"Tra vedere e non vedere" ci si regola tenendo conto solo del giudizio del medico competente, il solo che, col datore di lavoro, é chiamato a rispondere davanti a un giudice in prima persona (mentre per i colleghi - o i funzionari - inquadrati in un qualunque ente risponde l'ente, e loro dormono normalmente sonni tranquilli).
Torno a chiedere: in questo contesto che senso ha tutto ciò? Perché il parere e l'operato del medico competente può essere annullato o sanzionato a piacere a seconda dell'umore o del parere personale e arbitrario del collega dell'OdV?
Risposta: perché così é la legge. E, per quanto schizofrenica e decisa da decerebrati, nel complesso così fa comodo ai più!
milvio.piras il 08/07/2017 04:33 ha scritto:
"Tra vedere e non vedere" ci si regola tenendo conto solo del giudizio del medico competente, il solo che, col datore di lavoro, é chiamato a rispondere davanti a un giudice in prima persona (mentre per i colleghi - o i funzionari - inquadrati in un qualunque ente risponde l'ente, e loro dormono normalmente sonni tranquilli).
Torno a chiedere: in questo contesto che senso ha tutto ciò? Perché il parere e l'operato del medico competente può essere annullato o sanzionato a piacere a seconda dell'umore o del parere personale e arbitrario del collega dell'OdV?
Non so dove sta la sanzione che citi.Comunque anche la disposizione dell'OdV può essere ricorsa al TAR o al Presidente della Repubblica ( forse anche al giudice del lavoro).Al giudizio del MC può ricorrere nuche il datore di lavoro.
Non riesco a capire il tuo dubbio.Anche il lavoratore potrebbe pensare che il giudizio del MC sia frutto di umori e arbitrario anche perché emesso da un professionista scelto dal datore di lavoro.Quindi è corretto aver individuato un organo terzo.
Per quel che riguarda il giudizio di idoneità con prescrizioni o limitazioni "non applicabili" credo che il MC lo ha emesso dopo aver valutato il lavoratore e i rischi a cui è esposto e quindi la limitazione e per forza di cose "applicabile".vorrei ricordare che l'art.42 si applica esclusivamente nel caso di giudizio di non idoneità .
giancarlo il 09/07/2017 06:47 ha scritto:
Per quel che riguarda il giudizio di idoneità con prescrizioni o limitazioni "non applicabili" credo che il MC lo ha emesso dopo aver valutato il lavoratore e i rischi a cui è esposto e quindi la limitazione e per forza di cose "applicabile".vorrei ricordare che l'art.42 si applica esclusivamente nel caso di giudizio di non idoneità .
Mi pare che l'incompatibilità delle limitazioni espresse con la mansione svolta fosse insita nella presentazione stessa del caso ("a causa della prevalenza di oggetti molto ingombranti e di oltre 20 kg, il lavoratore, non potendo essere adibito ad altra mansione, rischia il licenziamento").
I casi sono tre: non è vero e il lavoratore può continuare a lavorare nel rispetto delle limitazioni (e allora bisognerebbe interpellare il ddl); è vero, ma il MC non lo sapeva (e quindi c'è un difetto a monte o, se non altro, di comunicazione); è vero, il MC ne era a conoscenza e ha deciso comunque di esprimere il giudizio oggetto di ricorso (ma allora avrebbe dovuto optare per una "non idoneità").
Proprio perchè il cambio di mansione, ove possibile, è previsto in caso di non idoneità bisognerebbe evitare limitazioni / prescrizioni che rendano il giudizio tale di fatto: infatti il lavoratore ha deciso di ricorrere, ma avrebbe potuto farlo anche il ddl, come giustamente hai fatto notare, giancarlo.
Al di là di tutto, mi sembra che qui il problema sia nella differente (molto differente..) valutazione fatta da MC e OdV dal punto di vista clinico, su cui non ci si può esprimere senza conoscere il caso.
Esistono i casi (e non credo siano una rarità) in cui il mc collabora e discute col dl nel processo di valutazione dei rischi e nella ricerca delle possibili soluzioni. Tuttavia non é detto che possa sempre entrargli nelle tasche e decidere per lui quale soluzione adottare, soprattutto se la soluzione, pur tecnicamente possibile, comporta un esborso che il dl non intende (non vuole o non può) affrontare. Nel caso in oggetto, l'unica soluzione praticabile potrebbe essere quella di impiegare due operai per fare il lavoro che normalmente farebbe uno solo, senza che ne derivi un apprezzabile vantaggio per la produttività (tipo dimezzamento dei tempi di esecuzione): in effetti, impiegando due operai per movimentare ogni oggetto pesante oltre 15 kg, si potrebbe rispettare la limitazione/prescrizione proposta dal mc: tuttavia, il lavoro per cui il dipendente è stato mandato a visita consiste nell’andare con un furgone a recuperare i pezzi in giro per la provincia e portarli in azienda per essere lavorati, riparati e reimmessi in circolazione; per questa attività è previsto l’impiego di un solo operaio per mezzo di trasporto. L’azienda produce anche pezzi ex novo, ma per questa attività i posti sono già coperti e anche quì il processo prevede l’impiego di un solo lavoratore per ogni postazione. Quindi, con tutta la buona volontà del dl e del mc, la collocazione proficua del lavoratore con limitazioni per la MMC risulta piuttosto problematica, trattandosi di una piccola impresa con risorse limitate che impiega una mezza dozzina di persone e nella quale il dl è impegnato in produzione al pari dei suoi dipendenti. Esattamente come la maggior parte delle realtà produttive italiane.
L’unica soluzione potrebbe essere (entro certi limiti) un adeguato sgravio o un contributo da parte dello Stato che consenta di mantenere dei lavoratori portatori di limitazioni o handicap, andando ben oltre quanto previsto dalla Legge 12 marzo 1999, n. 68.
