bernardo il 01/02/2011 10:15 ha scritto:
Assolutamente no. Checché ne dica il pretore di Torino, attualmente l'ordinamento vigente impone la sorveglianza sanitaria, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 41 comma 1, solo per la tossicodipendenza. La legge 125/01 (cui si riferisce l'allegato alla intesa stato regioni) definisce chi non può bere durante il lavoro (appunto le mansioni indicate nell'allegato) e stabilisce che il MC (e i medici asl) per le stesse mansioni possono fare i controlli alcolimetrici, ma non introduce nessun obbligo di sorveglianza sanitaria. L'ordinamento vigente circa la sorveglianza sanitaria è rappresentata dall'art. 41 comma 1, negli altri casi è vietata (art.5 legge 300/70). Pertanto se tali lavoratori sono già sottoposti a sorveglianza sanitaria per altri rischi, occorre verificare anche l'eventuale stato di alcol dipendenza. Altrimenti non sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. Al momento, contrariamente alle sostanze stupefacenti, non esiste alcun elenco di mansioni per le quali sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria per alcodipendenza in sè.
Scusami Frigeri, ma credo che stiamo dicendo la stessa cosa: se c'è obbligo di sorveglianza sanitaria (per ALTRI rischi) faccio gli accertamenti ANCHE per l'alcol dipendenza (se la mansione è tra quelle citate nell'allegato); se la mansione è inclusa nell'allegato, ma non c'è obbligo di SS per altri rischi, niente visita del MC.
MC il 01/02/2011 03:17 ha scritto:
Bernardo, l'interpretazione tua è quella della Regione Veneto e della Regione Emilia Romagna (dove immagino professi tu). La Regione Lombardia ha vietato in assoluto gli accertamenti per alcool-dipendenza. La Regione Piemonte ha invece stabilito che si fanno anche ai lavoratori non sottoposti a sorveglianza sanitaria per altri rischi. E così devo fare...
Ma è il pretore o la regione? La domanda non è peregrina: se c'è una legge regionale (ma deve essere una legge non una circolare o simile) allora ok, perché la competenza legislativa, anche se si tratta di materia concorrente, è delle Regioni. Ma se non c'è una legge, vale quella nazionale che vieta gli accertamenti sanitari non espressamente previsti dalla legge. Se invece è il pretore, beh il pretore (non importa che cognome ha) non ha titolo per dire ai MC quali accertamenti devono fare. Comunque io opero anche in Piemonte (mi trovi ogni 15 giorni all'ETF, Villa Gualino) e non faccio sorveglianza sanitaria per alcodipendenza a lavoratori non già sottoposti a sorveglianza sanitaria.
Ogni tanto torniamo sul problema e sembra che ognuno rimanga della propria opinione.Già in passato avevo consigliato di riflettere sulla monografia del gruppo La.R.A. pubblicata su "medicina del lavoro " e poco tempo dopo c'è stato l'intervento del Dott.Deidda che riporto di seguito
ALCOL E LAVORO
Analisi della situazione attuale e proposte per una normativa migliore
Villa Montalto, Firenze – 14 giugno 2010
Quadro normativo attuale
Il punto di vista del giurista: obblighi dei diversi soggetti e aspetti contrattualistici.
Il punto di partenza del nostro ragionamento è inevitabilmente l’articolo 41 del Testo Unico n.
81/08 che nella gerarchia delle fonti giuridiche è la norma primaria alla quale occorre fare
riferimento per stabilire gli obblighi di sorveglianza sanitaria in materia di rischi collegati all’alcol.
Dal contenuto del comma 4 dell’articolo si trae la seguente disciplina: “nei casi ed alle condizioni
previste dall’ordinamento le visite di cui al comma 2, lett. a), b), d), e) bis e e) ter sono altresì
finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcoldipendenza e di assunzione di sostanze
psicotrope e stupefacenti”. Il comma 4 bis aggiunge:
“Entro il 31 dicembre 2009 con accordo in conferenza Stato-Regioni, adottato previa consultazione
delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l’accertamento della
tossicodipendenza e dell’alcoldipendenza”.
Occorre dire che il temine del 31 dicembre 2009 è un termine giuridicamente “ordinatorio” nel
senso che ha la funzione di coordinare l’attività amministrativa del soggetto a cui è rivolto, soggetto
che in questo caso è la conferenza Stato-Regioni. Ciò significa che l’accordo potrà essere emanato
anche successivamente e che naturalmente, fino a quando le regole in materia non verranno mutate,
restano in vigore quelle attuali previste negli accordi Stato-Regioni.
1. Il primo nodo posto dalla disciplina dell’art. 41 è costituito dall’inciso ‘nei casi e alle condizioni
previste dall’ordinamento’. Va innanzitutto precisato che l’espressione va assunta nel suo
significato più ampio esaminando,cioè, quali siano oggettivamente nell’intero nostro ordinamento
giuridico i casi e le condizioni che impongano le visite mediche di cui all’art. 41 secondo comma
del Testo Unico. Al riguardo si può dire con certezza che sono in vigore nel nostro Ordinamento
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due disposizioni strettamente collegate che costituiscono un punto importante per configurare la
natura degli obblighi e individuare i soggetti obbligati.
