mricco2000 il 24/12/2011 09:20 ha scritto:
ho lo stesso problema in due strutture sanitarie che seguo, in due regioni diverse: in una di queste, mi sono impuntato io per la sua istituzione in quanto il mio predecessore aveva etichettato il rischio TB come "assente in un Paese come l'Italia".
Una prece per il predecessore...
Su questi argomenti c'è davvero tanta ignoranza, e non possono essere trattati in modo superficiale (appunto: il rischio non c'è), o burocratico (si fa una Mantoux a tutti, come vuole il Commissario USL), senza domandarsi il perché di ciò che si fa.
Intanto si può ben (provare a) lavorare "insieme" ai colleghi igienisti, cercando di superare certi steccati storici che troppe volte sono anche un comodo pretesto per fare il proprio compitino, invece di affrontare i problemi nella sostanza. In questo senso, un po' più di approccio aziendale complessivo (e non per attività/UO) non lo vedrei male.
Incidentalmente, ricordo quanto disposto dall'art.271, c.1, lett.e), T.U., laddove dispone che la VdR debba tenere conto "delle eventuali situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio"; se è vero che siamo nell'ambito della sanità pubblica, e verosimilmente si intende tutelare soprattutto i pazienti, il Ministero è certamente autorità sanitaria competente e non possiamo archiviare circolari di questo tenore con disinvoltura.
Il secondo punto è che non è affatto vero che il rischio c'è solo nei reparti "classici" o nei laboratori di microbiologa, come mostrano anche studi italiani: oggi troppo spesso la diagnosi si fa tardi, in un paziente in assistenza domiciliare o ricoverato in un reparto di medicina - e in questi casi si scoprirà che non si è adottata alcuna precauzione o misura di prevenzione, con quanto ne consegue per i lavoratori esposti e per il medico competente.
Inoltre il tasso di cuticonversione negli operatori (indipendentemente da esposizioni dimostrate) è considerato in molte linee guida un indicatore di rischio.
Quindi bisogna allargare il nostro orizzonte della sorveglianza - forse non a tutti gli operatori sanitari, perché magari non ci sono le risorse, ed è vero che parecchi sono davvero a basso rischio. Magari si può pensare a periodicità diversificate, ma certamente all'assunzione il TST andrebbe fatto sistematicamente a tutti (a meno che non si disponga di un esame recente), per avere un punto zero in rapporto a successive possibili positivizzazioni.
Sugli effetti avversi della Mantoux chi ha un po' di esperienza penso possa solo sorridere... Mica è il BCG (quello sì!!).
In alternativa esistono i metodi immunologici (IGRA), che però costano di più e vanno ancora completamente validati per la sorveglianza prima di mandare in pensione il PPD.
Ci sono già esperienze in corso.
Se avete già tentato di acquistare di recente il test secondo mantoux (PPD),vi sarà certamente capitato di sapere che la ditta produttrice non lo produce più (secondo alcuni sarebbe stato ritirato dal commercio, ma non mi risulta).
Ciò significa che le mantoux che ancora si fanno sono quelle delle scorte di magazzino e tra un po' non ce ne saranno più.
Tutti sappiamo che da un po' di tempo è disponibile un altro test, che si fa invece su sangue e che è quello del quantiferon (lasciando da parte per ora l'elispot).
Il quantiferon non tutti i laboratori lo eseguono e comunque costa circa 100 euro a persona vs pochi euro del PPD (mantoux).
Se facciamo un ragionamento di "qualità" del test, certamente il quantiferon vince alla grandissima sulla mantoux, ma è pur vero che costa un botto.
Se poi facciamo un ragionamento sull'utilità pratica di effettuare il quantiferon su tutti i sanitari, allora valgono le tesi già espresse, secondo le quali bisogna prima stratificare il rischio (fare una valutazione del rischio tubercolare seria nella realtà in esame) e poi magari decidere chi lo fa e chi no.
