1)Tra le linee guida NON citate ci sono anche quelle della SIMLII per il lavoro al VDT secondo le quali l'uso di lenti correttive NON rientra tra le prescrizioni possibili (naturalmente ognuno può fare quello che vuole, ma il senso delle linee guida, in casi come questo, è proprio quello di suggerire linee di comportamento nell'attività medica).
Secondo tali linee guida (non sono socio e non le cito per fare pubblicità alla SIMLII ma solo perchè alcuni colleghi hanno parlato di varie linee guida...) le prescrizioni sarebbero: periodicità di visita medica ravvicinata e pause più frequenti rispetto a quelle previste per legge.
2) Sarebbe utile chiedere a qualche collega oculista per quale tipo di patologia potrebbero essere indicati "dispositivi speciali di correzione".
3) Per la prescrizione di lenti, cmq, se vogliamo proprio prescriverle nel giudizio di idoneità, andrebbero considerati oltre che problemi di visione intermedia come è stato detto, anche un eventuale astigmatismo e/o ipermetropia, vizi che, se non corretti, possono causare facilmente la sindrome astenopica occupazionale.
Occorre tenere presente che lo screening visivo per VDT non va fatto solo alla distanza di lettura (30 cm) ma anche alla distanza intermedia (50-70 cm). Per cui può accadere che un lavoratore abbia le sue lenti idonee per leggere, ma non sufficienti per la distanza intermedia. In questo caso i suoi "normali" occhiali non sono idonei, ne servono di "speciali" proprio per quella distanza.
Condivido, ho letto inoltre (sulle stesse linee guida da me prima citate) che l'utilità della valutazione dlela visione intermedia è però messa in discussione da alcuni. Sembrerebbe che l'indicazione alla sua valutazione sia quando esista una differenza importante tra visione per lontano e visione per vicino.
Nella mia esperienza mi è capitato spesso di visitare impiegati che utilizzavano in generale più di un paio di lenti, con occhiali al VDT realizzati ad hoc con una sorta di gradazione ridotta (sia in caso di miopia che in caso di presbiopia) anche in relazione alla distanza dello schermo. Mi chiedo se questi occhiali possano essere considerati dispositivi speciali di correzione, ma in tutta onestà faccio un pò fatica a considerarli tali.
Gli occhiali da vista come presunto "DPI", e quindi a carico del ddL in quanto tali, prendono origine dalla diffusione del "contributo lenti da vista" di alcune Casse Mutue, successivamente traslato nella prassi "idoneo con lenti correttive" che credo fosse stata coniata in ambito ENPI quando ancora moltissimi non utilizzavano lenti correttive "perchè costose".
Come ebbi già modo di dire a suo tempo, come DdL ho ritenuto fosse non mio dovere ma mia facoltà liberale, cui ho sempre ritenuto di ottemperare, farmi carico economico del costo delle lenti delle mie dipendenti che non avrebbero dovuto indossarle se non per il lavoro al VDT.
Tuttavia, se andiamo ad analizzare la stessa definizione di DPI, Dispositivi di Protezione Individuale, e qui sarete così gentili da rifarvi a quanto descritto in art. 74 e 75 di coso 81 senza farmeli copiaincollare, dobbiamo ammettere che gli occhiali, o meglio a dirsi le lenti correttive per la vista, non sono una "attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo da uno o più rischi per la salute e sicurezza". Fosse solo perchè in tanti anni che ormai ci sono i VDT non mi pare che si siano scoperte delle malattie professionali di ambito oculistico dovute al loro uso, come invece è accaduto per la "STC da mouse", che peraltro può affliggere anche i non professionalmente esposti.
Dal che io dedurrei che se non c'è rischio specifico non c'è neppure un connesso DPI specifico.
La mia opinione nel merito è questa: mi rendo conto che non risolvo nulla, ma mi pare un approccio giuridicamente corretto sul quale gradisco confrontarmi con chi, come i MC, si trova davanti questa che appare sempre più una brutta gatta da pelare, specie in un momento come questo, economicamente parlando, quando le aziende hanno difficoltà ad acquistare persino occhialetti e visiere paraschizzi da 3 euro.
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Ciao Aurora, sono d'accordo su tutto: gli occhiali non sono DPI, in quanto non rispondono alla definizione di cui all'art. 74 comma 1.
Ma qui mica stiamo parlando dei DPI di cui all'art. 74, ma dei "dispositivi speciali di correzione visiva" evocati dall'art. 176, per i quali non c'è alcuna definizione.
Ergo, io in questi casi applico uno dei miei "principia", nel caso il seguente: quando le legge non dice nulla va bene tutto. Nel caso, tutte le definizioni sono buone, compresa la mia che è la seguente: dicesi "dispositivo speciale di correzione visiva" qualsiasi strumento atto a migliorare la prestazione visiva sul lavoro e che non sia normalmente utilizzato dal lavoratore al di fuori del lavoro stesso. Quando uscirà una definizione ex lege, adeguerommi. Ciao. G.
Condivido pienamente questa tua definizione e ti chiedo se ti è mai capitato nella tua esperienza di medico del lavoro di doverli prescrivere a qualcuno o se ti sei mai trovato in situazioni in cui avresti potuto prescriverli.