La prima norma è contenuta nell’art. 15 della Legge n. 125 del 2001 secondo cui nelle attività
lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza e
l’incolumità o la salute dei terzi, individuate con decreto del Ministero del Lavoro di concerto con il
Ministro della Sanità … è fatto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e
superalcoliche. Tale norma ha avuto talvolta un’interpretazione così ristretta da sembrare banale,
giacchè si è ritenuto che essa significasse semplicemente che sul lavoro è vietato somministrare o
assumere bevande alcoliche o superalcoliche. Ma non occorre molto acume per capire, già
dall’incipit dell’articolo, che nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di
infortunio… il legislatore si preoccupa di evitare non solo che sul lavoro non si beva ma soprattutto
che non si lavori in condizioni menomate di vigilanza e di attenzione. Un’interpretazione troppo
ristretta finirebbe per punire solo il mero atto di assumere alcolici e non già lo stato di limitata
vigilanza durante l’attività lavorativa, provocando la paradossale conclusione che basterebbe
ubriacarsi prima di aver vacato l’ingresso del luogo di lavoro, e non dopo, per sfuggire alla
sanzione.
Interpretazione assurda anche tenuto conto del secondo comma del già citato art. 15 che suona “per
le finalità previste dal presente articolo i controlli alcolimetrici nei luoghi di lavoro possono essere
effettuati dal medico competente…”. Se si fosse voluto punire solo l’atto dell’assunzione di alcolici
sul luogo di lavoro, i controlli alcolimetrici sarebbero superflui, giacchè l’unica cosa rilevante
sarebbe l’atto del somministrare o bere alcolici, sarebbe cioè necessario che il lavoratore venga
sorpreso nell’atto di assumere alcolici, mentre se egli non viene colto nell’atto dell’assunzione non
potrebbe essere punito. Il controllo alcolimetrico successivo all’assunzione infatti non risolve il
dubbio se l’assunzione dell’alcol sia avvenuta, prima o durante il lavoro, dentro o fuori dal luogo di
lavoro. Inoltre il legislatore, stabilendo la necessità del controllo alcolimetrico “per le finalità
previste dal presente articolo” obbliga l’interprete ad individuare queste finalità e non vi è dubbio
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che si tratti di evitare gli elevati rischi di infortuni sul lavoro, ovvero per la sicurezza l’incolumità o
la salute dei terzi, derivanti dall’assunzione di bevande alcoliche. Per il legislatore per raggiungere
queste finalità è necessario procedere ai controlli alcolimetrici, diretti a stabilire le condizioni del
lavoratore durante l’attività lavorativa, controlli che possono essere svolti o dal medico competente
nominato dall’azienda oppure dai medici dei servizi di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro
della ASL.
2. La seconda norma è il provvedimento 16 marzo 2006 che contiene l’Intesa in materia di
individuazione delle attività lavorative ai fini del divieto di assunzione e somministrazione di
bevande alcoliche e superalcoliche emanata ai sensi del 1° comma dell’art. 15 della Legge 125. Si
tratta, come è noto, di un elenco di 14 attività lavorative che presenta sorprendenti assenze, giacchè
l’esperienza suggerisce che sono presenti gravi rischi derivanti dall’assunzione di alcol anche in
attività diverse da quelle elencate.
L’intesa fa salve le attività svolte dal personale delle Forze Armate, di Polizia e dai Vigili del Fuoco
stabilendo che in relazione alla peculiarità dei compiti ed alle esigenze connesse nell’espletamento
delle correlate mansioni, si applicano le disposizioni previste dai rispettivi Ordinamenti in materia
di idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio.
Per effetto delle disposizioni contenute nelle due norme citate è possibile affermare che nelle
attività individuate dall’intesa, che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro, la
sorveglianza sanitaria deve essere fatta dal medico competente ai sensi dell’art. 41 del decreto
legislativo 81. Tale decreto deve essere necessariamente richiamato in luogo di quello formalmente
citato nell’art. 15 della Legge 125, e cioè il decreto legislativo 626/94, perché, come è noto, il
decreto 626 è oggi abrogato e interamente sostituito dal decreto 81/08.
A proposito dell’attuazione delle norme sopra ricordate si sono sentite interpretazioni non sempre
logicamente inappuntabili, dal momento che si è sostenuto che la sorveglianza relativa
all’assunzione di alcol può esser fatta solo quando all’interno dell’azienda sia stato già stato
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nominato il medico competente in relazione ad altre tipologie di rischi e che non si possa procedere
ai controlli previsti dalla legge se non esistono contemporaneamente altri rischi per i quali sia
obbligatoria la nomina del medico competente. Interpretazione davvero balzana, dal momento che
ai sensi del primo comma dell’art. 41 “la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente
nei casi previsti dalla normativa vigente” e non vi è alcun dubbio che la legge 125, espressamente
applicabile ai luoghi di lavoro, sia una norma vigente che espressamente assegna il compito di
procedere ad esame alcolimetrico al medico competente. Non vi è dunque ragione per negare che
nelle attività lavorative espressamente indicate dalla norma la sorveglianza sanitaria sia
obbligatoria.
