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analisi ematochimiche in edilizia

Questo argomento ha avuto 28 risposte ed è stato letto 5473 volte.

Gennaro

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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (28/04/2005 08:26)

Sono d’accordo con il collega Furnom, ad eccezione dell’esame audiometrico includendo quest’ultimo nel protocollo di sorveglianza sanitaria solo dopo aver preso visione dell’esame fonometrico.

Penso che non esiste un protocollo standard durevole nel tempo per ogni mansione, ma gli esami da effettuare possono cambiare di volta in volta, mutando le condizioni di salute dei lavoratori, oltre che quelle lavorative.

Infatti anche se il settore edile, sta diventando specialistico, comunque, le condizioni lavorative spesso cambiano, soprattutto quando nel cantiere sono presenti contemporaneamente lavoratori addetti a mansioni diverse, con il rischio di essere esposti oltre ai propri rischi anche ad altri agenti nocivi indirettamente. A questo punto mi viene un dubbio, se un lavoratore svolge una mansione che consiste nel piegare tubi tutta la giornata lavorativa, a cosa mi può servire una funzionalità epatica o renale?, se i risultati sono superiori di poco alla norma, il lavoratore non è idoneo?, se la risposta è affermativa , non comprendo il motivo.

Sono un po’ perplesso sull’accettazione da parte dell’ASL della mansione di Operaio Edile e sul prescrivere la glicemia e le prove vestibolari per tutti i lavoratori , non penso che tutti i dipendenti del settore edile svolgono lavori in altezza o attività lavorative in cui siano indispensabili tali esami integrativi, non pensate che sarebbe uno spreco di denaro che potrebbe essere indirizzato per altre problematiche della prevenzione ?


Quindi ben vengano ulteriori esami integrativi supplementari diversi da quelli usuali, ma solo quando se ne ravvede la effettiva necessità e non da inserire come routine ( esempio, quando il lavoratore per le sue condizioni può essere causa di infortuni per se o per terzi, assenze continue per malattie ecc).

Saluti a tutti

Gennaro Bilancio

margherita

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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (28/04/2005 19:31)

Cari colleghi io penso che ci sia un pizzico di verità in entrambe le considerazioni prevalenti (con o senza esami) finora esposte ma mi sembra che occorre stabilire anche un minimo comune indispensabile. Sinceramente se si fa il protocollo sulla carta senza avere visto un cantiere e penso in questo momento a vari cattedratici direi che un controllo degli esami ematochimici può anche non essere fatto ma se diamo un po di dignità alla nostra figura penso che nessuno possa considerare ridondante un esame ematochimico di base che è pur sempre importante in coloro che svolgono un lavoro usurante. Il mio non vuole essere un principio generico ma un invito a non fare delle considerazioni ultraspecialistiche o di spaccare il capello perchè comunque la nostra disciplina fa parte di un' area della medicina che deve promuovere la salute e come tale deve lavorare sulla quantità e non sulla qualità. Ed a chi non è capitato di scoprire un diabetico anche con valori pericolosi per i soli sforzi fisici in un soggetto che magari farà solo quel controllo perchè la tasca o il tempo non glielo permettono. Non eccediamo nello svilire la nostra professione cheè prima di tutto medica e poi di medicina del lavoro. Comunque il mio parere è che non sbaglia nessuno dei due ( chi lo fa e chi non lo fa il prelievo) ma che in fondo chi non lo fa si assume un rischio se pur minimo e comunque non aumenta la tutela della salute del lavoratore.

