Non commento la frase di Bernardo “…potrei scrivere un dossier su malattie professionali reali non riconosciute dall'INAIL, ma anche su un numero almeno uguale di malattie professionali inesistenti riconosciute!!” perché di fronte alla certezza granitica di sapere quali sono le “malattie professionali reali” e quali quelle "inesistenti" non ho argomenti seri da contrapporre, eppure credo che l’esperienza non mi manchi. Sono contento, ironicamente, del fatto che Nofer scriva “..ma vedi che poi, grosso modo, magari la media torna... “ perché così i medici Inail, pur sbagliando in eccesso o in difetto, non perdono gli incentivi perché come afferma MaryMary “..il personale medico INAIL percepisce attualmente incentivi anche economici allorché la percentuale dei riconoscimenti attualmente supera una certa soglia…”, chiedo soltanto di sapere anch’io come richiede Frama di avere “..notizia di questi "incentivi che riceve il personale medico Inail”; lavorando all’Inail da oltre trenta anni non mi ero mai accorto di ciò … potrei fare anche una azione sindacale a tal proposito!!!!
Ma sono certo che non ho perso nulla.
P.S. Ma quando si fanno certe affermazioni non sarebbe meglio essere cauti?
Ma quando si fanno certe affermazioni non sarebbe meglio essere cauti?
Caro Adriano, purtroppo è la verità: mi è capitato spesso, ad esempio di vedere riconosciuta una STC in assenza assoluta di rischio lavorativo, così come di non veder riconosciuta una STC in presenza di rischio documentato. E ultimamente, di veder riconosciuta (giustamente, a mio parere) un STC ma non riconosciuta, nella stessa postazione di lavoro, una S.di De Quervain, dovuta al fatto che la lavoratrice in questione usava una modalità diversa (pressione con il pollice anziché con il palmo) per fare lo stesso lavoro. La risposta è stata: riconosciamo solo le STC!
Dopodichè nessun dramma, sono cose che succedono, solo che quando succedono "fanno notizia" mentre ovviamente "non fa notizia" la grande maggioranza dei casi in cui il riconoscimento, o il non riconoscimento, sono appropriati. Così va il mondo!
guido_rossi il 12/11/2011 08:21 ha scritto:
La domanda puo' apparire non comune, ma in realta' e' una situazione strana cui sto assistendo: un lavoratore, non so come ha fatto, si e' fatto riconoscere dall'INAIL una MP che di professionale non ha niente anche perche' mai esposto ai rischi per cui ha manifestato i disturbi. Ora l'INAIL ha inviato una lettera all'azienda in cui minaccia di rivalersi per i danni causati al lavoratore (?), lavoratore gia' licenziato per altri motivi e che ha gia' perso in tutti i gradi di giudizio. Mi chiedo: se e' possibile per il lavoratore fare ricorso contro il mancato riconoscimento, e' possibile anche il contrario, ovvero potrebbe l'azienda opporsi in sede amministrativa a questo riconoscimento abnorme? Oppure deve adire le vie giudiziarie citando l'INAIL? Che ne pensate? E se tra i colleghi c'e' qualche funzionario INAIL che possa darmi qualche indicazione.
Ovviamente si: si può sempre fare ricorso (Art. 25 della Cotituzione: "Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge"). Il diritto di ricorrere al giudice competente in materia (in questo caso di tratta del giudice ordinario del lavoro) è un diritto di rango costituzionale e quindi inalienabile.
Il problema è se ne vale la pena, dato che è un vero e proprio processo con nomina del CTU che potrebbe anche dare ragione all'INAIL. Ogni processo è sempre una incognita e comunque costa.
Mi è capitato di essere CTU e CTP in cause simili, in materia di ricorso dell'azienda contro un infortunio o di MP riconosciuti dall'INAIL.
Per quello che riguarda le minacce INAIL, l'azione di rivalsa (art. 10 T.U.) presuppone una condanna dell'azienda (Art.10 T.U."L'assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro. Nonostante l'assicurazione predetta permane la responsabilità civile a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale l'infortunio è derivato. Permane, altresì, la responsabilità civile del datore di lavoro quando la sentenza penale stabilisca che l'infortunio sia avvenuto per fatto imputabile a coloro che egli ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro, se dei fatto di essi debba rispondere secondo il Codice civile").