A parte il caso in oggetto, se ne sono registrati altri in cui la "commissione" ha sovvertito il parere del mc senza neanche visionare la documentazione sanitaria prodotta dal lavoratore (al chiaro scopo di ottenere un trattamento privilegiato, salvo poi ritrovarsi col posto di lavoro a rischio) e sulla quale il mc si era espresso.
In casi simili, il parere della commissione ex art, 42 o analoghi, pare basarsi su ipotetiche considerazioni che, tuttavia, non hanno riscontro o facile applicabilità nella spietata realtà in cui si dibattono le piccole e medie imprese del nostro Paese. Il punto è che qualche ispettore, medico o funzionario incaricato di vigilare e far rispettare la legge sembra avere una limitata cognizione dei problemi nei quali si dibattono quotidianamente le nostre PMI, e ancor più vaga pare ce l’abbiano coloro che legiferano e determinano le condizioni che ne causano la rovina. E a dimostrarlo basti la cronaca quotidiana, piena di storie di fallimenti e di suicidi di imprenditori o di loro familiari: io stesso ne ho una lunga casistica, sia in qualità di medico competente, sia quale rappresentante di una Associazione la cui missione è quella di affiancare e soccorrere le vittime di questo terrorismo di Stato, spesso esercitato con evidente e divertito sadismo.
E con questo arriviamo anche a puntare il dito sull’iniquità dell'apparato sanzionatorio basato spesso su norme lacunose e contraddittorie, interpretate e applicate sulla base delle personalissime convinzioni dei singoli vigilanti e molto spesso non condivise affatto dai loro stessi colleghi.
Ultimo caso venuto a mia conoscenza, in ordine cronologico (non quindi riguardante il caso citato in precedenza), la sanzione elevata da un collega di uno SPRESAL per (testualmente) “violazione alle norme di prevenzione sicurezza e salute sui luoghi di lavoro” per “non aver effettuato la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici” in quanto non risultano inseriti nel protocollo sanitario degli operatori addetti alla guida di mezzi aziendali o similari, “i controlli alcolimetrici di cui all’art. 15 comma 2 della Legge n. 125 del 2001” .
Quanto sopra basato sulla convinzione che i “controlli alcolimetrici di cui all’art. 15 comma 2 della Legge n. 125 del 2001”, da eseguirsi personalmente dal medico competente mediante l’uso di un etilometro, siano le UNICHE MODALITÀ di accertamento accettabili in quanto “in grado di garantire l’attendibilità del risultato per mezzo della stampa dello “scontrino”.
Nulla è valso sottolineare che erano stati eseguiti tutti gli altri esami sul sangue secondo il protocollo normalmente adottato per la verifica di assenza di CONDIZIONI DI ALCOL DIPENDENZA, come anche indicato da alcune normative regionali (e anche qui, è ammissibile che a Milano si è in regola ma se ci si sposta a Torino si può essere sanzionati?).
Inutile dire che il collega dello SPRESAL in questione ha già mietuto parecchie vittime, che tuttavia, come al solito, preferiscono pagare ed ottemperare e chiudere alla svelta la questione. E la cosa che più irrita é che questi "signori" si rafforzano nelle proprie convinzioni per il fatto che nessuno o quasi si prende il fastidio di contestargliele.
Per concludere, e per riportarci in qualche modo sul tema inizialmente proposto, almeno allo scopo di limitare i danni derivanti dall’operato di qualche singolo alquanto estroso, tutti i provvedimenti, soprattutto quelli sanzionatori, dovrebbero essere adottati sempre da una "commissione" effettivamente composta da non meno di tre persone. E , in ogni caso, il mc dovrebbe sempre essere sentito e magari accompagnato da qualcuno che possa in seguito testimoniare su eventuali abusi dell’OdV.
milvio.piras il 08/07/2017 04:33 ha scritto:
"Tra vedere e non vedere" ci si regola tenendo conto solo del giudizio del medico competente, il solo che, col datore di lavoro, é chiamato a rispondere davanti a un giudice in prima persona (mentre per i colleghi - o i funzionari - inquadrati in un qualunque ente risponde l'ente, e loro dormono normalmente sonni tranquilli).
Torno a chiedere: in questo contesto che senso ha tutto ciò? Perché il parere e l'operato del medico competente può essere annullato o sanzionato a piacere a seconda dell'umore o del parere personale e arbitrario del collega dell'OdV?
Il parere dell'OdV non è l'espressione del Sacro Verbo.
Secondo me ci vuole più coraggio (o semplicemente determinazione nel fare bene il proprio lavoro) da parte di tutti, va a dire:
- del Medico Competente, che dovrebbe formulare giudizi di inidoneità anziché pilatesche e inapplicabili limitazioni;
- dell'Odv, che dovrebbe fare con con cognizione di causa il proprio lavoro (ma questo è un ossimoro);
- del Datore di Lavoro, che dovrebbe comunque licenziare il lavoratore per il quale l'OdV ha espresso un giudizio con limitazioni oggettivamente inapplicabili (che sia poi il lavoratore a fargli causa e a dimostrare il contrario).
Per rispondere alla domanda iniziale..Non ci sono scuole di pensiero...la frase di rito "ferme le attribuzioni del medico competente" viene usata dal collegio medico della ASL o dalle commissioni mediche di verifica, alle quali spesso impropriamente vengono inviati i lavoratori, per sottolineare che solo il medico competente può esprimersi sulla mansione specifica (a meno che non ci sia ricorso all'organo di vigilanza). Quindi il collegio non si è voluto, giustamente, esprimere sulle limitazioni/prescrizioni... rimane valido il tuo giudizio
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