Gli operai invecchiano prima di manager e dirigenti. Secondo una ricerca inglese, i disturbi e le malattie croniche legate all'età colpiscono chi fa un lavoro manuale anche 20 anni prima rispetto ai loro boss. Secondo i ricercatori dell'University College di Londra, circa un terzo degli operai tra i 5O e i 59 anni soffre di distrubi cronici, che tra i dirigenti, invece, si manifestano nella stessa proporzione solo dopo i 75 anni. Una ricerca, si legge sulla Bbc on line, che conferma il legame a lungo termine tra reddito e salute.
L'indagine, l'English Longitudinal Study on Ageing, è stata condotta su un gruppo di più di 12 mila persone, monitorandone lo stato di salute per più di 20 anni. Dall'analisi dei dati raccolti è emerso che i "colletti blu" sono più a rischio di essere colpiti da problemi cardiaci e psichiatrici rispetto ai loro dirigenti. Non solo. Chi proviene da famiglie a basso reddito spesso fuma e si alimenta in maniera poco salutare, fattori che accelerano la comparsa dei disturbi. "Premesso che oggi siamo tutti più in salute rispetto a 100 anni fa" - spiegano i ricercatori londinesi - "è possibile colmare questo squilibrio migliorando, per prima cosa, le condizioni e l'ambiente di lavoro".
(Londra, 5 dic. Pin/Adnkronos Salute)
Con la raccomandazione del 19.9.2003 (2003/670/CE su G.U.C.E. del 25.9.2003) la Commissione europea istituisce un primo elenco europeo delle malattie professionali.
Nello stesso testo viene "raccomandato" agli stati membri, entro il 31 Dicembre 2006 di:
La Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (SIMLII) ha affrontato in modo sistematico il tema dell'educazione continua dei Medici del Lavoro negli ultimi 4 anni e ha messo a punto un proprio programma che prevede non solo la formazione continua ma anche l'accreditamento del Medico del Lavoro. Le motivazioni che hanno indotto la SIMLII a questa scelta sono molteplici:
Risultati preliminari di una indagine sanitaria su 1485 lavoratori del comparto edile della Provincia di Bergamo.
G. Mosconi, D. Borleri, L. Belotti, P. Leghissa
UOOML - Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Bergamo
Nella letteratura internazionale sono pochissimi gli articoli sulle malattie da lavoro e sulla loro prevenzione nel comparto delle costruzioni. Eppure, anche i più recenti dati INAIL confermano che questo comparto non solo ha il primato delle morti per infortunio ma anche per il numero delle malattie professionali riconosciute.
Scopo del presente lavoro è quello di riferire i risultati di uno studio promosso dal Comitato Paritetico degli Edili della provincia di Bergamo e realizzato dalla UOOML dell'Azienda Ospedaliera OORR di Bergamo finalizzato alla stima della prevalenza della patologia professionale nel comparto edile.
Vorrei dire innanzitutto che sono d'accordo con le considerazioni fin qui fatte dagli altri partecipanti a questo forum ed in particolare sulle cause citate della riduzione del numero di malattie professionali denunciate ed al basso numero di malattie professionali riconosciute.
Queste cause, in sintesi, possono essere fatte risalire anche secondo me a diversi fattori. Da un lato vi è stato sicuramente un mutamento della tipologia di malattie professionali, cioè sono effettivamente quasi scomparse le patologie da accumulo, come quelle da esposizione a forti concentrazioni di inquinanti come silice, asbesto, metalli, solventi e quindi si sono drasticamente ridotte le pneumoconiosi classiche (silicosi, asbestosi), le intossicazioni da metalli e le neuropatie da solventi.
Questo anche grazie ad un reale miglioramento delle condizioni di lavoro e per le attività di prevenzione. È diminuito inoltre il rapporto fra malattie professionali denunciate e malattie professionali riconosciute dall'Inail. In pratica l'Istituto Assicuratore riconosce oggi, nei confronti di alcuni anni fa, un numero inferiore di malattie professionali, a parità di malattie professionali denunciate.
Con una recente sentenza (Cass. civile sez. lavoro, n. 85 dell'8 gennaio 2003) la Corte di Cassazione ha affrontato il problema della sicurezza sul lavoro delle società sportive professionistiche verso i propri tesserati in una luce sostanzialmente nuova: dal ragionamento giuridico della Suprema Corte emerge una chiarissima interpretazione dei doveri di sicurezza delle società professionistiche verso i propri giocatori del tutto sovrapponibili a quelli gravanti su qualunque altro imprenditore. La conseguenza obbligata di tale impostazione è la esplicita attribuzione al ruolo dei medici sportivi societari di un ruolo praticamente sovrapponibile a quello dei medici competenti aziendali.
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