Piuiteaczz il 30/11/2011 10:24 ha scritto:
Il problema è se ne vale la pena, dato che è un vero e proprio processo con nomina del CTU che potrebbe anche dare ragione all'INAIL. O[b]gni processo è sempre una incognita e comunque costa/b].
Prescidendo un momento dalla correttezza della diagnosi di MP formulata e sin qui accolta, mi sento in obbligo civile di spezzare non una lancia ma tutte le lance possibili in favore della magistratura. Mi spiego: so benissimo anche io che spesso i giudizi sembrano una sorta di "riffa", ma per la mia esperienza personale devo ribadire che sin qui non ho ancora visto errori da parte dei magistrati giudicanti se e quando il giudizio sia stato ben impostato e condotto sin dal principio dai legali e se e quando ci siano stati CT degni di questo nome a portare il proprio contributo tecnico appunto. Ho visto PM farsi dei film incredibili quanto insussistenti, in ambito penale, come ho visto attori di cause civili pretendere risarcimenti o riconoscimento di qualcosa che non aveva alcun motivo giuridico di essere: cause che sono andate avanti anche per anni, alle volte: ma non ho ancora visto una sentenza a mio parere "sbagliata" nei procedimenti cui ho partecipato.
Vero che io occupandomi solitamente di cose decisamente più tecniche e normativamente ben più definite che non la medicina del lavoro mi sono trovata coinvolta in situazioni in cui mi è stato gioco facile dire "questo è l'articolo di legge e dice così, così appunto è stato fatto e quindi il comportamento è legittimo" ovvero "così non è stato fatto e quindi il comportamento non è legittimo", ma anche in tema di corrispondenza tra VdR e correlazione con patologie allegate ho avuto modo di riuscire a far capire - alle volte persino a CTU ma più spesso ai magistrati giudicanti - quale fosse il cuore della questione.
Tutto ciò, calato nella fattispecie della domanda inizialmente postata da guido rossi e all'ultimo intervento di piuiteaczz, mi induce a rispondere che se la VdR è ben fatta ed oggettivamente documentata e se anche la "MP riconosciuta" risulta tra quelle inserite in Lista 1 dal DM (del 2004 o del 2008 poco conta) di presunzione di origine professionale il DdL collaborato dal MC e dal proprio consulente tecnico non sanitario può avere tutto il modo di dimostrare che non c'è nesso causale tra patologia presentata dal lavoratore e il proprio ciclo produttivo. Ripeto: SE (maiuscolo!) e solo SE la VdR è stata ben fatta ed oggettivamente quanto scientificamente documentata. Perchè forse la medicina nei fatti può essere una questione "interpretativa" ma in materia di MP resta sempre ben saldo il principio di necessità dell'esistenza della causa per poter affermare che ci sia anche l'effetto. Se non ho l'agente di rischio quel presunto effetto non dipende dalle condizioni di lavoro, ossia il signore l'acciacco lamentato forse ce l'ha pure, ma non gli è venuto perchè faceva quel lavoro.
Sono cosciente che alcune MP persino di lista 1 sono delle patologie che possono capitare "comunque" alla gente, partendo dai danni osteoarticolari per finire alle BPCO (io ho la schiena inguaiata e pochissimo fiato residuo, eppure non ho mai fatto il magazziniere o il facchino nè il saldatore o il minatore) e non sempre ci si trova come per gli agenti chimici davanti a certezze univoche (piombo = piombemia alta), ma se e quando è possibile dimostrare documentalmente che quel lavoratore non ha mai svolto mansioni che lo esponessero a quel rischio, specie se nella medesima azienda non ci sono MP di quel tipo tra coloro che al medesimo rischio sono realmente esposti, non c'è magistrato giudicante che non accolga questo percorso logico.