fracchiolla

fracchiolla
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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (06/05/2005 10:56)

pur se è vero che nessuno si sognerebbe di dare l'idoneità a lavori pesanti in un soggetto con 9 gramnmi di emoglobina, personalmente ho abolito l'esecuzione di esami ematochimici, riservandoli a protocolli basati su rischi chimici (epatotossici o nefrotossici, ad es.) ACCERTATI (a proposito: cari colleghi, vi invito a richiedere TUTTI una valutazione dei rischi fatta bene! Io mi vedo guardato ancora con aria stupita quando la chiedo, e mi sento dire che fino a quel momento le visite sono state fatte senza valutazione dei rischi!)
A proposito della responsabilità medico-legale, a mio avviso, è importante sottolineare che un'anamnesi fatta bene (magari anche firmata in calce dal soggetto: chi ci vieta di farlo?), in cui il soggetto dichiari di sentirsi bene, di non avere avuto in passato patologie importanti e di non assumere terapie croniche (ad es. insulina, antidiabetici orali, cardiocinetici, nitroderivati, antiipertensivi, ecc.) è equivalente agli esami di laboratorio (ricordiamo cosa ci hanno sempre ripetuto a proposito dell'importanza dell'anamnesi quando eravamo imberbi matricole all'Università!)
Ragionando in altro modo, potremmo innescare una spirale diagnostica che prevederebbe una colonscopia ed una gastroscopia di routine per svelare sanguinamenti occulti anemizzanti causa di crisi lipotimiche e quindi di precipitazioni dall'alto!
In ultimo, credo sia importante ricordare che il datore di lavoro DEVE mettere in atto tutti i provvedimenti possibili per impedire infortuni o cadute dall'alto (es. impalcature a norma, imbracature, ecc.) non solo in soggetti diabetici o cardiopatici ma per qualunque lavoratore che possa avere crisi vertiginose o lipotimiche o momenti di semplice distrazione: va bene l'autoflagellazione, ma rompiamo anche un pò gli zebedei alle imprese che a volte credono che il fatto di avere una nostra firma e timbro le esima da osservare scrupolosamente le norme di sicurezza!
Saluti a tutti

margherita

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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (06/05/2005 13:13)

Io spero che il collega Fracchiolla sia cosciente che se si assume un rischio quello va pagato. Non dico che sia sbagliato non fare esami ematochimici come del resto nonè sbagliato farli, anzi forse è più comodo non farli, ma che nel caso degli edili il paragone con la colonscopia ni sembra un esagerazione. L'esame di screening quale è quello preventivo deve essere di basso costo, efficace, tollerabile e di facile esecuzione. Io dico che bisogna utilizzare criteri di economicità ma non svilire il nostro ruolo. Ogni assicurazione si paga per il rischio garantito. Spero che Fracchiolla non faccia una gara al ribasso cioè per fare risparmiare il datore di lavoro elimino gli esami più scomodi e che non effettuo personalmente. Significa svilire un ruolo di prevenzione ed anche di promozione della salute. Il paragone con la colonscopia mi sembra esagerato (anche se i gastroenterologi fanno questi esami per rischi minori degli edili). Comunque a me è capitato spesso di scoprire iperglicemie anche di 300-400 mg/dl in soggetti che negavano in anamnesi problemi. E questo lo ritengo un nostro compito. Bisogna fare la prevenzione primaria e non solo la secondaria.

Gennaro

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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (06/05/2005 14:12)

Buona Sera
Penso che stiamo facendo un pò di confusione, non dimentichiamo che queste discussioni devono servire a creare una omogeneità sul modo di operare di un medico competente. Spero che alla fine di un qualsiasi quesito proposto ci sia una uniformità di vedute che purtroppo avviene raramente. Ho notato spesso che non arriviamo a un risultato unico, perchè quando un collega dice qualcosa di diverso da quello che pensiamo, ci sentiamo scavalcati, o offesi, magari pur di difendere la nostra tesi diciamo cose che non pensiamo realmente.
Adesso avrei una domanda da chiedere alla collega Margherita, > "Comunque a me è capitato spesso di scoprire iperglicemie anche di 300-400 mg/dl in soggetti che negavano in anamnesi problemi. E questo lo ritengo un nostro compito. Bisogna fare la prevenzione primaria e non solo la secondaria." >.
Non intendo fare una critica negativa, ma spero che da questo discorso io possa imparare qualcosa di nuovo.
Grazie anticipatamente e Buon Week End A tutti.

