Nell'ambito del dibattito in corso pubblichiamo un interessante articolo del Prof. Adriano Ossicini, Responsabile del Settore Prevenzione, Epidemiologia e Statistica della S.M.G. Inail, nonché membro del Direttivo SIMLII, che effettua alcune considerazioni critiche sulla validità dei dati rilevabili dalla compilazione da parte del Medico Componete dell'allegato 3 B, come ridisegnato dalla prossima uscita del decreto attuativo di cui all'art. 40 del D.Lgs 81/2008.
Viene segnalato, fra l'altro, che, contrariamente a quanto prospettato, dai giudizi di idoneità non potrà venire alcuna indicazione utile sullo stato di salute dei lavoratori.
Il D.Lgs. 81/08, recentemente modificato e integrato dal D.Lgs. 106/09, ha specificato in modo decisamente più chiaro rispetto al precedente D.Lgs. 626/94 l'obbligo per il medico competente
di collaborare con il datore di lavoro e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione alle attività di valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro (cfr. comma 1 art. 25 cit. DL
81/08). Il mancato adempimento è pesantemente sanzionato.
La norma ha così stabilito una precisa funzione, non individuando successivamente le concrete modalità e le procedure attraverso le quali il medico competente possa svolgere tale
compito e, quindi, in assenza di indicazioni su come ritenere assolto il relativo obbligo.
Tale situazione, in assenza di altre linee-guida o protocolli operativi espressi da parte di organi istituzionali o società scientifiche, ha disorientato i singoli professionisti
determinando modalità di comportamento non univoche sul territorio nazionale, dalla semplice richiesta di allegare la relazione conseguente al sopralluogo periodico, a richieste di confronto
più serrato con il datore di lavoro e l'RSPP fino alla redazione di allegati o veri e propri documenti sanitari di valutazione del rischio, in genere nelle aziende più complesse e
dotate di strumenti e risorse adeguate messi a disposizione del medico competente.
Una situazione problematica, talmente comune da potersi definire addirittura «quotidiana», che le figure della sicurezza si trovano ad affrontare, è quella del lavoratore che rifiuta di indossare le scarpe antinfortunistiche.
In questo articolo verrà illustrato quali sono gli obblighi del datore di lavoro a riguardo, analizzando come comportarsi anche nella situazione limite in cui il lavoratore dovesse esibire certificazioni mediche attestanti l'impossibilità di calzare scarpe antinfortunistiche; verrà infine analizzato il problema della ripartizione delle spese nel caso in cui un lavoratore richieda che l'azienda gli paghi un plantare necessario ad indossare le scarpe antinfortunistiche.
La regolamentazione del lavoro dei giovani (minori e apprendisti) in Italia è una tematica, vasta ed eterogenea, che fonda le proprie radici nei primi anni del secolo scorso e si è sviluppata parallelamente all'evoluzione della giurisprudenza, del mercato del lavoro e della sanità pubblica.
Il giovane avviato al mestiere presenta non poche peculiarità, anche in considerazione di una tradizione di attenzione nei confronti della manodopera all'inizio della propria carriera di lavoro. La legislazione protettiva dei rischi presenti sul lavoro nacque infatti nel nostro, come in tutti i paesi europei, proprio a partire dalla volontà di salvaguardare le fasce più deboli della popolazione lavorativa, donne e fanciulli (1). Verso la metà degli anni '50 si aggiunse a questo intento di protezione della salute, lo scopo di meglio indirizzare le scelte del giovane che apprende un lavoro (apprendista), offrendogli all'atto dell'avviamento al lavoro come apprendista, oltre che un controllo fisico, anche un colloquio di "orientamento", per esplorarne attitudini, capacità cognitive, aspirazioni e formulare, nel "consiglio di orientamento", un suggerimento sull'opportunità o meno di proseguire nel campo scelto (Legge 25/1955 - Disciplina dell'apprendistato).
Il Coordinamento dei Medici Competenti delle Aziene Sanitarie e Ospedaliere del Veneto ha redatto un interessante documento sulla Sorveglianza Sanitaria dei rischi professionali in sanità.
Iniziative come queste, che prefigurano un lavoro di analisi delle esperienze concrete di lavoro di diverse realtà, sono molto utili anche per quelle regioni che iniziano ora a coordinare le loro "strutture del medico competente".
Tutto questo in un comparto lavorativo estremamente articolato e che necessita di un forte impegno sia sul versante della valutazione dei rischi che su quello della prevenzione, sorveglianza sanitaria e formazione.
Sarebbe anche utile che i vari coordinamenti regionali esistenti potessero in qualche modo coordinarsi fra di loro per elaborare proposte condivise.
Riceviamo dalla Segreteria Scientifica la presentazione del Congresso del 73° Congresso Nazionale della SIMLII (Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale).
"Il 73° Congresso SIMLII (Roma, 1-4 dicembre 2010) rappresenta, come consuetudine, un'occasione per i soci di incontrarsi, scambiarsi idee sulle problematiche inerenti la Medicina del Lavoro,
aggiornarsi sui nuovi aspetti scientifici, normativi e sociali.
Il nostro obiettivo è quello di identificare gli strumenti per migliorare la qualità di vita del lavoratore e delle attività dell'Impresa e per valorizzare l'attività
del Medico Competente.
Tra gli strumenti che saranno oggetto di approfondimento nelle giornate congressuali si sottolineano i seguenti:
• un modello di organizzazione e di gestione della sicurezza, adattato alla natura e dimensione della singola azienda che valorizzi l'attività del Medico Competente;
• una competenza tecnico/scientifica del personale sanitario e qualità degli accertamenti sanitari a tutela del lavoro dei Medici Competenti;
• un protocollo sanitario e di rischio "essenziale" in linea con i riferimenti legislativi, mirato alla mansione specifica ed elaborato sui rischi per la salute presenti "tenendo conto anche
degli indirizzi scientifici più avanzati", a tutela della professionalità del Medico Competente;
• un'attività del Medico Competente effettuata secondo criteri di qualità, con l'obiettivo di ridurre gli infortuni e le malattie professionali, indirizzata al miglioramento
dell'attività dell'Impresa con remunerazione adeguata per il Medico Competente.
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