Il Dr Maurizio del Nevo ha inviato al Journal Club una recente sentenza della Corte di Cassazione (n.239/2003, sez. lavoro) che ha fornito utili precisazioni sulle caratteristiche differenziali tra infortunio e malattia professionale. Tali indicazioni possono essere di indubbia utilità per il medico competente chiamato a redigere referto il quale, spesso, specialmente nel caso di patologie del rachide da sforzo o da patologie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore, può trovarsi in imbarazzo nell’inquadrare eziologicamente la patologia osservata quale infortunio o malattia.
Dopo avere innumerevoli volte chiarito come integri un infortunio sul lavoro anche uno sforzo che non presenti i caratteri dell’eccezionalità (tra le tante, Cass. civ., Sez.lav., 24/01/1997, n.731, Ferrini C. Inail), la suprema Corte ora precisa meglio il concetto di «causa che agisce con azione rapida ed intensa» – la quale ora appare diventare l’elemento costitutivo più caratterizzante l’infortunio – individuandola in una causa patogena totalmente circoscrivibile all’interno di un solo turno lavorativo.
Nel presente articolo viene illustrata una interessante esperienza di utilizzo di un metodo valutativo della qualità dei radiogrammi del torace eseguiti nel corso degli accertamenti sanitari periodici su lavoratori esposti a rischio di pneumoconiosi, condotta dal servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro in collaborazione con la U.O. di Radiologia dell’ospedale di Civita Castellana.
Lo studio illustra i risultati di una indagine volta a valutare la qualità tecnica dei radiogrammi del torace in soggetti esposti nel comparto ceramiche della provincia di Viterbo e propone un metodo standardizzato di screening per esprimere un giudizio qualitativo da parte dei soggetti chiamati a valutare tali esami.
Nonostante sia conosciuta la tossicità e il largo uso industriale del sodio azide, è invece ancora in fase di studio la sua neuropsicotossicità.
METODI: Sono stati somministrati test neuropsicologici e test psicologici, è stato auto-somministrato un questionario per la valutazione dei sintomi clinici, sono state effettuate analisi ematochimiche e rilevazioni dell’apparato cardiovascolare su due gruppi di studio composti rispettivamente da 41 lavoratori esposti e in 42 lavoratori non esposti in un impianto di produzione chimica seguiti per un periodo di tre anni.
Si sta assistendo nell’ultimo decennio ad un aumento dell’interesse da parte dell’epidemiologia occupazionale verso l’utilizzo di dati correnti utili a descrivere la relazione tra rischio di morire e storia lavorativa. Un esempio è costituito dall’indagine italiana sulla mortalità per professioni a cura dell’ISPESL, dell’allora Ministero della sanità e della Regione Piemonte.
Lo studio di Steenland e coll. muove i passi dalla constatazione dell’enorme peso, sia in termini di vite umane ma anche di costi economici, che hanno i decessi per malattie occupazionali o per infortunio sul lavoro. Gli Autori hanno stimato (utilizzando i dati di mortalità del 1997) il numero totale annuo di decessi negli Stati Uniti per un definito numero di cause di morte per le quali risulta ben documentato un nesso con l’attività lavorativa svolta; a questa cifra è stato poi sommato il numero di decessi annuo dovuto agli infortuni sul lavoro; si è così ottenuta una stima del totale delle morti per anno legate al lavoro.
Il volume 94 n°1 de La medicina del Lavoro (gennaio-febbraio 03) raccoglie gli atti e i documenti relativi alla celebrazione del centenario della Clinica del Lavoro Luigi Devoto dell’Università degli Studi di Milano, la struttura sanitaria più antica nel mondo per lo studio,la cura e la prevenzione delle malattie da lavoro, avvenuto il 04 Marzo 2002.
Tra i vari contributi scientifici che rappresentano lo stato dell’arte della Medicina del lavoro degli argomenti che sono principalmente sviluppati da questa Scuola, citiamo appunto quello della Dott.ssa M. G. Cassitto e del dott. R.Gilioli a proposito dello stress in ambito lavorativo.
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