Gennaro Bilancio

vepa

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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (06/05/2005 15:22)

Al di là delle considerazioni sulla diversificazione delle mansioni in edilizia, da valutare caso per caso e, di conseguenza a cui associare alcuni accertamenti anzichè altri, credo sia condivisibile il fatto che, se non esistono linee guida da consultare come la Bibbia, ogni medico risponde alla propria coscienza e professionalità ma deve anche tutelarsi. Io, dopo debito sopralluogo e visione del documento di valutazione del rischio e colloquio alla prima visita con il lavoratore (nelle Ditte piccole si scopre che qualcuno svolge attività che non compete alla mansione che conosciamo), consulterei comunque la USl territoriale per confrontarsi sul Protocollo Sanitario. E comunque.....sì agli esami ematochimici, sì alla glicemia (e in base alle mansioni si può discutere sulla periodicità); in quanto alla boutade di un collega che vede il rischio dell'inserimento in Protocollo della colonscopia per rilevare perdite ematiche croniche che potrebbero causare "incidenti lipotimici".....la battuta è simpatica ma credo che sia sempre sufficiente, giustappunto, il buon vecchio emocromo. E per finire: sì all' ECG con periodicità da valutare. Lavorare in edilizia è usurante, espone a fatica fisica e microclimi sfavorevoli...se non si fa a questi lavoratori a chi si fa? Un saluto

fracchiolla

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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (06/05/2005 15:46)

cari colleghi,
io eseguo ecg biennale sugli ultraquarantacinquenni se esposti a movimentazione manuale carichi (ma deve essere esplicitamente indicato nella valutazione dei rischi e conseguentemente nel protocollo sanitario, fatto leggere per conoscenza al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza).
Faccio anche il medico di base e passo (ve lo assicuro) per uno scrupoloso; credo che andare a caccia di patologie cronico-degenerative ad eziologia puramente extra-professionale non sia strettamente compito del medico competente, ma del medico di base, che deve fornire indicazioni sullo stile di vita ed intraprendere terapie adeguate. Il medico competente, in quanto medico, deve eseguire una buona anamnesi e tenere conto, nel giudizio di idoneità, anche di patologie cronico-degenerative ad eziologia extra-professionale eventualmente accertate nel lavoratore, limitando gli esami complementari a quelli MIRATI AI RISCHI ACCERTATI NELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI (ricordatevi l'art. 5 dello Statuto dei Lavoratori). Non mi sono mai fatto scrupolo di far pagare all'azienda una ecografia dei polsi in esposti a vibrazioni mano-braccio o a movimenti ripetuti che denunciano sintomi e potrei anche chiedere una elettromiografia (finora non l'ho mai fatto ma non escludo la possibilità), ma non farei mai, ad esempio, un Holter pressorio ad un lavoratore notturno per andare a scovare una ipertensione arteriosa non controllata (al limite, lo consiglio se rilevo valori pressori fuori della norma, anche limitando temporaneamente il soggetto al lavoro notturno)
In ultimo, forse non era chiaro: la battuta sulla colonscopia era una provocazione... intelligenti pauca!
Con stima

vepa

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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (07/05/2005 11:18)

La battuta era chiara, era infatti una "boutade".

margherita

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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (09/05/2005 15:27)

Cerco di chiarire meglio la mia posizione che può sembrare superficiale ma da medico del lavoro ritengo che la prevenzione primaria sia quella che mira ad evitare il contatto tra il fattore di rischio e il soggetto. A mio parere il medico del lavoro deve effettuare degli accertamenti sanitari mirati al rischio professionale e non solo alle malattie professionali. Pertanto deve fare degli accertamenti preventivi che valutino l'idoneità del soggetto in base ai rischi presenti e non solo degli accertamenti che valutino il danno anche se in fase precoce. Due domande per i colleghi: i vaccini sono interventi di prevenzione primaria o secondaria? Il vaccino per l'epatite B serve solo per la prevenzione nei luoghi di lavoro? In medium rei stat virtus. Per questo gli esami ematochimici appaiono necessari. Infine non capisco, ma posso facilmente comprendere, il perchè l'ecg (biennale?) si e gli esami no. Tuteliamo pure il datore di lavoro ma anche i lavoratori. In medium rei stat virtus.