Alla fine, è esattamente ciò che -sia pure come al solito in maniera da cani- intende dire l'art. 30 di coso 81: se l'azienda ha un compiuto sistema di gestione della salute e sicurezza non può essere ritenuta colpevole/responsabile della patologia/infortunio.
Questo non significa per forza una certificazione 18000: ma di certo richiede organigramma certi, mansioni formalmente assegnate, valutazioni di rischio puntuali e tecnicamente ineccepibili per strategie e validazione, informazione e formazione appropriate per tutte le figure coinvolte, misure di prevenzione collettiva adeguate ai rischi presenti, SS oggettivamente e compiutamente mirata agli aspetti preventivi corroborata da dati clinici di insussistenza della patologia ma anche dei relativi "segni premonitori".
Quindi, in conclusione, non è il procedimento giudiziario ad essere un'incognita, ma lo è l'esistenza o meno di idonea documentazione probatoria.
I giudici di medicina non ne capiscono una ceppa, nè dovrebbero, ma ne capiscono di diritto, e alle volte si fa fatica a far capire persino agli avvocati quale sia la logica giuridica da seguire (condensabile in no martini no party) ma quando ci si riesce (e qui sì che ci vuole tutta l'esperienza professionale del MC e/o del consulente tecnico) il verdetto non potrà che essere "giusto".
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Caro Graziano, (BERNARDO) prendo atto di quanto scrivi, ed in considerazione che in qualità di responsabile del Settore Prevenzione della S.M.G. posso esaminare “online” tutte le pratiche del territorio nazionale, come sai l’Inail ha dai primi anni novanta la cartella clinica informatizzata e tutta la documentazione, sanitaria e non, è inserita “in rete” INTRANET, ti sarei grato visto che scrivi “…mi è capitato spesso, ad esempio di vedere riconosciuta una STC in assenza assoluta di rischio lavorativo, così come di non veder riconosciuta una STC in presenza di rischio documentato..” se privatamente sulla mia mail, per ovvi motivi di privacy, mi indicassi almeno due nominativi completi, con la sede ed eventualmente il numero evento, affinché si possa fare l’opportuna verifica della presenza o mneo del rischio, possiamo poi parlarne, non siamo infallibili e vogliamo sapere.
In merito poi al titolo di questo thread “E' possibile fare ricorso contro il riconoscimento di una malattia professionale? “ mi corre l’obbligo di segnalare, deludendo i molti che si sono cimenati, che NON esiste normativamente e giuridicamente detta possibilità (per inciso a qualcuno risulta che è possibile fare ricorso contro un riconoscimento di invalidità di qualsiasi tipo civile, - INPS., Inail etc - riconosciuto da una struttura pubblica?) in quanto il Datore di Lavoro non può entrare nel merito del rapporto Lavoratore/Ente Assicuratore può, al massimo, opporsi giudizialmente agli effetti negativi di detto riconoscimento, per intenderci sull’elevazione del premio.
[NON esiste normativamente e giuridicamente detta possibilità (per inciso a qualcuno risulta che è possibile fare ricorso contro un riconoscimento di invalidità di qualsiasi tipo civile, - INPS., Inail etc - riconosciuto da una struttura pubblica?) in quanto il Datore di Lavoro non può entrare nel merito del rapporto Lavoratore/Ente Assicuratore può, al massimo, opporsi giudizialmente agli effetti negativi di detto riconoscimento, per intenderci sull’elevazione del premio”
Questo e’ quanto giustamente ha detto Adriano Ossicini . Ed e’ questo che vi dicevo qualche giorno fa quando citavo in gergo la possibilita’ per il datore di lavoro di “costituirsi per terzo”, cioe’ come terza parte: il DL non puo’ entrare nel merito del riconoscimento , dell’entita’, della tipologia, ecc.ecc.,in quanto trattasi di un rapporto diretto ed in privacy tra Istituto assicuratore ed assicurato.
Il datore di lavoro allora si oppone solo alle conseguenze economiche a proprio danno, adducendo le motivazioni di rischio professionale irrilevante,ecc.
Ma per l’appunto, come vi dicevo, questa abitudine non c’e’ tra le aziende…
Ossicini ci chiede di citare i casi….come si puo’…..
