Ecco un aggiornamento da seguire nel tempo...tanto per capire con chi potremmo aver a che fare...
PRESO DAL SITO DEL GIORNALE "LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO"
TARANTO - Descrive un sistema di potere ramificato. Capace di arrivare a chiunque, almeno a parole, per sistemare le faccende dell’Ilva. È ricca di spunti l’informativa redatta dal Gruppo di Taranto della Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta per corruzione in atti giudiziari che vede indagati Fabio Riva, per una fase presidente del siderurgico, Girolamo Archinà, potente pubblic relations man del gruppo Riva, l’ex direttore dello stabilimento siderurgico Luigi Capogrosso e il consulente della Procura ed ex preside del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti. Un lavoro meticoloso, quello compiuto dagli uomini guidati dal capitano Giuseppe Di Noi, confluito ieri mattina negli atti all’attenzione del tribunale del riesame chiamato a decidere se confermare o meno gli arresti di 8 tra proprietari e dirigenti dell’Ilva e il sequestro dell’area a caldo. I pubblici ministeri hanno deciso di depositare una parte di quell’informativa allo scopo di dimostrare la capacità di inquinamento probatorio del gruppo Riva.
All’attenzione dei giudici ma anche della difesa degli indagati sono finite così alcuni stralci di intercettazioni telefoniche e ambientali. La storia principale è quella raccontata ieri dalla Gazzetta, cioè della busta bianca - contenente 10mila euro per l’accusa, la bozza di un protocollo per la difesa - consegnata da Archinà al professor Liberti il 26 marzo del 2010 nel retro della stazione di servizio ubicata ad Acquaviva delle Fonti, sull’autostrada Taranto-Bari. Attorno a quella vicenda - tutta peraltro ancora da definire visto che ieri mattina la difesa del gruppo Riva ha depositato un verbale dell’ex arcivescovo di Taranto Benigno Luigi Papa che sostiene che quei soldi, quei diecimila euro, erano per lui - ruota ben altro. Parte ancora rigorosamente coperta da segreto istruttorio e dunque destinata ad ulteriori analisi da parte dei pubblici ministeri Mariano Buccoliero e Giovanna Cannalire che un mese fa hanno ereditato il fascicolo dal collega Remo Epifani, parte invece rivelata. Il perno del sistema di potere dell’Ilva sembra Archinà, consulente del gruppo Riva per la comunicazione e le questioni ambientali. Archinà tiene i rapporti con i giornalisti ma anche con politici e organi di controllo. In una telefonata con l’allora direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso discute di un controllo annunciato da Arpa e Asl e senza mezzi termini dice al collega che «quelli, con la sedia legata al culo devono stare, altro che controlli».
Poi parla con Liberti, suo co-indagato, a cui chiede spiegazioni sulla perizia che il docente stava facendo per conto della Procura. Rimprovera brutalmente il direttore dell’Arpa Giorgio Assennato, reo, a suo dire, di aver calcato la mano in una relazione sul micidiale benzo(a)pirene emesso dall’Ilva, con Assennato che cerca di giustificarsi, suggerendo la convocazione di un tavolo per trovare una soluzione. Archinà ha dimestichezza con i dirigenti, vecchi e nuovi, della Regione che si occupano di ambiente. Ma vanta conoscenze anche a Roma. Parlando, nel 2010, con un consulente del gruppo Riva, già funzionario del Cnr, discute dei componenti della commissione ministeriale che sta esaminando l’Autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento siderurgico di Taranto. Il discorso scivola su Corrado Clini, oggi ministro dell’Ambiente, all’epoca dei fatti direttore generale del ministero. Archinà tranquillizza il suo interlocutore, forse vantandosi forse chissà: «Clini è uomo nostro».
Doriano
E mi aiuti a dire:
Rimprovera brutalmente il direttore dell’Arpa Giorgio Assennato, reo, a suo dire, di aver calcato la mano in una relazione sul micidiale benzo(a)pirene emesso dall’Ilva, ...