nofertiri9

nofertiri9
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  • Re: analisi ematochimiche in edilizia
  • (10/05/2005 21:08)

Ho apprezzato particolarmente l’ultimo intervento di margherita, anche perché stasera arrivo fresca fresca (magari un po’ stanca) da una interessante giornata di approfondimento sul rischio chimico, alla quale ho avuto la fortuna di ascoltare il parere di due illustri rappresentanti della Medicina del Lavoro ai –credo- massimi livelli almeno in campo accademico, nonché scientifico anche internazionale.
Ebbene, entrambi hanno avuto modo di sottolineare e rimarcare l’importanza non solo degli IB dei vari livelli (di esposizione, di effetto, di dose) ma soprattutto l’estrema rilevanza che stanno assumendo le suscettibilità individuali dinanzi ad un mondo del lavoro che, per quanto ben lungi dall’essere di sicura e continua tutela della salute dei lavoratori, senza meno non fa più riscontrare situazioni di estremo rischio come ai tempi di Ramazzini (più volte citato da uno dei relatori). Mi rendo conto che l’iperglicemia non è, né può in alcun caso, essere considerata una “suscettibilità”, ma senza dubbio esistono delle reazioni e dei metabolismi crociati ed interferenti che possono risultare penalizzanti per alcuni soggetti piuttosto che per altri. In edilizia, non vorrei passasse inosservato, i lavoratori sono a contatto con un più che congruo numero di agenti sensibilizzanti, irritanti etc…
E non è detto che si debba sempre arrivare al riconoscimento delle manifestazioni di patologia conclamata, per fare MdL: anzi, c’era anche un signor Inail che poneva l’accento socio-economico sulla valenza prevenzionale dell’impiego di biomarkers specifici di patologie particolari, laddove con “biomarkers” non devono intendersi solo gli IBE ma anche i dati ematoclinici e/o strumentali che siano scientificamente riconosciuti come indici precoci di malattia.
Sempre per quel principio finora mai negato che prevenire è meglio che curare.
Mi piacerebbe sapere se ci avete mai riflettuto, sempre che se ne sia a conoscenza, che ad esempio è di poche settimane fa l’introduzione di limiti severi del tenore di Cr VI nei cementi da miscela. Questo significa che fino a poche settimane fa questi limiti non c’erano. Avete mai visto tale rischio non dico evidenziato ma almeno segnalato? Ma voi, come MC, non partecipate unitamente al DdL alla valutazione dei rischi? Perché pretendete che vi si consegni un documento di Valutazione ben fatto e invece non ci mettete anche un po’ del vostro? Non potete pretendere che un imprenditore o persino un Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione sappiano i meccanismi di azione tossicologica delle sostanze, potete però segnalare cosa devono cercare dove, e pregarli (imporre) di comunicarvi l’esito. Diciamo pure che -a mio avviso il MC deve comunque prendere parte attiva alla VdR, e naturalmente ciò è stato anche ribadito dagli illustri relatori. Purtroppo l’attuale legislazione non prevede l’intervento del MC che ad avvenuto accertamento valutativo del rischio da parte del DdL, quindi ci sono un mare di realtà dove purtroppo il MC non ha proprio modo di intervenire per dire la sua.
Ma dove ci siete, santissimo cielo, non limitatevi alla sorveglianza sanitaria intesa come visite e basta! La sorveglianza sanitaria, alla fine, è solo l’atto finale di una tutela della salute dei lavoratori che è affidata a degli specialisti proprio per il notevole valore aggiunto delle particolari cognizioni acquisite ed caratteristiche della specializzazione. Come giustamente fate notare, nella carriera formativa delle altre specializzazioni non ci sono gli insegnamenti precipui della MdL. Se fate passare l’idea che la MdL è solo visite, non ci sarà da meravigliarsi se, come 50 anni fa nel 303/56, si tornasse al medico “esperto”.
Cordialmente

Nofer
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Ognuno di noi, da solo, non vale nulla.

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