nofertiri9 il 09/04/2011 03:41 ha scritto:
... dalle mie parti si dice che a manifestare tendenze particolari con il lato B altrui è troppo facile per essere credibile.
Gentile Nofer,
giudico le tue considerazioni tecnico-scientifiche ed etiche profondamente sbagliate e poco stimolanti, rivelatrici di scarsa conoscenza dell'argomento.
Ciò detto, ti inviterei ad evitare considerazioni insultanti sulla mia persona, non tanto per me, che non mi sento minimamente sfiorato da esse, quanto per rispetto dei frequentatori di questo forum, che hanno tutto il diritto di assistere a un confronto di merito anche serrato, ma non a risse improduttive.
Saluti
a.m.
armando il 09/04/2011 08:25 ha scritto:
A questo sito una indicazione della accettabilità del rischio cancerogeno, che deve essere inferiore ad 1/10.000:
http://www.unibo.it/NR/rdonlyres/...F3/10997/cancerogenirelazione.pdf, vedi pag. 1
Errata corrige: vdi pag.19
L' U.S. Department of the Interior Office of Occupational Health and Safety
http://www.salinasramblersmc.org/...doi-osha-response-0508%5B1%5D.pdf ritiene anch'esso accettabile un rischio cancerogeno pari a 1/10.000.
Quindi, anche con questo criterio il rischio bariste è da considerare accettabile (0,15/10.000), il rischio addetti pompe non accettabile (2,88/10.000).
L'articolo è interessante, perchè sviluppa in modo corretto la valutazione del rischio, nelle sue tappe meno praticate nelle nostrane valutazioni dell'OEC e caratterizzazione del rischio.
Permettetemi una notazione metodologica, proposta dall'ISS; non compete ai tecnici fissare il livello di accettabilità, ma al confronto etico politico sociale.
I tecnici debbono fornire le corrette informazioni qualitative e quantitative sulla natura del rischio.
In una partita così complessa, il rispetto rigoroso dei propri ruoli è importante.
Al termine della nostra indagine sui benzinai, ho illustrato i risultati al rappresentante dei gestori; e confesso che dal mio lato della scrivania, dentro di me giudicavo in fondo non così elevato il rischio di 0,6 leucemie in 40 anni nei circa 2000 addetti umbri.
Dall'altro lato invece, quello di chi aveva questa "minima" possibilità di leucemia, la valutazione fu esattamente opposta.
Fortuna che, consapevole del mio ruolo oggettivo di "tecnico" e della asimmetria dei lati della scrivania, non mi ero espresso sull'accettabilità del rischio, evitando una brutta figura.
Sviluppando il ragionamento che compete ai tecnici: per la loro esposizione professionale, i circa centomila addetti alle pompe di benzina in Italia debbono aspettarsi, con l'incertezza legata alle attuali conoscenze e proprio nell'ipotesi peggiore, fino a circa 30 leucemie nei prossimi 40 anni, diciamo una leucemia ogni 15 mesi.
Bene, cari colleghi, che diciamo ai nostri lavoratori, ai DdL?
Facciamo SS si o no, registro esposti si o no?
O lasciamo che siano gli OdV a decidere, accettando acriticamente, tanto hanno sempre ragione loro?
Ovvero ci assumiamo la responsabilità della nostra decisione, presa in base a quali criteri: SIMLII, NIOSH, EPA, altro?
E le bonifiche nei bar delle stazioni di servizio la facciamo adottare?
E le misure di prevenzione collettiva alla pompa le facciamo adottare o no?
....
Che Stato schizofrenico: da un lato impone il registro degli esposti per i baristi delle aree di servizio, dall'altro vende sigarette mettendosi in pace la coscienza facendo scrivere che il fumo uccide ( ma ingrassa le tasche di chi lo vende). Facciamo il registro degli esposti dei lavoratori fumatori?
guido_rossi il 10/04/2011 10:34 ha scritto:
Che Stato schizofrenico: da un lato impone il registro degli esposti per i baristi delle aree di servizio, dall'altro vende sigarette mettendosi in pace la coscienza facendo scrivere che il fumo uccide ( ma ingrassa le tasche di chi lo vende). Facciamo il registro degli esposti dei lavoratori fumatori?
No no, lo stato non impone nessun registro degli esposti per i baristi; la discussione è aperta.
armando il 10/04/2011 11:41 ha scritto:
No no, lo stato non impone nessun registro degli esposti per i baristi; la discussione è aperta.
