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La Legge di Riforma sulla tutela della salute dei lavoratori (23 Mar 2003)

E\' arrivata il 13 marzo scorso alla Camera dei Deputati la Legge di \"Semplificazione\" delle norme di salute e sicurezza sul lavoro. C\'è molta attesa e preoccupazione per la possibile \"deregulation\" che potrebbe scaturire da una legge che potrebbe affievolire gli obblighi delle imprese in materia. Su questa legge sarebbe importante poter conoscere di più e attivare iniziative specifiche anche da parte delle nostre Associazioni Scientifiche e Professionali. Un punto di vista è presentato nell\'articolo http://www.rassegna.it/2003/sicurezza/articoli/626.htm
Il Testo dell\'articolo: La controriforma del governo di Diego Alhaique Il governo e la sua maggioranza parlamentare stanno per mettere a segno un'altra controriforma: un riassetto della normativa sulla salute e sicurezza nel lavoro carico di minacce per l'intero sistema della prevenzione, con l'obiettivo di declassare un fondamentale diritto dei lavoratori a mera variabile dipendente del profitto. È questo il significato di quanto prevede l'articolo 3 della cosiddetta "legge di semplificazione 2001", il cui testo, varato dalla Camera lo scorso dicembre, è arrivato alla votazione finale in Senato giovedì 13 marzo ed è stato rinviato ad altra seduta solo per mancanza del numero legale. La norma delega l'esecutivo ad adottare, entro un anno dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti nella sicurezza e tutela della salute dei lavoratori. L'ambito d'applicazione della delega è vastissimo, quanto generico, e consente d'intervenire praticamente su tutti i punti cardine della materia, trattando ben dodici differenti aree tematiche, che vanno dal sistema sanzionatorio alla sicurezza delle macchine, dalla determinazione di misure tecniche e amministrative di prevenzione, in modo che siano "compatibili con le caratteristiche gestionali e organizzative delle imprese" (in particolare di quelle artigiane e delle piccole aziende) al riordino e alla razionalizzazione delle competenze istituzionali. Invano l'opposizione ha presentato i propri emendamenti. Che, neanche discussi, sono stati bocciati. "È un'inaccettabile delega in bianco - dichiara l'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu -. Nel caso della sicurezza sul lavoro, la questione è estremamente delicata, tanto che in commissione già avevamo sollevato una questione d'incostituzionalità: è inaccettabile, in un campo in cui è in gioco la vita e l'integrità fisica di milioni di persone, dare indicazioni totalmente generiche". Mentre non si è mai fermato lo stillicidio quotidiano degli incidenti mortali sul lavoro, nessuna risposta è mai arrivata da parte del governo alla richiesta avanzata da ultimo nel dicembre scorso da Cgil, Cisl e Uil per un incontro urgente sulla questione. La chiusura è stata totale, consumando di fatto una soluzione unilaterale (in verità, non si sa se e quali relazioni ci siano state tra governo e associazioni imprenditoriali): da oltre un anno è stato opposto un rifiuto sistematico a qualsiasi forma di confronto con le tre confederazioni sindacali, che pure rappresentano milioni di lavoratrici e lavoratori, destinatari primi della normativa che ora l'esecutivo si accinge a riscrivere. Con la giustificazione che essa ha bisogno da tempo di essere riordinata e resa organica in un testo unico. Per anni, la questione non è stata mai affrontata, finché nella scorsa legislatura il senatore Carlo Smuraglia si fece promotore con il centro-sinistra di un disegno di legge per un Testo unico di riordino e di rinnovamento della normativa, che fu duramente osteggiato dall'opposizione e dalla lobby industriale, tanto che non si fece in tempo a portarlo a termine. In questa situazione d'indeterminatezza, è arrivato nell'ottobre del 2001 il "libro bianco" sul mercato del lavoro, in cui si affermava l'opportunità e l'urgenza di varare un Testo unico, i cui principi e criteri direttivi sono ora puntualmente ripresi nell'articolo 3 della "legge di semplificazione". Il sindacato ha chiesto subito, ma inutilmente, lo stralcio della norma, giudicando l'iniziativa del governo deprecabile e inaccettabile, nel metodo e nel merito. La valutazione negativa sul metodo riguarda: - l'aver scelto l'ambito della "legge di semplificazione" per un intervento d'ampia portata qual è il riordino del quadro normativo della salute e sicurezza del lavoro; - la sottrazione della competenza al Parlamento in una materia assai delicata e rilevante per i lavoratori; - la mancanza di un confronto con le parti sociali e in particolare con le organizzazioni sindacali, indubbiamente indispensabile per una normativa la cui applicazione richiede la collaborazione di tutti i soggetti interessati; - il possibile conflitto con l'iter d'attuazione delle Direttive europee (che già avviene sulla base di una legge di delega, la "legge comunitaria") e con la competenza delle Regioni, a cui, in seguito alla revisione costituzionale, è stata attribuita una potestà legislativa concorrente in materia (tra l'altro, dagli incerti confini). La valutazione negativa nel merito si riferisce: - all'utilizzo pretestuoso di un adeguamento alle normative comunitarie e alle convenzioni internazionali per attenuare adempimenti e responsabilità dei datori di lavoro in base al criterio della compatibilità delle misure di prevenzione con le caratteristiche gestionali e organizzative delle imprese; - alla riformulazione dell'apparato sanzionatorio e insieme all'intento di disincentivare le funzioni degli organi di vigilanza in favore di funzioni di consulenza, che prefigurano una rinuncia all'effetto deterrente tipico dell'attività di controllo e delle sanzioni. L'incongruità di simili ipotesi è di tutta evidenza, se si considera che dall'indagine svolta dalle Regioni risulta come il 90 per cento delle imprese eviti il procedimento penale, adempiendo alle prescrizioni imposte mediante la legge n. 758 del '94, dimostratasi quindi uno strumento utile per un sistema di sanzioni non repressivo, ma preventivo ed educativo, che inizia a dare risultati positivi e che va mantenuto e sviluppato, non certamente superato. Le intenzioni del governo sembrano animate solo dalla volontà d'indebolire, nella sostanza, la cogenza della normativa in base a una convinzione profondamente sbagliata: che deregolamentare in questo campo produca automaticamente un miglioramento dei comportamenti e dei risultati. L'esperienza di tutti i paesi sviluppati dimostra, invece, che l'obbligatorietà degli adempimenti è il pilastro insostituibile di un sistema di prevenzione, il solo su cui è possibile costruire la cultura della sicurezza e far sviluppare l'iniziativa volontaria dei vari soggetti coinvolti. È la strada che, d'altronde, ha imboccato da tempo la stessa Ue, dalla quale ci distaccheremmo se questa delega fosse attuata nei termini che si profilano, con conseguenze gravi per le condizioni dei lavoratori e per l'identità del nostro paese nella storia e nella cultura europee. Ci sarà bisogno del più ampio impegno e della più vasta alleanza delle organizzazioni dei lavoratori, della comunità scientifica e delle associazioni professionali, per impedire una simile arretramento. (Rassegna sindacale, n. 11, 20-26 marzo 2003)

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