3. Altra osservazione, non molto convincente, viene formulata da chi ritiene che questo tipo di
accertamenti non riguarda la sorveglianza sanitaria in senso stretto, perché essa si estende fino a
prevenire l’esistenza di rischi per i terzi o per gli estranei all’attività lavorativa, sia pure rischi
derivanti dall’esercizio del lavoro e dal comportamento dei lavoratori. Si dice cioè che gli esami
alcolimetrici sono una cosa e le visite mediche sono un’altra cosa. Ricordo che nel decreto 81 la
visita medica è lo strumento inteso a constatare l’assenza di controindicazioni alle mansioni
assegnate. L’interpretazione molto formalistica non tiene conto del fatto che ogni esame medico dà
luogo inevitabilmente ad una visita medica e che in questo, come in tutti gli altri casi, si tratta di
accertare se il lavoratore possa svolgere le mansioni affidategli senza rischio per sé stesso o per gli
altri.
Dunque è difficile sostenere che queste visite mediche, dirette ad accertare eventuali
controindicazioni derivanti dall’assunzione di alcol, non rientrino nel concetto di sorveglianza
sanitaria.
Si è sostenuto che per effetto di queste norme il ruolo del medico competente subirebbe una
torsione non sempre gradita, nel senso che il suo ruolo passerebbe da quello di garante della salute
dei lavoratori, soprattutto in relazione ai rischi derivanti dall’attività lavorativa, al ruolo di chi deve
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invece garantire i terzi dai rischi derivanti dal comportamento dei lavoratori che abbiano assunto
bevande alcoliche. Il rilievo è acuto, ma non del tutto giustificato, nel senso che a ben vedere il
ruolo del medico competente è sempre stato non solo quello di garantire i lavoratori dai rischi che
per loro derivano dalla organizzazione lavorativa, ma anche quello di prevenire i rischi che
potessero gravare sui terzi in relazione all’attività lavorativa espletata. Da sempre la giurisprudenza
della Corte di Cassazione ha stabilito che le norme di prevenzione sono destinate anche alla tutela
dei terzi estranei al luogo di lavoro. Il fatto che i soggetti a rischio siano quasi sempre i lavoratori
non può far dimenticare che il ruolo del medico competente è quello di prevenire i rischi per la
salute che derivino dalle lavorazioni, a prescindere da chi sia il titolare del bene tutelato.
Si è anche sostenuto che con la disposizione prevista dal secondo comma dell’art. 15 della Legge
125/2001 il medico competente, diversamente per il passato, ha assunto compiti di vera e propria
vigilanza. Ma si tratta di un passaggio solo apparente, dovendo il medico competente in questo caso
(e come sempre) accertare se le condizioni di salute del lavoratore lo rendano idoneo allo
svolgimento delle mansioni assegnate. Il fatto di dover decidere se un lavoratore che ha assunto
alcolici sia o non idoneo non significa vigilare sugli stili di vita dei lavoratori e non determina
nessuna sostanziale differenza rispetto al giudizio di idoneità relativo agli altri rischi lavorativi.
4. In questo ordine di argomenti va ancora registrata l’interpretazione, anch’essa sempre molto
rigida, secondo la quale la sorveglianza sanitaria prevista dall’art. 81 riguarda solo le visite
finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcoldipendenza e di assunzione di sostanze
psicotrope e stupefacenti e non quelle relative all’assunzione occasionale di alcol.
Anche in questo caso tale sorveglianza sanitaria sarebbe possibile effettuare solo dove già esiste il
medico competente in relazione ad altri rischi lavorativi.
Questa opinione non è francamente molto comprensibile. Non si capisce cioè perché il rischio alcol
avrebbe una funzione, per così dire, ancillare nei confronti di altri rischi: si procede a sorveglianza
sanitaria ai sensi del quarto comma dell’art. 41 solo se esistono altri rischi per i quali la legge ha già
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previsto la sorveglianza sanitaria. Come se l’alcoldipendenza abbia valore e portata diversa a
seconda che si accompagni al rischio chimico o quello derivante da videoterminale e così via.
Occorre riflettere che la legge considera l’alcol come uno dei rischi da cui guardarsi nell’ambito di
determinate lavorazioni, alla stessa stregua di altri rischi. Quando l’art. 41 del Testo Unico e l’art.
15 della Legge 125 configurano il rischio derivante dall’assunzione di alcolici, automaticamente
introducono l’obbligo della sorveglianza sanitaria. Nessun altro senso può essere attribuito
all’obbligo imposto al datore di lavoro di effettuare esami alcolimetrici a carico dei lavoratori o di
accertare l’assenza di alcoldipendenza, se con quello di istituire obbligatoriamente la sorveglianza
sanitaria per i rischi alcol correlati.