Anche perchè, partendo dal presupposto che il quantiferon non ha effetti collaterali seri (è un semplice prelievo di sangue, a meno che il lavoratore non si faccia venire un infarto per un buco al braccio), si devono poi fare i conti con il portafogli. Visto che la legge sul procedimento amministrativo impone a tutti di far lavorare la pubblica amministrazione secondo il principio di "economicità", mi sembrerebbe assurdo prescrivere il quantiferon a tutti i sanitari (ripeto, 100 euro l'uno) a prescindere dalla loro attività effettiva sul campo. Ve lo immaginate spendere dei soldi per uno screening su sanitari del reparto di oculistica? Oddio tutto può accadere, ma insomma ...
Teniamo poi conto che un prelievo ematico o una mantoux è pur sempre un trattamento sanitario, che dovrà dunque affondare le radici giustificative in un presupposto di efficacia ed efficienza (a prescindere se il vantaggio lo vogliamo attribuire al singolo o a terzi).
Quindi, prima di partire con 'ste cose, pensiamoci bene ... Altrimenti, giacchè ci siamo, prescriviamo risonanze magnetiche a tutti i nostri lavoratori esposti a rischio MMC (non si sa mai che becchiamo qualche ernia asintomatica).
Saluti
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
Allo stato attuale i test in vitro non sono considerati alternativi alla Mantoux ma di conferma in caso di Mantoux positiva. Gli stessi CDC nel 2005 hanno proposto i test in vitro come alternativi alla Mantoux ma successivamente hanno ritenuto che sono necessari ulteriori studi a riguardo. La Circolare del Ministero della Salute 2009 (ultima sull’argomento) è categorica: “Il test di riferimento per la diagnosi di infezione tubercolare negli operatori sanitari va considerato attualmente il TST” e “I test IGRA possono essere utilizzati come test di conferma negli operatori vaccinati risultati positivi al TST”
annuscor il 28/12/2011 05:50 ha scritto:
Allo stato attuale i test in vitro non sono considerati alternativi alla Mantoux ma di conferma in caso di Mantoux positiva. Gli stessi CDC nel 2005 hanno proposto i test in vitro come alternativi alla Mantoux ma successivamente hanno ritenuto che sono necessari ulteriori studi a riguardo. La Circolare del Ministero della Salute 2009 (ultima sull’argomento) è categorica: “Il test di riferimento per la diagnosi di infezione tubercolare negli operatori sanitari va considerato attualmente il TST” e “I test IGRA possono essere utilizzati come test di conferma negli operatori vaccinati risultati positivi al TST”
Ok, però i problemi importanti già espressi da considerare credo siano questi:
- è opportuno fare uno screening su tutto il personale sanitario a prescindere da una valutazione dell'effettivo rischio TB?
- se sì, comunque il test secondo mantoux a breve non sarà più disponibile. Chi di dovere sa che ci saranno certamente i fondi per coprire le esigenze future dovendo utilizzare una metodica molto più costosa di quella del PPD?
- avendo sempre risorse economiche limitate, non sarebbe più opportuno (anche e soprattutto per motivi etico-professionali) procedere già da ora con la mantoux solo per le categorie di sanitari esposte ad un rischio TB reale? In tal modo le scorte di PPD attualmente disponibili potrebbero coprire un arco temporale più lungo (sempre che la scadenza del prodotto ce lo consenta).
A pensar male si fa peccato ma ci s'azzecca!
