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FEF ridotto

Questo argomento ha avuto 13 risposte ed è stato letto 7277 volte.

Nonnoguido

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  • Re: FEF ridotto
  • (06/12/2004 13:10)

Le note del collega Mantello aggiungono bellissime considerazioni di ordine etico e sociali che nella fattispecie, pur condivisibili, non mi interessano.
Peraltro, ringraziando per la richiamata ovvietà che il giudizio finale di idoneità non può non prescindere da un giudizio globale sulle condizioni fisiche della persona esaminata e da una buona attendibilità di eventuali strumenti utilizzati (chi è che utilizza e “non adeguatamente” spirometri non tarati o inattendibili?), continuo a rimandare al fatto innegabile che la riduzione del FEF è “un segno precoce d 'ostruzione” e pertanto sarò molto cauto nell’ammettere a certi lavorazioni dei soggetti, oltretutto giovani, che presentano queste caratteristiche: altro che selezione del personale! Qui si tratta di evitare che lavoratori giovani possano essere rovinati per tutta la vita da un’esposizione lavorativa pericolosa per loro.
Altrimenti le visite “preventive alla mansione” a che cosa servirebbero se dobbiamo per forza fare tutti idonei?
Invece mi interesserebbe sapere in che misura la riduzione del FEF possa essere considerata significativa per ostruzione ventilatoria, sulla base di dati scientifici e qui mi sembra, dai primi interventi, che la discussione è aperta.

Guido Marchionni

GANDALF IL GRIGIO

GANDALF IL GRIGIO
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  • Re: FEF ridotto
  • (06/12/2004 22:20)

Dato per scontatissimo l’utilizzo di apparecchiature tarate ed il rispetto delle procedure standard per l’esecuzione di una spirometria, cerchiamo di vedere il lato “scientifico” della cosa. Dunque, è risaputo che il flusso espiratorio forzato tra il 25% e il 75% del FCV (FEF 25-75), è un parametro sforzo-indipendente, essendo misurato oltre il primo 25% dell 'FVC, e pertanto rappresenta un ottimo indice delle resistenze delle vie aeree periferiche; diventa quindi il principale indice della pervietà delle vie aeree periferiche, e, negli stadi precoci di ostruzione, può essere l 'unico segno di disfunzione ventilatoria di grado molto lieve. Ora supponiamo di avere un lavoratore con una riduzione del FEF 25/75 (diciamo al 60%del teorico, con FEV1 normale), e che questo soggetto debba essere esposto a sostanze broncoirritanti; aggiungiamoci magari anche una anamnesi positiva per allergie o tabagismo…. A questo punto la domanda che si deve porre un bravo medico competente è: cosa fare? ignorare il tutto ed attendere gli eventi? Personalmente credo che la cosa migliore sia accertare il suo grado di reattività bronchiale (basta un banalissimo test alla metacolina), e poi valutare caso per caso. Certamente, dovendo noi fare della prevenzione non possiamo ignorare un parametro del genere, specialmente nelle popolazioni giovani. Nel caso che si configuri una situazione di pericolo per la salute del lavoratore si possono ipotizzare varie strade che vanno dalla semplice prescrizione di DPI respiratori fino alla (perché no) non idoneità. Non dimentichiamoci inoltre di un’altra possibilità, che spesso molti colleghi scartano a priori, che è quella di una terapia (in fondo siamo medici anche noi). In merito alla documentazione scientifica, di studi indicativi della importanza del FEF ce ne sono tanti. Uno dei più interessanti (che credo molti medici del lavoro conoscano, anche perché si parlava di esposizioni lavorative…) fu pubblicato nel 1990 da un gruppo polacco (Analysis of respiratory parameters before and after working in manual laborers at a tobacco factory. Pneumonol Pol. 1990 Jun;58(6):298-306) ed in esso si dimostrava una significativa riduzione del FEV1, e del FEF 25/75 dopo 8 ore di esposizione in lavoratori di un opificio dove si lavorava il tabacco. Trattasi quindi di un parametro molto importante se risente di esposizioni così limitate nel tempo. Da allora in poi si è continuato a dimostrare l’importanza del FEF 25/75 nella valutazione complessiva della spirometria ed in uno degli ultimi lavori si ribadisce, cito testualmente “… A low FEF25–75/FVC ratio, indicating small airway size relative to lung size, is associated with higher airway sensitivity and reactivity to methacholine in susceptible subjects. (Chest. 2003;124:63-69.)”.
Se poi vogliamo fare finta che non sia importante, allora la domanda sorge spontanea: che lo facciamo a fare? ne parliamo solo perché i vari spirometri moderni lo danno automaticamente? Ho avuto la fortuna di possedere fino a poco tempo fa (e lo rimpiango ancora oggi) uno spirometro che mi costringeva a calcolarlo a mano, ed alla fine in moltissimi soggetti, magari allergici, un FEF 25/75 “sporcava” una spirometria per il resto perfetta; ebbene, è successo (non frequentemente, ma è successo) che alcuni di questi soggetti, a contatto con sostanze irritanti lamentavano difficoltà respiratorie, ed è proprio in base a queste esperienze che ritengo che una alterazione del FEF25/75 non sia da sottovalutare, a prescindere da tutte le possibili implicazioni etico-socio-sindacali che possano nascere da una mia scelta scientificamente motivata.
Saluti a tutti.