L’argomento letterale su cui poggia l’interpretazione di chi sostiene che il medico competente ci
deve già essere per poter effettuare anche la sorveglianza sanitaria sull’alcoldipendenza starebbe
tutto nella parolina “altresì” (le visite…sono altresì finalizzate alla verifica di assenza….). Invece
l’avverbio altresì non ha alcuna colpa: è messo lì per indicare solo che le finalità delle visite
mediche previste dal comma 2 non sono solo quelle indicate nelle lettere a), b), d) ecc., ma altresì
quelle destinate a verificare l’assenza di condizioni di alcol dipendenza, ecc.
E’ necessario peraltro sottolineare che le finalità della sorveglianza sanitaria sono letteralmente
indicate nella verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze
psicotrope e stupefacenti. Intanto osservo che la legge non dice condizioni di alcol dipendenza e di
tossicodipendenza, ma di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. Se
ne deve trarre la conclusione che per il legislatore è rilevante solo la condizione di alcol dipendenza,
mentre non è rilevante la tossicodipendenza? O addirittura che sia rilevante la mera assunzione di
sostanza stupefacente anche occasionale e sporadica, mentre è irrilevante la assunzione di alcol che
occasionalmente determini uno stato di etilismo acuto? E se così fosse, perché il legislatore del
2001 avrebbe stabilito nella legge 125 la necessità dei controlli alcolimetrici nel luogo di lavoro,
che chiaramente sono diretti a prevenire i rischi derivanti dall’assunzione occasionale di alcol?
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Di nuovo l’interpretazione meramente letterale di norme apparentemente scoordinate gioca un
brutto scherzo e determina qualche confusione, dalla quale è possibile uscire solo ricorrendo
all’interpretazione sistematica alla quale spesso sono chiamati i giudici.
Occorre partire da un dato che non mi pare discutibile. Il legislatore intende prevenire il rischio di
infortunio o di malattia derivante da stati di alterazione o di menomata vigilanza provocati
dall’assunzione temporanea, episodica o abitudinaria di alcol o di sostanze stupefacenti. Il comma
4-bis dell’art. 41 non lascia dubbi. “Entro il 31.12.09….vengono rivisitate le condizioni e le
modalità per l’accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza”. Dunque per questo
comma dell’art. 41 devono essere accertate tossicodipendenza e alcol dipendenza, ma per il
precedente comma 4, le visite del medico competente sono finalizzate alla verifica di assunzione di
sostanze psicotrope e stupefacenti. Infine per il 2° comma dell’art. 15 della legge 125, il medico
competente accerta lo stato di etilismo. Dunque mi pare provata la rilevanza giuridica degli stati
provocati dall’assunzione occasionale o abituale di alcol o sostanze stupefacenti. A rafforzamento
di questa interpretazione è necessario accennare ad un’altra ragionevole lettura della norma. Si è
sostenuto che nella letteratura scientifica l’espressione “assunzione di sostanze psicotrope”
contenuta nel 4° comma dell’articolo 41 è riferibile anche all’assunzione di alcol, da sempre
considerata una sostanza psicotropa. Personalmente inclino ad accogliere questa interpretazione,
anche se mi pare che di essa non ci sia bisogno, da un punto di vista strettamente giuridico, per
ritenere che il legislatore abbia disposto l’obbligo di sorveglianza sanitaria sugli effetti
dell’assunzione occasionale di alcolici da parte del lavoratore.
A questo proposito si è ritenuto generalmente che il secondo comma dell’art. 15 della Legge n. 125
del 2001 abbia disposto non l’obbligo di sorveglianza sanitaria in ordine ai controlli alcolimetrici
nei luoghi di lavoro, ma semplicemente una facoltà per il datore di lavoro di sottoporre i lavoratori
agli esami. Questa interpretazione poggerebbe letteralmente sull’espressione “i controlli
alcolimetrici nei luoghi di lavoro possono essere effettuati esclusivamente dal medico competente ai
sensi dell’art. 2 comma 1 del decreto legislativo 626/94”. Ma anche in questo caso appare subito
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evidente che il verbo “possono” non è riferito alla facoltà del datore di lavoro di disporre o non i
controlli, ma all’esigenza che tali controlli debbano esser fatti esclusivamente dal medico
competente. Talchè in discussione non è l’obbligo della sorveglianza sanitaria ma solo la titolarità
o, meglio, la necessità che i controlli possano essere effettuati solo dal medico competente o dai
medici del lavoro dei servizi territoriali delle ASL con funzioni di vigilanza.
Insomma l’esame approfondito delle norme vigenti ci dice senza alcun dubbio:
• che il legislatore considera il rischio derivante dall’assunzione dell’alcol in tutte le sue
forme come pregiudizievole per la sicurezza e per l’igiene del lavoro;
• che per particolari attività lavorative l’assunzione di bevande alcoliche e superalcoliche
determina un elevato rischio di infortuni sul lavoro o per la sicurezza, l’incolumità e la
salute dei terzi e attribuisce all’autorità amministrativa il potere di individuare le attività
lavorative per le quali è previsto l’obbligo di controllo e di sorveglianza;
• che la sorveglianza sanitaria per l’assunzione da parte dei lavoratori di bevande alcoliche e
superalcoliche deve essere effettuata dal medico competente o dai medici del lavoro
appartenenti all’organo di vigilanza delle ASL.