Sono pienamente d’accordo sulla valutazione del rischio come dato imprescindibile per la sorveglianza sanitaria in tema di tubercolosi. Attualmente, in varie Linee guida internazionali, il TST viene consigliato con periodicità annuale solo nei reparti a medio rischio (ad es. 3 pazienti TBC/anno oltre 200 posti letto). Quindi non sono poi tante le Mantoux da effettuare. Ben diverso è il caso di strutture sanitarie che non hanno effettuato la valutazione del rischio secondo le attuali indicazioni della normativa e degli orientamenti scientifici prevalenti (profili di comunità, casi di tubercolosi nel presidio anche attraverso la revisione delle cartella cliniche, ecc.). Se poi neanche il MC si è mai posto il problema e non si dispongono dei dati di base (all’assunzione o in occasione della prima valutazione del rischio) allora sono veramente tante le indagini da effettuare ma questo è la conseguenza di un modo errato di procedere…
concordo in pieno sull'ipotesi di lavoro comune con gli igienisti. Si potrebbe, ad esempio, cooperare con i Servizi di Epidemiologia e constatare quanti casi di TBC occupazionale sono stati notificati nel territorio di competenza aziendale negli ultimi 10 anni e, sulla scorta di quei dati, programmare una Sorveglianza (da valutare se con Intradermo o Quantiferon).
Nel precisare che nessuno vuole far cadere nel vuoto una Circolare Ministeriale (quella dello scorso agosto), io penso che , quando il Ministero della Salute parla di Sorveglianza degli Operatori sanitari, non parla necessariamente di sorveglianza Sanitaria ai sensi del D.Lgs 81/08. Il conceto di Sorveglianza è molto diffuso in Igiene ed in Epidemiolgia. Anche perché, chi ha letto la Circolare lo sa, la Sorveglianza deli O.S. viene trattata in uno con quella dei contatti, notifica da parte del laboratorio, alla sorveglianza della farmacoresistenza e del
notifica da parte del laboratorio, alla sorveglianza della farmacoresistenza e del
monitoraggio dell’esito del trattamento, controllo della TB
nelle persone immigrate da paesi ad elevata prevalenza. Le nuove linee guida, alla Attivazione di un programma “straordinario” di educazione sanitaria e di formazione
degli operatori ai diversi livelli.
Non concordo granché sia sulla constatazione che casi di TBC possono verificarsi in altri servizi, diversi da quelli canonici (chi dubitava che un paziente TBC possa avere altri problemi di salute diversi dalla TBC stessa e trovarsi ricoverato in reparti di degenza non pneumotisiologica?), ma- penso sia noto a tutti- la TBC , per essere trasmessa, ha necessità di essere non trattata, cavitaria e, soprattutto, deve esserci una esposizione prolungata nel tempo (annuscor saggiamente propone un rapporto di 3 pazienti annui/200 posti letto, io- però – aggiungerei al numero di pazienti l’aggettivo bacilliferi).
Altro motivo di discordanza è sul ritenere di dovere “sugli effetti avversi della Mantoux”. Io ho premesso che sono rari, ma la mia esperienza di pneumologo mi ha fatto osservare (in un arco di 15 anni di professione pneumotisiologica) 3 casi di ulcere tubercolari cutanee nel punto di inoculazione del PPD. Niente di particolarmente grave, vero, ma nemmeno una villeggiatura (c’è voluta una terapia a base di Isoniazide ad uso topico
Quello che nemmeno condivido di PREVEMP è la frase :"Sugli effetti avversi della Mantoux chi ha un po' di esperienza penso possa solo sorridere... Mica è il BCG (quello sì!!)".
Nella mia esperienza di pneumologo ospedaliero, mi è capitato in 15 anni di osservare 3 casi di ulcera cutanea tubercolare (in 3 dipendenti)nel punto di iniezione della PPD. Sicuramente non è da considerarsi un effetto grave, ma nemmeno.....da sorridere.
in merito alla sparizione della Mantoux sono ottimista: a meno che le lobby non scatenino superpoteri inenarrabili, persino la WHO ha sancito la non superiorità dei test tipo Quantiferon (ho avuto PESSIME esperienze in merito, non so voi) quindi spero che questa congiura catilinaria si risolva rapidamente... [scusate la disconnessione sintattica, ma sono fuori uso causa grippe stagionale]
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