Infatti, nel momento in cui si porta tutta l'attenzione "di popolo" sulle diossine, tenuto oltre tutto conto del fatto che oggettivamente sono minimali rispetto al resto, puoi facilmente ottenere il risultato processuale di "non è un problema".
Mentre se mettiamo seriamente l'accento sugli IPA in genere (e non solo il benzo-a-pirene) che, quale più quale meno, dai C18 a salire sono "cancerogeni brutti" dire "ma è poco!" proprio non si può. Tutti gli IPA, per via della risonanza elettronica degli atomilli di H, una volta sottoposti faticosamente a un processo metabolico intracellulare si spaccano/ricompongono in molecolille che a contatto con il DNA di una cellula fanno danno ugualissimo a quello del benzene.
Di fatto, però, fosse solo per un fatto meramente tecnologico gli IPA mandati in aria prima del 1995 sono per forza di cose molti di più di quelli che hanno tirato fuori da 1995 a seguire.
E quindi, prescindendo dal prof univ che magari poteva fare una perizia "accomodante", io dico che -se vogliamo davvero rendere giustizia ai già morti, ai futuri morti in pectore ed ai tanti ammalati- dobbiamo cercare la verità.
E la verità è che se le diossine ricadono al suolo e si biomagnificano nel grasso e nel latte delle pecore, donde le fotografie che credo abbiano fatto il giro del mondo, gli IPA non si biomagnificano allo stesso modo ma in compenso se li respirano proprio tutti, operai e non operai, donne e uomini, bambini ed anziani: TUTTI. Ciò accade perchè essendo maggiori delle diossine di ben 4 ordini di grandezza (ossia, in un anno secondo le dichiarazioni della stessa azienda sono emessi meno di 16 grammi di diossina ma più di 300 kg di IPA ! ) ed avendo l'insana tendenza a "condensarsi" attorno alla normale polvere atmosferica sono inevitabilmente inalati/ingeriti/adsorbiti per via cutanea (ebbene sì, c'è anche l'esposizione cutanea, ve lo ricordo...) sono secondo la mia più profonda convinzione il principale agente mutageno.
Se a quanto emesso dalle ciminiere andiamo poi a sommare il particolato di tutti i camion e di tutte le navi (che in massima parte sempre di IPA sono fatti!), vedete bene che non sarà solo chiudendo l'ILVA che si potrà riportare Taranto a livelli di vivibilità nel medio termine.
Persino lo IARC ha scoperto, all'inizio di quest'anno, che il fumo dei motori diesel è cancerogeno...
Dire che il problema è la diossina dei Riva, fa comodo a tutti, in primis lo Stato che come ex gestore delle varie acciaierie poi rivendute a privati sarebbe proprio tenuto a rimediare: ma non è la verità.
Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.
E' chiaro ed evidente che il problema è molto più complesso di come viene rappresentato.
E' altrettanto noto che nonostante le manifestazioni di facciata l'operaio Tarantino non ha nessuna voglia che l'impianto venga chiuso sulla scorta del noto pensiero che da secoli caratterizza l'indole jonica: finchè non succede a me..
E' purtroppo altrettanto vero che chi doveva vigilare ha marciato su questo malcostume e l'ARPA, l'ASL, i MC hanno chiuso pure l'occhio di Sauron manco ci fosse Frodo Baggins e non con morbide fette di prosciutto ma con un materiale dal valore ben più nobile...
Dispiace da morire tutto ciò... ma sono più di 10 anni che Taranto e Brindisi raggiungono epidemiologicamente delle incidenze tumorali che le mettono ai primi posti in Italia... ma per tutti questi anni è rimasta pura statistica.... Basti pensare che il buon Tura (libro su cui molti di noi hanno studiato l'Ematologia) ha mandato il suo delfino da Bologna proprio in riva allo Jonio.... sarà un caso... ma se si ha la fortuna di sentire un intervento del Prof. Mazza si comprende molto meglio la situazione...
e nel frattempo e per molti anni a venire San Brunone sentitamente ringrazia...
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