Deriva da queste conclusioni inevitabilmente l’obbligo del medico competente di procedere alle
visite e ai controlli alcolimetrici tutte le volte che il datore di lavoro o un suo delegato gli segnalerà
una possibile assunzione di bevande alcoliche da parte dei lavoratori addetti alle particolari
lavorazioni come sopra individuate. Consegue per il medico l’obbligo di pronunziarsi sull’idoneità
del lavoratore a svolgere le mansioni assegnate e di emettere un giudizio di inidoneità temporanea
tutte le volte che il lavoratore non appaia in grado di svolgere le sue mansioni senza rischio per sé o
per altri. E’ evidente che questo giudizio di inidoneità non comporta problemi di spostamento ad
altra mansione, a meno che gli effetti dell’assunzione non si prolunghino nel tempo e non diano
luogo ad una vera e propria dipendenza.
Resta da spiegare perché la sorveglianza sanitaria possa essere effettuata anche dal medico
appartenente all’organo di vigilanza delle ASL. A me pare che l’assegnazione di tali compiti al
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medico del lavoro pubblico sia stata prevista solo per quei casi in cui il medico competente non è
stato ancora nominato, in presenza dell’obbligo generale per ilk datore di lavoro di allontanare il
lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari (art, 15, lett. m del D. 81/08) .. Ma devo
dire che la previsione sembra superflua dal momento che nelle attività lavorative elencate come
attività a rischio per l’abuso di alcol da parte dei lavoratori il medico competente dovrebbe essere
sempre nominato, come necessaria conseguenza dell’istituzione dell’obbligo della sorveglianza
sanitaria.
Resta comunque fermo che il datore di lavoro ha il potere-dovere di sottoporre i lavoratori a
sorveglianza sanitaria per il rischio alcol, sia con esami programmati sia con accertamenti a
sorpresa, sia in fase preventiva, sia in fase preassuntiva.
5. Queste conclusioni sono rafforzate dalla lettura dell’art. 25 comma 1 lett. b) del nuovo Testo
Unico secondo cui il medico competente “programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui
all’art. 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in
considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”; non solo, lo stesso art. 25 alla lettera a)
prevede che il medico competente collabori “alla valutazione dei rischi anche ai fini della
programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria. Il combinato disposto dei due commi,
coerentemente con l’orientamento giurisprudenziale consolidato che richiama la necessità della
sorveglianza sanitaria quando si tratti di misura imposta dalla valutazione dei rischi, induce a
ritenere che la valutazione dei rischi non può tralasciare di fare i conti con il rischio specifico
correlato al consumo di alcol nelle particolari attività individuate ai sensi della Legge 125. In
questo senso la valutazione dei rischi prevista dal 1 comma dell’art. 28 del Testo Unico diventa il
momento centrale dal quale far scaturire tutte le misure di prevenzione e di protezione dei
lavoratori.
Questo vale naturalmente non solo per il consumo di bevande alcoliche occasionale e per il rischio
acuto ma anche per le condizioni di alcoldipendenza di cui letteralmente tratta l’art. 41. E’ di tutta
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evidenza, infine, che se l’attività lavorativa rientra tra quelle per le quali è indicato un rischio alcol
correlato per la sicurezza dei lavoratori o di terzi il datore di lavoro deve attuare azioni di
prevenzione specifiche comprendenti necessariamente l’informazione-formazione, la promozione
della salute, ecc.
Penso insomma che sia giunto il momento di affermare che vi sono dei lavori che per loro natura
postulano la necessità della sorveglianza sanitaria in rapporto al rischio alcol. E’ del tutto
ragionevole ritenere che i lavoratori addetti, ad esempio, al lavoro in quota debbano essere seguiti
anche in relazione alla possibile assunzione di alcolici con pericolo di grave infortunio per sé o di
danno a terzi. Non vi è nessun motivo per ritenere che tali lavoratori non possano essere sottoposti
ad accertamenti circa l’assunzione di bevande alcoliche e che in caso positivo non si pervenga ad
una pronunzia sull’idoneità alla mansione.
6. Le norme di cui abbiamo discusso hanno posto anche il problema del consenso del lavoratore agli
accertamenti previsti dalla Legge 125. E’ chiaro che in linea generale nessuno può essere obbligato
a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (art. 32 della Costituzione)
ed è noto che la legge dispone trattamenti obbligatori solo quando si tratti di salvaguardare
fondamentali diritti dei terzi. Non vi è dubbio che gli accertamenti sanitari relativi all’alcool
intendono esplicitamente tutelare la sicurezza e la salute dei terzi oltre che quella del lavoratore. E’
evidente in questo contesto che, fermo restando che è possibile il rifiuto del trattamento per il
lavoratore, scattino una serie di conseguenze sia di carattere penale sia di carattere strettamente
lavorativo. Se il lavoratore rifiuta gli accertamenti relativamente all’idoneità alla mansione cui è
stato destinato risponde del reato previsto dall’art. 20, lett. i) del decreto 81/08 per chi rifiuta di
sottoporsi alle necessarie visite. Non solo: la giurisprudenza ha stabilito che il lavoratore che rifiuti
di sottoporsi agli accertamenti sanitari può essere sottoposto a procedimento disciplinare che
comporta anche la possibilità di licenziamento.