A che vale citare l’ipoacusia riconosciuta sulla base di un’esposizione per 8 mesi (sic) ad 84 dBA, mentre per il restante tempo la persona era stata sotto gli 80!!!!motivazione? rumore >80 e’ tabellato!!
A che vale citare un’ ernia del disco operata riconosciuta come malattia professionale nonostante io avessi inviato una nota (forse neanche letta)ai colleghi dell’INAIL come medico competente , in cui riportavo l’anamnesi patologica del soggetto a me noto, citando anche la presenza di una ED documentata 15 anni fa e, naturalmente, non menzionata dall’interessato all’atto della visita INAIL!!!!
A che vale citare relazioni CONTARP in cui venivano valutati degli indici di movimentazione manuale di carichi inserendo coefficienti di riduzione della ISO 11 228 , cui venivano aggiunti ALTRI coefficienti di riduzione, tirati fuori, come da un cappello a cilindro,addirittura dalla norma EN (valida cioe’ in fase PROGETTUALE!!!)……….
Si tratta di casi documentati, non di chiacchiere,purtroppo!!!
E che dire dei referti art 365 successivi a tutti i riconoscimenti ovviamente (anche dell’1%) secondo legge, ma che riconoscimenti??? Il disagio successivo per quante persone? L’altezzosita’ con cui gli UPG entrano nelle aziende, fanno spostare i medici, vogliono documentazione di ogni tipo,e per cosa? Per dei riconoscimenti di pessima qualita’! chi paga per tutto questo?Quante aziende oggi cercano comunque di adoperarsi per la sicurezza? Credo tante. Quanti di noi cercano di lavorare con coscienza? Credo tanti, altrimenti non staremmo qui a perder tempo.Come si permettono questi enti pubblici di fare e disfare ? Perche’ l’ente pubblico ( simil magistratura) non risponde degli errori, dinanzi al privato?
Quanto agli incentivi INAIL, non si tratta di parlare a vuoto…
1) la direttiva per le sedi periferiche e’ di mantenersi sopra una percentuale X di riconoscimenti rispetto alle domande pervenute;
2) il personale dipendente delle sedi periferiche percepisce l’incentivo economico allorche’ siano raggiunti determinati obiettivi e tra questi c’e’ la definizione delle pratiche di MP in tempi ristretti: cio’ comporta spesso l’impossibilita’ di approfondimento della reale entita’ del rischio. (avete mai visto i questionari che invia l’INAIL per le malattie professionali?vorrebbero forse essere un modo per conoscere il rischio?e l’acquisizione di centinaia di pagine di DVR assolutamente inutili e tutti uguali?non vi sembra solo un modo per produrre tanta carta?)
.
Allora in questa situazione cosa possiamo fare? Spieghiamo alle nostre aziende come stanno le cose; se hanno dei bravi legali, parliamo con questi , mettendo loro una “pulce nell’orecchio”; prepariamo la nostra documentazione sufficientemente esplicativa, in cui spieghiamo il nostro punto di vista, e teniamola pronta per quando arrivera’ l’UPG.
E speriamo che in futuro non siano sempre gli stessi a pagare per gli errori .
che poi sarebbe quello che intendevo io dicendo "mal che vada finisce a causa". Forse non mi sono espressa propriamente parlando di ricorso, ok, in quanto mi riferivo alla predisposizione del modulo che dovrebbe essere inviato anche al DdL quando un lavoratore fa istanza di riconoscimento di MP, ovvero al ricorso se ciò non è stato fatto.
La mia personale opinione è che quando ciò accade l'inail dovrebbe sempre ed obbligatoriamente informare il DdL della cosa perchè trattasi di procedimento amministrativo che "contrattualmente" riguarda l'azienda. Sappiamo però che questa procedura non è sempre rispettata.
Io sono del parere che non rispettarla configuri violazione della L. 241/90, essendo il riconoscimento - o denegazione- di MP senza dubbio alcuno un atto amministrativo dovuto dall'INAIL nei confronti del richiedente, in questo caso il lavoratore. Tuttavia, la L. 241/90 prevede delle procedure specifiche per il compimento degli atti amministrativi, e non richiedere al DdL del lavoratore - a parte configurare l'ipotesi di anticostituzionalità per art. 24- segnatamente violerebbe a mio avviso i seguenti articoli:
Art 6.
