Concordo con il Collega furnom sulla titubanaza a praticare il prick test come esame routinario in un protocollo di base; meglio utilizzarlo come esame di secondo livello nel caso che l 'anamnesi o l 'esame clinico indirizzino verso un sospetto. In merito alla periodicità ho già detto come la penso, ma credo che si tratti di una attività che, con le sue molteplici variabili (si va da saloni fantascientifici a piccoli negozietti) sia difficilmente classificabile in senso assoluto.
Sergio Truppe
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"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello"
Non mi è chiara la titubanza circa l 'utilizzo del prick-test come esame preventivo e periodico.
Ritengo che la sorveglianza sanitaria per un rischio chimico di tipo allergologico debba mirare ad intercettare un eventuale viraggio immunologico verso la sensibilizzazione nei confronti dell 'allergene professionale, prima che tale condizione possa diventare clinicamente manifesta.
Nel caso specifico le possibilità di test sono poche, ma non vedo perché non utilizzare quelle disponibili! Sicuramente non può essere il timore del risultato a spingerci alla non esecuzione dei prick (altrimenti bisognerebbe evitare accuratamente le audiometrie negli esposti a rumore, riservandole a coloro che riferiscono ipoacusia soggettiva), e la sola anamnesi ci condurrebbe ad identificare soltanto casi già manifesti, con evidente fallimento dell 'azione medica preventiva.
Ricordando al proposito che le linee guida SIMLII aprono la porta alla sensibilizzazione verso un allergene/aptene professionale quale tecnopatia in se ' stessa (anche in assenza di estrinsecazione clinica), la definizione dell 'idoneità lavorativa in caso di positività verso un agente ineliminabile dalla lavorazione (il guanto in lattice può sicuramente essere eliminato) appare assolutamente critica.
Infatti, mentre per le allergopatie da contatto la situazione sembra più semplice (guanti, indumenti a manica lunga), per gli agenti inalabili (quali persolfati e lattice) è necessario garantire la virtuale assenza dell 'agente nell 'aerodisperso, anche a distanza.
Ove sia possibile provvedere (magari tramite un ciclo chiuso, e penso alla miscelazione dei persolfati con l 'acqua ossigenata) alla compartimentazione dell 'agente, l 'idoneità può essere in prima battuta mantenuta con sorveglianza sanitaria ravvicinata.
Ove ciò non sia possibile, posto che una parrucchiera difficilmente potrà lavorare "scafandrata", si impone un allontanamento precauzionale dalla lavorazione.
Un saluto.
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