Mi sovviene un dubbio. Se la mia lavorazione nmon ammette la presenza di cancerogeni e, invece, l'azienda ammette la possibilità ai lavoratori di essere esposti al fumo di sigaretta (sia attivamente - posto fumo - che passivamente - colleghi presenti, per esempio, al posto di ristoro dov'è concesso fumare), che, com'è noto, è cancerogeno certo... Secondo i principi sin qui enunciati dovrei: a) vietare il fumo in azienda, con quello che ne consegue; b) iscrivere i fumatori e/o gli esposti nell'apposito registro? Oltretutto perchè sono cominciate le cause di risarcimento per patologie connesse col fumo e contratte sul luogo di lavoro....
Il tema "valutazione-gestione cancerogeni" in genere è aperto perchè difficile, perchè gli esperti sono pochi, perchè è un argomento scomodo. A complicare il tutto una situazione paradossale: l'esistenza negli ambienti di vita di concentrazioni di inquinanti (outdoor ed indoor cancerogeni compresi) talora maggiori di quelle rilevate in campo professionale. L'alta mobilità lavorativa non rende fattibile l'effettuazione dei comodi e facili studi di corte mirabilmente utilizzati in passato per valutare il rischio da amianto o CVM. Così si fanno continui convegni su argomenti straripetuti (biomeccanico in tutte le salse, alcool e droghe....), su cui siamo ormai esperti tutti, non sappiamo più cosa inventarci e gira gira le cose sono sempre le stesse, perchè porta business, profitto. Poi diciamoci la verità, liquidare uno per STC dare 2 punti quindi senza neanche la necessità di indennizzo INAIL che problema crea? Se invece dovessimo risarcire un k professionale, se fossimo costretti ad eliminare sostanze oggi indispensabili con riflesso sia sulle nostre abitudini di vita che con implicazioni economiche gigantesche il discorso cambiarebbe. Quindi alla fine si preferisce in modo più o meno consapevole evitare. Ma se affrontiamo la cosa con un pò di sano criticismo ed autentica "vocazione a far prevenzione" dovremmo tutti convenire che il tema sarebbe da affrontare con tutti i sacrosanti crismi investendo le maggiori risorse. Detto ciò secondo il mio modestissimo parere, il registro cancerogeni come è impostato oggi, come viene utilizzato è solo una perdita di tempo e può anche confondere le idee portando a dei bias giganteschi...Fondamentale approfondire gli studi, investire in ricerca e trovare strade nuove di accesso....con obiettivi chiari e mezzi semplici....
serenix il 11/04/2011 12:38 ha scritto:
... Detto ciò secondo il mio modestissimo parere, il registro cancerogeni come è impostato oggi, come viene utilizzato è solo una perdita di tempo e può anche confondere le idee portando a dei bias giganteschi...Fondamentale approfondire gli studi, investire in ricerca e trovare strade nuove di accesso....con obiettivi chiari e mezzi semplici....
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
serenix il 11/04/2011 12:38 ha scritto:
Il tema "valutazione-gestione cancerogeni" in genere è aperto perchè difficile, perchè gli esperti sono pochi, perchè è un argomento scomodo.
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Se invece dovessimo risarcire un k professionale, se fossimo costretti ad eliminare sostanze oggi indispensabili con riflesso sia sulle nostre abitudini di vita che con implicazioni economiche gigantesche il discorso cambiarebbe. Quindi alla fine si preferisce in modo più o meno consapevole evitare. Ma se affrontiamo la cosa con un pò di sano criticismo ed autentica "vocazione a far prevenzione" dovremmo tutti convenire che il tema sarebbe da affrontare con tutti i sacrosanti crismi investendo le maggiori risorse. Detto ciò secondo il mio modestissimo parere, il registro cancerogeni come è impostato oggi, come viene utilizzato è solo una perdita di tempo e può anche confondere le idee portando a dei bias giganteschi...Fondamentale approfondire gli studi, investire in ricerca e trovare strade nuove di accesso....con obiettivi chiari e mezzi semplici....
Penso che hai centrato diversi problemi.
Il tuo ragionamento sull'effettivo utilizzo dei registri esposti è condivisibile e non ti nascondo che le tue perplessità sono anche le mie.
Precisato che chi dovesse pensare che la gestione dei dati dei registri infortuni possa essere fatta da una ASL per presentare studi epidemiologici in qualche convegno dimostrerebbe di non avere la più pallida idea di cosa sia una studio epidemiologico che possa utilizzare quei dati, i registri comunque li abbiamo.
Non è detto che l'ISPESL prima o poi non li utilizzi; tieni anche conto che la vexata quaestio degli effetti alle basse esposizioni è legata anche al fatto che è basata su estrapolazioni dalle alte dosi.
D'altra parte il costo di inserire i dati che la ASL mette a disposizione dei DdL sull'esposizione a benzene dei lavoratori dei distributori sarebbe molto basso.
Ma rispetto agli altri punti, quelli che mettono in discussione l'atteggiamento a te descritto, quale è la tua opinione?
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