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7. Un ulteriore problema è costituito dalla rilevanza giuridica dei livelli di alterazione provocati
dall’alcool. Mentre ai fini della circolazione stradale la norma giuridica indica con precisione il
livello di alterazione rilevante per il diritto, dal raggiungimento del quale fa discendere la
sussistenza della contravvenzione e le ulteriori conseguenze penali, la normativa applicabile nei
luoghi di lavoro non precisa quale sia il livello al quale ricollegare le previste conseguenze
giuridiche. In mancanza di indicazioni normative non si può fare altro che tentare di ragionare per
principi. Il principio generale accolto è appunto quello del divieto di consumare sul luogo di lavoro
sostanze alcoliche. Se ne deve trarre l’inevitabile corollario che non è consentito assumere sostanze
alcoliche prima di recarsi al lavoro e presentarsi sul luogo di lavoro in stato di alterazione.
Naturalmente occorre stabilire quando si possa essere considerati in stato di alterazione. Sappiamo
che il limite di legge che consente che il conducente di un veicolo venga considerato in stato di
ebrezza è stato fissato in 0,5 gr. per litro di aria alveolare. Si tratta di capire se anche al di sotto di
tale limite si possa ritenere esistente uno stato di alterazione, oppure no. La risposta è certamente
condizionata più dalle acquisizioni scientifiche che dalle nozioni giuridiche. Sembra di capire che è
apprezzabile anche un’alterazione al di sotto del limite indicato e che specie per particolari attività
anche un’alterazione più modesta può presentare dei rischi. Si pensi al chirurgo che opera in stato di
modesta alterazione per capire che i pazienti possono correre qualche rischio anche quando si è al di
sotto del limite indicato per la circolazione stradale.
So bene che le interpretazioni e le prassi correnti sono fortemente condizionate da alcune esigenze
pratiche che consigliano grande prudenza. Ma il compito del giurista è quello di ricordare che il
luogo di lavoro non è il luogo nel quale possa trovare tutela incondizionata la libertà personale di
seguire pratiche pericolose per la propria salute, perché tale libertà va contemperata col diritto degli
altri lavoratori o dei terzi di non subire pregiudizio a causa del comportamento alterato
dall’assunzione di sostanze alcoliche, tenuto da altri lavoratori.
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Il comma 4-bis dell’art. 41 offre ora alla Conferenza Stato-Regioni la possibilità di rivisitare le
condizioni e le modalità di accertamento dell’alcoldipendenza. E’ un’occasione unica per mettere
ordine e razionalità in una materia che finora ha visto molte e disordinate incursioni di
amministratori locali, di medici del lavoro, di teorici della sobrietà e di appassionati cultori del buon
vino. Vorrei sottolineare che la rivisitazione prevista dal legislatore è di ampia portata, perché non
riguarda solo le modalità di accertamento e le forme di esercizio della sorveglianza sanitaria, ma
anche le condizioni per esercitarla. Si chiede in buona sostanza alla Conferenza Stato-Regioni non
solo la disciplina tecnica delle modalità di accertamento, ma che, dopo la consultazione delle parti
sociali si rideterminino i casi (cioè le condizioni) in cui la sorveglianza sanitaria deve essere
prevista.
Beniamino Deidda
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oigres il 01/02/2011 04:14 ha scritto:
Scusami Frigeri, ma credo che stiamo dicendo la stessa cosa: se c'è obbligo di sorveglianza sanitaria (per ALTRI rischi) faccio gli accertamenti ANCHE per l'alcol dipendenza (se la mansione è tra quelle citate nell'allegato); se la mansione è inclusa nell'allegato, ma non c'è obbligo di SS per altri rischi, niente visita del MC.
Infatti sono pienamente d'accordo.
giancarlo il 02/02/2011 08:23 ha scritto:
Ogni tanto torniamo sul problema e sembra che ognuno rimanga della propria opinione.Già in passato avevo consigliato di riflettere sulla monografia del gruppo La.R.A. pubblicata su "medicina del lavoro " e poco tempo dopo c'è stato l'intervento del Dott.Deidda che riporto di seguito
Beniamino Deidda
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Che la situazione debba essere sistemata non v'ha dubbio! Basta pensare al fatto che se un autista di scuolabus si fuma uno spinello il sabato sera, e il lunedi mattina il MC gli fa il test, lo trova positivo ed inizia tutto l'iter. Se invece si prende una sbronza colossale ma il lunedi si presenta sobrio alla visita periodica (e ovviamente risulterà alcol esente da un eventuale alcolimetria) non gli succede nulla. Tuttavia, ciò premesso, la situazione oggi è quella che è: l'obbligo di sorveglianza sanitaria per alcoldipendenza, nella interpretazione più avanzata, c'è solo per chi è già sottoposto a sorveglianza sanitaria. Nella interpretazione più restrittiva non c'è per nessuno.