1. Il responsabile del procedimento:
a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione di provvedimento;
b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali;
nonché
Art. 7.
1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento.
Certo, posso sbagliarmi: pure, sono del tutto certa che la Legge disponga esattamente in questo modo.
A meno che non mi si dica che l'INAIL non è Pubblica Amministrazione, non avvisare il DdL configura di certo violazione dell'art. 97 della costituzione, che testualmente detta:
Art. 97
I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Nessuno dice che il DdL possa o debba intervenire nel rapporto tra lavoratore-cittadino e l'Ente Pubblico, io dico solo che il DdL ha il diritto di essere avvisato che c'è in atto un procedimento amministrativo che può comportargli un pregiudizio (economico o solo d'immagine mi sembra irrilevante) e deve potersi difendere dal rischio di subire indebitamente o incolpevolemnte questo pregiudizio.
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Scusate, mi dembra di avere capito che e' discrezionale del medico INAIL, se non ha chiara la situazione richiedere altra documentazione, oppure consultare le figue interessate ( DL, RSPP, Lavoratoe , MC ) per riuscire a capire meglio la situazione. Se cosi' fosse mi parebbe logico e giusto e mi chiedo perche' non avvenga mai, perlomeno nella mia esperienza; proprio perche' gli elementi per esprimere questo tipo di giudizio, oggi, sono a disposizione e le figure che conoscono bene le problematiche lavorative darebberero un aiuto decisivo per un giudizio equo. Poi chiedo ai colleghi, se non ho capito male ,se l'unica maniera per fare giustizia di giudizi di MP frettolosi e' quello proposto dalla collega di Roma in cui il DL si pone come unico obbiettivo di non vedersi riconosciuti aggravi; mase avviene questo il giudizio di MP rimane ? E perche' se viene riconosciuto un errore ?. Scusate , ma se ho capito male correggetemi
nofmpertiri9 il 03/12/2011 12:56 ha scritto:
che poi sarebbe quello che intendevo io dicendo "mal che vada finisce a causa". Forse non mi sono espressa propriamente parlando di ricorso, ok, in quanto mi riferivo alla predisposizione del modulo che dovrebbe essere inviato anche al DdL quando un lavoratore fa istanza di riconoscimento di MP, ovvero al ricorso se ciò non è stato fatto.
La mia personale opinione è che quando ciò accade l'inail dovrebbe sempre ed obbligatoriamente informare il DdL della cosa perchè trattasi di procedimento amministrativo che "contrattualmente" riguarda l'azienda. Sappiamo però che questa procedura non è sempre rispettata.
Io sono del parere che non rispettarla configuri violazione della L. 241/90, essendo il riconoscimento - o denegazione- di MP senza dubbio alcuno un atto amministrativo dovuto dall'INAIL nei confronti del richiedente, in questo caso il lavoratore. Tuttavia, la L. 241/90 prevede delle procedure specifiche per il compimento degli atti amministrativi, e non richiedere al DdL del lavoratore - a parte configurare l'ipotesi di anticostituzionalità per art. 24- segnatamente violerebbe a mio avviso i seguenti articoli:
nonché
Certo, posso sbagliarmi: pure, sono del tutto certa che la Legge disponga esattamente in questo modo.
A meno che non mi si dica che l'INAIL non è Pubblica Amministrazione, non avvisare il DdL configura di certo violazione dell'art. 97 della costituzione, che testualmente detta:
Nessuno dice che il DdL possa o debba intervenire nel rapporto tra lavoratore-cittadino e l'Ente Pubblico, io dico solo che il DdL ha il diritto di essere avvisato che c'è in atto un procedimento amministrativo che può comportargli un pregiudizio (economico o solo d'immagine mi sembra irrilevante) e deve potersi difendere dal rischio di subire indebitamente o incolpevolemnte questo pregiudizio.