A me personalmente finora non è mai successo.
Piuttosto a mio avviso si pone anche un'altro problema, magari di natura strumentale e solo in certe situazioni ambientali,
quando formulato il giudizio di "idoneità con prescrizione di lenti" per un lavoratore che utilizza sue lenti sia al VDT che non, quello stesso lavoratore (oviamente a torto) ritenesse valido il concetto: "prescrizione di lenti=dispositivi speciali di correzione" e quindi lenti a carico del ddl.
Questo è il motivo per cui a mio avviso la prescrizione dell'uso di lenti al VDT dovrebbe essere rara ed utilizzata solo per l'eventuale
uso di "dispositivi speciali di correzione".
Spesso inconsciamente, si assimila il giudizio del medico competente
al giudizio che dà il medico abilitato al rilascio di certificati per patenti di guida dove, invece, è obbligatorio specificare se vi è o non vi è l'obbligo di lenti (alla guida).
Mi è capitato più volte. Io in generale uso due diciture, sempre relative ad idoneità con prescrizioni:
a) prescrizione di lenti proprie in uso al lavoratore durante il lavoro al PC;
b) prescrizione di dispositivi speciali di correzione visiva ex art. 176 D.Lgs. 81/08
Nel primo caso la prescrizione è rivolta esclusivamene al lavoratore; nel secondo caso scatta l'obbligo per il datore di lavoro di fornire i DSCV
Non sono d'accordo sul fatto di considerare l'attività al VDT un non rischio oculistico solo perchè non cè evidenza di malattie professionali. Allora perchè esisterebbe il titolo VII e l'obbligo di esami degli occhi e della vista? l' Astenopia è comunque per quanto non grave e temporaneo un problema di salute.
Sono d'accordo inoltre che le lenti di correzione visiva non siano da considerarsi DPI devi considerare però che un paio di lenti con proprietà antiriflesso utilizzate solo al vdt per attenuare appunto riflessi luminosi ambientali potrebbero avvicinarsi alla definizione di DPI. Quindi per dirla con te ma con conclusione opposta cè il rischio è ci sarebbe anche il dpi..
Andrea Angelo Bordiga
Comprendo la posizione, tuttavia l'astenopia c.d. occupazionale è a mio avviso, e non solo mio, sempre correlata a problemi anisopici che altrimenti non si manifestano, ma non è detto non ci siano a prescindere dal VDT. E' infatti assai frequente, specie nei giovani e giovanissimi, ed è quella cosa che - stavolta secondo me - spesso genera insofferenza verso la lettura e lo studio.
Ci sono leggende metropolitane sul fatto che i bambini/ragazzini miopi siano "più studiosi": il mio parere, da ex miope sempre pronta a barattare un pomeriggio di studio con uno di gioco o di cazzeggio con i compagni, è che il bambino miope porta gli occhiali mentre il bambino astenopico spesso alla visita oculistica risulta avere un buon 10/10 OO e ci si ferma lì.
Come dicevo prima, io ho avuto 3 amministrative su 3 che, sottoposte a visita oculistica già prima del 626 (c'erano già le dire CE in quel senso) si scoprì avessero necessità di minuscole correzioni per un corretto e traquillo uso dei VDT. Non vi dico la fatica a far loro indossare le lenti, specie agli inizi: giovani signorinelle di belle speranze, tutte e 3 (mano a mano che furono assunte) a far storie che avevano 10/10, che avevano la patente senza obbligo di lenti durante la guida, ed ogni scusa possibile per non mettersi gli occhiali: fino a che non ho risolto proprio con il MC che scrisse "idonea alla mansione di impiegata amministrativa, con obbligo dell'impiego di lenti correttive per l'uso di VDT". Lettera con ordine di servizio in tal senso e diffida ad ottemperare, pena sanzione disciplinare. Inizialmente, siccome chissà come capitava che "li dimenticassero a casa", glieli ho fatti lasciare in ufficio: ognuno aveva sia la propria scrivania che il proprio armadietto, così non si correva il rischio che restassero senza... Nel tempo, non ce n'è più stato bisogno e dopo un po' tutte confessarono che però li usavano anche per leggere, e per guardare la TV o quando andavano al cinema. Una, addirittura, a farlo apposta quella che era stata più restia e recalcitrante, un giorno la sentii parlare con le colleghe ed affermare che chissà, magari se lo avesse saputo prima e indossati prima forse anzichè fermarsi alla terza media avrebbe proseguito gli studi, perchè a lei conettualmente piaceva studiare ma quando si metteva sui libri le veniva subito mal di testa, e gli occhi le bruciavano e doveva smettere...
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
Nel caso in cui si voglia "prescrivere" l'uso di lenti al VDT, mi sembra che la formula trovata da Bernardo non sia male...
Ma il punto allora è: la prescrizione vale automaticamente per tutti quelli che portano occhiali sia al VDT che nelle attività extralavorative? Ci sarebbe una mole enorme di prescrizioni a mio avviso forse un tantino esagerate: piuttosto bisognerebbe, come forse già è stato detto, prescriverli in tutti quei casi in cui (vedi ad es. l'astigmatismo, elevati e/o particolari vizi di rifrazione) il non uso di proprie lenti potrebbe provocare astenopia occupazionale.
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