Mi pongo 2 domande che potrebbero facilitare la soluzione al problema:
1) perchè , visto l'art.1 ( cedevolezza) le regioni non legiferano in materia invece di mandare in giro linee guida o circolari o pareri ?
2)ma l'alcool non è una sostanza che da dipendenza?
giancarlo il 02/02/2011 09:44 ha scritto:
Mi pongo 2 domande che potrebbero facilitare la soluzione al problema:
1) perchè , visto l'art.1 ( cedevolezza) le regioni non legiferano in materia invece di mandare in giro linee guida o circolari o pareri ?
2)ma l'alcool non è una sostanza che da dipendenza?
Ti rispondo avendone parlato recentemente e direttamente con chi coordina il gruppo delle regioni che dovrebbe regolamentare in materia: perché l'industria del vino in Italia è troppo importante per permettere di regolamentare l'alcol come una qualsiasi sostanza che dà dipendenza. A detta del soggetto in questione l'attuale situazione di indeterminatezza non è casuale, è voluta. In effetti, a pensarci bene, bastava scrivere: "nelle mansioni di cui all'allegato I dell'intesa stato regioni del 16/3/2006 è obbligatoria la sorveglianza sanitaria per l'accertamento dell'alcoldipendenza". Invece hanno scritto "nei casi e alle condizioni previste dall'ordinamento" E buonanotte!
Quindi se chi coordina le regioni, come dice Bernardo, ha riferito ciò e ciòè che si è voluto "di proposito" lasciare indeterminata e poco chiara la legge, ne consegue quindi che la normativa attuale sull'alcol (e non scopriamo l'acqua calda) risulta "indeterminata e poco chiara".
Questo proprio a ribadire che allo stato dei fatti (come dimostrano anche i numerosi e non sempre univoci interventi in questa ed altre sedi), la normativa sull'alcol ora viene interpretata in un senso, ora in un altro.
Con ciò in definitiva voglio dire che nonostante l'interpretazione che dà Bernardo (che appartiene, a mio avviso, alla "corrente di maggioranza") sia logica e coerente dal punto di vista dell'interpretazione della norma, essa alla fine, come dimostrano i fatti, non è comunque la più "sicura". Per cui ti trovi in alcune Regioni, come anche evidenziato in qualche intervento precedente, ad essere sanzionato per non avere scelto la strada diciamo più "cautelativa".
A questo punto qualcuno mi potrebbe rispondere che la tutela è prima di tutto del lavoratore e non del medico ocmpetente. Io a questi rispondo invece che tale norma è centrata sulle mansioni a rischio per terzi, e quindi sono i terzi che vanno primariamente tutelati oltre che naturalmente i lavoratori e, non dimentichiamolo, il datore di lavoro.
Poi se in questo ragionamento il medico competente tutela anche se stesso, al di là delle ipocrisie, non ci vedo nulla di male se questo significa comunque una maggiore tutela per tutti!
mc pol il 03/02/2011 09:57 ha scritto:
Per cui ti trovi in alcune Regioni, come anche evidenziato in qualche intervento precedente, ad essere sanzionato per non avere scelto la strada diciamo più "cautelativa".
Ti sarei grato (seriamente, ed è rivolto a tutti) se mi informi anche privatamente (trovi lamia mail sui profili) di colleghi che siano stati sanzionati per non aver effettuato la sorveglianza sanitaria per l'alcoldipendenza. Sono disponibile (gratis) a mettermi a disposizione, insieme al gruppo di legali che collabora con noi, per fronteggiare il problema.
scusandomi in anticipo per la lunghezza del mio intervento, e per la pochezza del mio ragionamento, a fronte di 'si dotti interlocutori.
La presente é (soprattutto) una disamina del (noto) intervento del dott. Deidda, ed in subordine una risposta a MC POL sul legame tra accertamenti alcoolimetrici e tutela dei terzi.
L'interpretazione di Deidda appare infatti secondo me vittima di un ragionamento capzioso, legato ad una "forzatura della norma, laddove la 125/01, utilizzando l'espressione "possono", nell'interpretazione del magistrato si riferisce alla fattibilità degli stessi dal medicocompetente O dai medici del servizio di vigilanza, dando chiaramente per scontata l'obbligatorietà di tali controlli.
Invece il verbo "possono" sarebbe piu' corretto riferirlo alla "discrezionalità" degli stessi accertamenti; se infatti il disposto dell'articolo fosse riferito solamente alla scelta dell'esecutore degli esami fra il medico competente e il servizio di vigilanza, la legge avrebbe scritto chiaramente "gli accertamenti DEVONO essere eseguiti dal medico competente o dai medici del servizio di vigilanza".
Da questa forzatura nella interpretazione semantica del disposto legislativo, derivano tutta una serie di contraddizioni a cui il dottor Deidda, di cui pure occorre ammirare acume e rigore in altre sedi, tenta di mettere rimedio.