Sergio Truppe
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"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"

mantello

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  • Re: FEF ridotto
  • (11/12/2004 20:51)

Se il discorso si fa serio mi pare utile cercare di approfondirlo.
Non mi pare invece ci sia molto spazio di discussione con chi cerca un numero magico per separare, a colpi di FEF, gli idonei dai non idonei.

Un primo punto su cui vorrei, da vero maniaco, richiamare l’attenzione è costituito dalla differenza che esiste tra significato fisiopatologico del FEF ed affidabilità del dato strumentale di cui disponiamo. Senza voler porre in dubbio la correttezza tecnica di nessuno vorrei sapere chi è in grado di verificare sistematicamente la taratura dei flussi dello spirometro (o meglio del pneumotacografo) che utilizza: al massimo si possono routinariamente tarare i volumi. Non darei quindi affatto per scontato questo aspetto. Ciò non significa che la misura sia inutile o inutilizzabile, ma certamente suggerisce di non prendere per verità assolute tutti i dati che l’apparecchio fornisce. Osservo, inoltre, che l’informatizzazione produce, senza alcuno sforzo da parte nostra, una ridondante messe di dati. Il fatto che vengano calcolati non significa di per sé stesso che siano indispensabili o tutti ugualmente utili e affidabili. Anch’io “rimpiango”, in qualche modo il tempo in cui bisognava sforzarsi di fare calcoli a mano: era più facile avere sotto controllo la qualità dell’esame e rendersi conto dei limiti insiti nei risultati ottenuti. Da questo punto di vista l’elettronica ha sottratto molte informazioni essenziali al nostro controllo, soprattutto sugli spirometri portatili.
Del resto mi pare utile considerare il fatto che la valutazione dei tracciati spirometrici, sia per quanto riguarda l’accettabilità della curva che per quanto riguarda gli algoritmi utilizzati per scegliere la curva migliore prende in considerazione diversi parametri funzionali ma non i flussi, Non mi pare avventato sospettare che ciò sia connesso alla maggiore problematicità della loro misura.

Un ulteriore richiamo mi pare vada fatto sulla differenza tra significato fisiopatologico della misura e significato prognostico della stessa. Se è vero che talora individui con alterazione del FEF vanno successivamente incontro all’instaurazione di quadri francamente ostruttivi, mi pare altrettanto vero che questo non accade sistematicamente in ogni caso (rimane inoltre da dimostrare che l’eventuale peggioramento sia esclusivamente legato all’esposizione lavorativa). Se ritenessimo automaticamente non idonei i soggetti con riduzione dei flussi creeremmo grandi quantità di lavoratori ingiustificatamente penalizzati nel diritto al lavoro (argomento bellissimo e condivisibile ma, ahimè, inutile).
Viceversa esistono asmatici che, nel periodo intercritico, hanno FEF normali. Questi ultimi sfuggirebbero al nostro filtro, se ci basiamo solo sul dato strumentale.

Quanto ho citato nel precedente scritto (fonte ATS, non la bocciofila di quartiere) mi pare vada esattamente nel senso di suggerire la massima prudenza nell’utilizzo del FEF. Fisiopatologia, epidemiologia e clinica (giudizio di idoneità) sono, a mio avviso, piani intercomunicanti ma non coincidenti.
In linea generale mi pare che la grande mole di indagini e di dati funzionali ed epidemiologici prodotti sui flussi non si sia automaticamente e totalmente riversata nella clinica. Dobbiamo chiederci il perché.
Del resto mi pare interessante considerare il fatto che i criteri per ritenere positivo il test della metacolina si rifacciano all’ “obsoleto” FEV1 e non certo ai flussi.

Concordo pienamente, in sintesi, con quanto affermato dal collega Gandalf: accertamenti ulteriori e valutazioni attente (metacolina, test allergici e quant’altro) se il FEF è alterato (ma anche se il FEF è normale e la storia clinica lo suggerisce), ma continuo a dissentire vivamente da automatismi acritici.
Il problema diventa allora: il soggetto con iperrreatività bronchiale è idoneo all’esposizione a broncoirritanti? (Io propendo per il no).
Ma il primo problema ne evoca un secondo: quando un soggetto può essere definito iperreattivo ai fini della valutazione dell’idoneità?
Non penso sia disdicevole formulare giudizi di non idoneità. E’ certamente disdicevole formularli senza motivazioni inconfutabili (o quanto meno molto solide)

Nonnoguido

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  • Re: FEF ridotto
  • (12/12/2004 14:45)

Voglio ringraziare tutti quei colleghi che con competenza ed estremo spirito di collaborazione hanno fin qui risposto alle problematiche da me poste.
Auguri a tutti.

Guido Marchionni

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