Nofer scrive "Nessuno dice che il DdL possa o debba intervenire nel rapporto tra lavoratore-cittadino e l'Ente Pubblico, io dico solo che il DdL ha il diritto di essere avvisato che c'è in atto un procedimento amministrativo che può comportargli un pregiudizio (economico o solo d'immagine mi sembra irrilevante) e deve potersi difendere dal rischio di subire indebitamente o incolpevolemnte questo pregiudizio."
Ha scritto molto su questo tema spiegando tutti i motivi del suo parere, con riferiemti precisi di tutela....peccato che dimentica una cosa esiziale che il TUTTO(cioè il procedimento amministrativo per eventuale riconoscimento di M.P o infortino) NON può iniziare a norma di legge senza la DENUNCIA da parte del Datore di Lavoro, e se è Lui che fa denuncia come può non saperlo? Di quale carenza "normativa" allora si sta parlando?
Dottor Ossicini, non so se ha avuto modo di leggere l'intervento iniziale di guido rossi e quello di panema poco dopo: da come li ho letti io, si evincerebbe che la MP sia stata riconosciuta anche in assenza del certificato inviato dall'Azienda.
Fino a che l'azienda riceve la richiesta di inoltro di primo certificato di MP è tutto regolarissimo: all'azienda si chiede, l'azienda risponde o non risponde (deve, per la verità) ma in ogni caso, quindi, "sa". SE il MC aziendale ritiene che la patologia accusata dal lavoratore non sia in nesso causale con le mansioni svolte, in quell'occasione può farlo presente, poi resta all'Ente Assicuratore decidere sulla fondatezza o meno della richiesta avanzata dal lavoratore, e su questo non ci sono dubbi da parte di nessuno, immagino.
Il problema, a mio avviso, sorge se e quando l'Azienda non viene avvisata, e pare proprio che invece ciò possa accadere.
Anche nel caso che l'azienda "sappia", tuttavia, mi sembra evidente che da quel momento in poi abbia diritto di - pertanto, possa- attivare tutto ciò che la Legge le consente per non subire un pregiudizio che ritiene ingiusto.
Ci possono essere e ci sono degli errori, dottor ossicini, anche se a nessuno fa piacere che accadano: per esempio a me personalmente, anni fa, arrivò una richiesta di denuncia di infortunio "in itinere" da parte della sede INAIL di un ex dipendente, che non era più in servizio da anni, alla quale io risposi tempestivamente esattamente in questi termini, allegando copia del libro matricola e copia della comunicazione al ministero, anzi mi pare fossero ancora le copie inviate all'INPS e proprio all'inail per comunicare la cessazione del rapporto di lavoro. Così come per lo stesso dipendente mi arrivarono poco tempo dopo anche segnalazioni plurime dell'inps che il soggetto in questione pare avesse mandato in ritardo dei certificati di malattia e pertanto alcuni giorni di retribuzione (peraltro relativi a circa due mesi precedenti) non dovevano essere corrisposti: non ho idea di come sia potuto succedere, ma è successo ed anche ripetutamente, tanto che su suggerimento dell consulente del lavoro diffidai l'INPS ad aggiornare l'anagrafica del lavoratore in parola. Da allora, tutto tranquillo.
A me sembrò evidente che qualcuno avesse sbagliato qualcosa, ma ciò nonostante non ritenni opportuno andare oltre: mi era più che sufficiente avessero recepito che la società che amministravo non fosse in alcun modo riconducibile agli avvenimenti che pure le erano stati imputati.
Purtroppo, il ricorso frequente che anche la PA ha fatto a contratti di lavoro "atipici" , in particolare per ovviare al ritardo nell'evasione di pratiche accumulate per i motivi più disparati, tra le altre cose ha ingenerato anche questo tipo di inconvenienti, dovuti verosimilmente alla impreparazione degli addetti. Non se se può interessare la mia opinione nel campo, ma la dico comunque ed è che se "al pubblico impiego si accede per pubblico concorso" qualche motivo pure l'avranno avuto, i nostri padri costituenti, per scriverlo. Sempre art. 97 ma 3° comma, se ben ricordo.
Nofer
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