Se infatti viene correttamente ricordato nel primo capoverso a pagina 3 che i "controlli (alcolimetrici)... possono essere svolti o dal medico competente nominato dall’azienda oppure dai medici dei servizi di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro della ASL", nel prosieguo del ragionamento apparentemente ci si dimentica che, essendo la 125 stata emanata in regime di 626, erano già ben distinte e l'attività di vigilanza (in capo ai medici del lavoro dei servizi spresal) e la sorveglianza sanitaria dei lavoratori (obbligo del mc); appare logico supporre che il richiamare ad entrambe le professionalità (medici spresal e mc) la possibilità di eseguire le alcolmetrie equivale a dichiarare tale attività ESTRANEA alla sorveglianza sanitaria!
Siccome é bene evidentemente spiegare il mio intendimento al livello il più elementare possibile, chiarisco che a mio avviso il legislatore deve aver pensato: "se mi si presenta in fabbrica uno sbronzo, se c'é il medico competente (l'ho scritto io cosi', ma probabilmente l'estensore della norma se lo sarà tradotta mentalmente come "medico di fabbrica") interviene immediatamente lui, senno' questi chiamano i medici del lavoro dei servizi pubblici"... che questo sia un vulnus macroscopico in tutta la costruzione logica del dott. Deidda appare ancora al primo capoverso a pagina 4, quando ricorda che "ai sensi del primo comma dell’art. 41 la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente nei casi previsti dalla normativa vigente" ma prosegue dichiarando che "non vi è alcun dubbio che la legge 125, espressamente applicabile ai luoghi di lavoro, sia una norma vigente che espressamente assegna il compito di procedere ad esame alcolimetrico al medico competente"...
?????????????????????????????????????????????????????????????????????? E che ca@@o c'entravano allora i medici spresal?
Ma non a caso, subito dopo sempre a pagina 4 esprime un'altra pesante faciloneria, ancora più grave visto che a pronunziarla é un procuratore della repubblica: "Altra osservazione, non molto convincente, viene formulata da chi ritiene che questo tipo di accertamenti non riguarda la sorveglianza sanitaria in senso stretto... Si dice cioè che gli esami alcolimetrici sono una cosa e le visite mediche sono un’altra cosa. Ricordo che nel decreto 81 la visita medica è lo strumento inteso a constatare l’assenza di controindicazioni alle mansioni assegnate. L’interpretazione molto formalistica non tiene conto del fatto che ogni esame medico dà luogo inevitabilmente ad una visita medica e che in questo, come in tutti gli altri casi, si tratta di accertare se il lavoratore possa svolgere le mansioni affidategli senza rischio per sé stesso o per gli altri".
Bene, la prossima volta che un agente della stradale mi sottoporrà ad alcooltest, dovro' chiedermi se non stia esercitando abusivamente la professione medica?
Non credo che sostenere che gli agenti di polizia eseguono il test del palloncino dietro specifica direttiva ministeriale equivalga a dire che essi mi sottopongono a visita medica... é deontologicamente corretto per un medico accettare che si dica che il far soffiare qualcuno in un alcoolimetro equivalga a visitarlo per esprimere una idoneità specifica alla mansione?
Eppure questa volontà di "piegare" una norma una volta tanto chiara prosegue ancora nell'ultimo capoverso a pagina 7 e nel primo capoverso a pagina 8, dove, con un enorme sprezzo del ridicolo si afferma un attimo prima che i "controlli (alcolimetrici) debbano esser fatti esclusivamente dal medico competente", salvo ricordare appena andato a capo che i "controlli possano essere effettuati solo dal medico competente o dai medici del lavoro dei servizi territoriali delle ASL con funzioni di vigilanza".
In realtà al termine del suo ragionamento, il procuratore si sovviene della discrepanza che ho segnalato, ma risolve la questione come se non conoscesse i disposti dell'81/08 e modifiche e la tempistica con cui le diverse norme sono state emanate.
"Resta da spiegare perché la sorveglianza sanitaria possa essere effettuata anche dal medico appartenente all’organo di vigilanza delle ASL. A me pare che l’assegnazione di tali compiti al medico del lavoro pubblico sia stata prevista solo per quei casi in cui il medico competente non è stato ancora nominato, in presenza dell’obbligo generale per il datore di lavoro di allontanare il lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari (art, 15, lett. m del D. 81/08)".
Cioé, traducendomelo in pane e mortadella ("parla come mangi!"), chi ha emanato la 125/01 sapeva già per preveggenza chel'81/08 avrebbe previsto un vuoto temporale tra inizio dell'attività aziendale e nomina del medico competente.
Giova forse ricordare, e cosi' rispondo anche ad MC POL, che mentre l'attenzione di tutti si e' focalizzata sull'art. 15 della 125/01, perdendo di vista l'impianto generale della legge, che dal suo preambolo, proponeva di recare "norme finalizzate alla prevenzione, alla cura ed al reinserimento sociale degli alcoldipendenti".
Ma anche volendo enfatizzare un solo articolo, contro i restanti 15, i controlli alcolimetrici (con buona pace del successivo art. 41 di là da venire, e che sempre si richiama ai limiti della normativa vigente, sarebbe bene rileggersi anche il comma 2 dell'art. 15, che ricorda che i controlli alcolimetrici vengono effettuati "Per le finalità previste dal presente articolo", ossia il "divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche".
Dopodiché, buon business a tutti!
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