per giustificare un atteggiamento polemico (la polemica la stai facendo tu, io ho solo riportato un'informazione senza dare alcun commento, certe cose si commentano da sole !), si tratta del fatto che ci possono essere atteggiamenti diversi sui problemi, per esempio cercare di affrontarli, oppure avere il solito atteggiamento cerchiobottista per cui si fa vedere che ci si occupa di una cosa, cercando comunque di non urtare delle suscettibilità di qualche "potente", ma senza disturbare, senza dar fastidio, cioè solo per dimostrare che esisti.
L'esperienza del passato non ha insegnato nulla ? O qualcuno non ha interesse a tenere conto di certe lezioni ?
Ti ricordo gli sfracelli preannunciati da ANMA nel documento del 23/6/08: "Ci auguriamo che nel frattempo gli organi territoriali di vigilanza si astengano da iniziative disciplinari e sanzionatorie sulle irregolarità formali legate alla materia in esame (eventi frequenti in radioprotezione!).
Qualora ciò avvenisse, seppur episodicamente,dovremo necessariamente assumere una posizione di assoluto rispetto formale della norma a cui non può che conseguire il rallentamento, fino alla paralisi, del processo di gestione della sorveglianza sanitaria ex articolo 41 e quello di applicazione del giudizio di idoneità alla mansione specifica."
Le sanzioni stanno arrivando, io non ho notizia di reazioni.
Meglio dire che il decreto tutela la figura del MC ?? O che è una tutela farci andare a raccattare pipì in giro per fare esami scientificamente insostenibili ? O farci fare una autocertificazione idiota e inutile ? Potrei continuare a lungo, e i colleghi lo sanno bene sulla loro pelle.
Se ci si occupasse meno del proprio prestigio e più, in concreto, dei guai che ci minacciano, allora sì che saremmo uniti. E forti.
Vedi un po' tu.
Se i Giusti non si oppongono sono già colpevoli ("Gracchus" Babeuf)
pipius il 28/10/2008 10:22 ha scritto:
Per precisione allego il testo completo del documento dell'ANMA, che è sicuramente discutibile nelle conclusioni, invece condivisibile in molte proposte di modifica, che non si discostano granchè da ciò che viene scritto nel nostro sito. E' molto meglio essere uniti e non creare polemiche sterili, se vogliamo raggiungere qualche risultato.
Ho letto il documento e francamente sono rimasto con non poche perplessità....non mi piace, ma questa è una mia opinione personale. Quello che invece volevo dire, riguarda il fatto di essere uniti e non creare polemiche. In linea di principio non posso che essere d'accordo, ma cosa significa essere uniti? se un'associazione (in questo caso l'ANMA) elabora un documento, per essere uniti dovremmo stare in silenzio? Per non creare polemiche sterili, dovremmo astenerci da qualsiasi commento su tale documento? Io credo che invece ben venga un dibattito e credo che se ognuno portasse il proprio contributo forse anche i documenti elaborati dall'ANMA, dalla SIMLII e quant'altro risponderebbero meglio alle esigenze dei problemi reali e concreti di noi mc.Non so chi elabora questi documenti, ma perchè ho la sensazione che il contenuto sia per lo più astratto e le proposte concrete siano frutto di menti che non vivono quotidianamente la realtà del mc? E' polemica sterile? me ne scuso, ma forse se, prima di rendere pubblici certi documenti, i dirigenti dell'associazione aprissero un dibattito tra gli iscritti (e non solo) per capire un pò meglio le problematiche concrete di chi lavora sul territorio e farsene carico, verrebbero fuori lavori un pò diversi. Riguardo all'essere uniti, perchè non viene elaborato ed approvato un documento unico sottoscritto da tutte le varie associazioni? Che bisogno c'è di creare ognuno un documento se tutti sono concordi su determinate criticità? ognuno deve dimostrare quanto è bravo? E' così che si è uniti????
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